OPERE DI S. AGOSTINO AVVERSO LE
ERESIE
E I
GIUDEI



























[SULLE ERESIE
di
Agostino vescovo di Ippona]
PREFAZIONE
1. A proposito di ciò che così di frequente e con insistenza mi chiedi, figlio santo Quodvultdeus, ovvero di stendere un'opera sulle eresie adatta alla lettura di chi desideri evitare formule di fede contrarie al credo cristiano e che traggono in inganno per il loro spacciarsi per cristiane, sappi che già molto tempo prima che tu avanzassi questa richiesta intendevo comporre una simile opera, e l'avrei già stesa se, considerata con scrupolo la difficoltà e la vastità dell'impresa, non avessi ritenuto che ciò fosse al di sopra delle mie forze. Ma, poiché confesso che nessuno come te ha insistito con le sue esortazioni, ho tenuto conto tanto del tuo nome quanto della tua ostinata richiesta e mi sono detto: " Tenterò e compirò ciò che vuole Iddio ". Ho fiducia, infatti, che Dio, servendosi della mia lingua, voglia, se mi farà arrivare alla fine di questa opera con la sua misericordiosa assistenza, o mostrare unicamente la grande difficoltà di questo lavoro, o, se mi darà un aiuto più abbondante, toglierla. La prima delle due remore menzionate - quella relativa alla difficoltà dell'impresa - è da molto tempo che la riesamino senza sosta e, dopo lunga meditazione, comincio a venirne a capo. La seconda, invece - quella relativa alla vastità -, ammetto di non averla superata. E mentre lavoro per raggiungere il primo scopo e mentre chiedo, interrogo e ricerco, continuo a non sapere se potrò perseguire anche il secondo scopo. So, tuttavia, che non potrò né chiedere, né domandare, né sollecitare, quanto basta, se non riceverò anche questa disposizione donatami da Dio che me la ispira.
2. In quest'opera dunque, che io ho intrapreso dietro le tue insistenti esortazioni e in accordo con la volontà di Dio, vedi bene che per portarla a compimento non devo tanto essere costretto dalle tue sempre più pressanti richieste che me ne fai, quanto essere aiutato da devote preghiere a Dio e non solo dalle tue, ma anche da quelle degli altri fratelli che sei stato in grado di rendere tuoi fedeli alleati in tale questione. Perché ciò avvenga ho avuto premura di comporre, con l'aiuto di Dio, questa prima parte del libro, che contiene anche questa prefazione, per inviarla alla tua Carità perché tutti voi, vedendo che questo vasto progetto che mi avete chiesto di realizzare ha preso il via, capiate quanto potete aiutarmi con le vostre preghiere nel completamento dell'opera.
3. Dunque mi chiedi, come riportano le tue lettere inviatemi quando hai cominciato a interrogarmi su queste cose, di esporre " brevemente, in modo succinto e per sommi capi, in virtù di cosa la religione cristiana ha ricevuto il titolo di eredità promessa, quali eresie vi siano state e quali ancora vi siano, quali errori gli eretici abbiano introdotto e tutt'ora diffondono, che cosa abbiano sostenuto contro la Chiesa cattolica e quali siano le loro opinioni riguardo la fede, la Trinità, il battesimo, la penitenza, l'umanità di Cristo, la divinità di Cristo, la risurrezione, il Nuovo ed il Vecchio Testamento ". Dato però che ti sei reso conto che tali questioni si moltiplicavano all'infinito, pensasti di compendiarle in una frase generale e comprensiva e, perciò, dicesti: " E, insomma, tutte le questioni in cui essi si allontanano dalla verità ". Hai poi aggiunto: " Quali eresie abbiano il battesimo; quali non lo abbiano; e dopo quale eresia la Chiesa battezzi, senza, tuttavia, ribattezzare; con quali modalità essa accolga gli eretici che vanno a lei; e che cosa risponda a ciascuna eresia con argomenti tratti dall'Antico Testamento, dall'autorità [del Nuovo] e dalla ragione ".
4. Quando mi chiedi che esponga tutto ciò, mi meraviglio che il tuo brillante ingegno sia assetato di verità su tante e tali questioni e che, allo stesso tempo, temendo la noia, chieda brevità. Ma tu stesso, comprendendo ciò che avrei potuto pensare riguardo a questo passo della tua lettera, quasi per metterti al riparo da critiche, hai anticipato il mio pensiero dicendo: " La tua Beatitudine non creda che io sia tanto sprovveduto da non comprendere di quanti ponderosi volumi vi sarebbe bisogno per affrontare esaurientemente tali questioni. Ma quanto a me non desidero che venga fatto ciò, né dubito che ciò sia già stato fatto molte volte ". E come a volermi suggerire come poter esser breve e insieme esporre la verità, aggiungi le parole che ho citato poco fa e affermi: " Ma io chiedo che tu esponga brevemente, in modo succinto e per sommi capi le tesi di ciascuna eresia e che venga aggiunto abbastanza per illustrare cosa la Chiesa cattolica contrappone loro ". E qui di nuovo mi richiedi un lavoro immane, non perché tutto ciò non si debba o non si possa trattare in breve, ma perché le questioni sono così tante che per quanto le si debba trattare brevemente richiedono comunque una lunga trattazione. E tu, ancora: " Cosicché con una sorta di compendio di tutto ciò, se qualcuno volesse conoscere in modo più profondo, completo e chiaro le critiche e le tesi a questo proposito, possa rivolgersi a grandi e magnifici volumi che si sa siano stati composti a questo proposito da vari autori e soprattutto - aggiungi - dalla tua Santità ". Quando mi dici questo, fai vedere che desideri da me uno scritto sotto forma di promemoria di tutte le questioni riguardanti le eresie. Ascolta, dunque, le mie parole, per renderti edotto della natura del lavoro che mi chiedi.
5. Un certo Celso ha raccolto in sei non esigui volumi le opinioni di tutti i filosofi che, sino alla sua epoca (né avrebbe potuto fare di più), avevano fondato diverse sette. Non ha formulato alcuna confutazione, ma si è limitato a dare una semplice esposizione delle dottrine di ciascuna di esse, trattandole con una sobrietà tale da utilizzare le parole adeguate senza lodare né criticare, senza acconsentire né difendere, ma così da ricorrere a quelle che bastano per esporre e descrivere. Menzionò circa cento filosofi; ma non tutti tra questi furono iniziatori di una loro propria scuola, poiché lo scrittore credette doveroso di non tralasciare nemmeno i discepoli che seguirono i loro maestri senza mai dissentirne.
6. Il nostro Epifanio, invece, vescovo di Cipro, scomparso non molto tempo fa, scrisse anch'egli sei libri in cui illustrava ottanta eresie, spiegando quanto alle circostanze storiche ogni cosa, nulla invece disputando per la confutazione della falsità e in difesa della verità. Gli opuscoli menzionati sono veramente brevi e, qualora si unissero in un unico libro, anche questo non sarebbe da paragonare per estensione ai libri nostri e a parecchi altri di altri autori. Se io, nel trattare le eresie, imiterò la brevità dell'autore sopraddetto, non avrai alcun motivo di chiedermi o di aspettarti una trattazione ancor più breve. Ma questo non è lo scopo principale del mio lavoro, come sarà chiaro anche a te o perché te lo avrò dimostrato o perché lo indovinerai tu stesso quando vedrai ciò che ho scritto. Ti accorgerai infatti senz'altro di quanto il vescovo ora menzionato resti al di sotto del genere d'opera che tu desideri venga fatta: e quanto al di sotto di ciò che io voglio. Infatti tu desideri, per quanto voglia che io scriva " brevemente, in modo conciso e per sommi capi ", una confutazione delle eresie menzionate: cosa che Epifanio non fece.
7. Quanto a me intendo fare più di questo, se Dio lo vuole: un testo grazie al quale poter evitare ogni eresia, nota o ignota che sia, e grazie al quale poter giudicare rettamente, non appena una dovesse manifestarsi. Infatti non ogni errore è un'eresia, invece ogni eresia, poiché si fonda nel vizio, non può essere eresia se non a causa di un errore. Racchiudere in una rigida definizione cosa sia ciò che rende un uomo eretico, a parer mio, è cosa o del tutto impossibile o molto difficile. Questa difficoltà apparirà chiaramente nel corso di questo mio lavoro, se Dio guiderà e condurrà al fine, che mi sono proposto, le parti che lo compongono. Al luogo opportuno, poi, si vedrà e si tratterà l'utilità che persegue questa ricerca, anche se non saremo stati capaci di enunciare in una formula le note che definiscono l'eretico. Infatti, se si riuscirà a comprendere come va definito, chi non vedrà quanto sia grande l'utilità di un simile risultato? Dunque, la prima parte di questa opera sarà dedicata alle eresie sorte dopo l'avvento e l'ascensione di Cristo e contrarie alla sua dottrina e ciò nella misura in cui ci è riuscito di conoscerle. Nella seconda parte discuteremo di ciò che rende un uomo eretico. Dall'ascensione del Signore in cielo sono, dunque, apparsi questi eretici:
SULLE ERESIE
1. I SIMONIANI prendono il loro nome da Simon Mago, il quale, battezzato dal diacono Filippo, come si legge negli Atti degli Apostoli, volle acquistare con denaro dai santi apostoli il potere di impartire, mediante l'imposizione delle sue mani, lo Spirito Santo. Con le sue magiche macchinazioni aveva ingannato un gran numero di persone . Insegnava inoltre la detestabile sconcezza di rapporti sessuali con donne, svincolati da ogni legge morale. Insegnava che Dio non fosse il creatore del mondo e negava la risurrezione della carne. Asseriva di essere Cristo; parimenti voleva esser creduto Giove, e che fosse ritenuta per Minerva una certa meretrice Elena, che egli aveva fatto cooperatrice delle sue scelleratezze. Offriva ai suoi discepoli, perché li adorassero, una sua immagine e quella della sua meretrice, ritratti che aveva sistemato, con pubblica autorizzazione, persino a Roma, come si trattasse di icone divine. Fu in quella città che l'apostolo Pietro lo annichilì in virtù dell'autentico potere di Dio onnipotente.
2. I MENANDRIANI prendono il loro nome da Menandro, un discepolo di Simone, mago anch'egli, il quale sosteneva che il mondo fosse stato creato non da Dio, ma dagli angeli.
3. I SATURNINIANI traggono il loro nome da un certo Saturnino, del quale si dice che abbia predicato in Siria le turpi dottrine di Simone; a suo avviso il mondo venne creato da sette angeli da soli, all'insaputa di Dio Padre. 4. I BASILIDIANI traggono il loro nome da Basilide, le cui dottrine si discostavano da quelle dei Simoniani perché credeva vi fossero trecentosessantacinque cieli, tanti quanti sono i giorni che compongono un anno. Di qui egli raccomandava, come se fosse un nome santo, la parola . Secondo il sistema greco di calcolo le lettere di questa parola, sommate, davano infatti lo stesso numero. Le lettere sono sette: [ALFA] più [BETA] più [RO] più [ALFA] più [SIGMA] più [ALFA] più [CSI] ; ovvero: uno, più due, più cento, più uno, più duecento, più uno, più sessanta. La loro somma dà appunto trecentosessantacinque.
5. I NICOLAITI prendono il loro nome da Nicolao, di cui si dice che sia uno di quei sette ordinati diaconi dagli apostoli . Ritenuto colpevole di amare smodatamente la sua splendida moglie, si narra che, per espiare la sua colpa, permettesse, a chiunque lo volesse, di unirsi a lei. Questo gesto diede origine ad una setta abominevole che consentiva di accoppiarsi indiscriminatamente a tutte le donne. Costoro non separavano neppure i propri cibi da quelli immolati agli idoli e non rigettavano altri riti pagani e superstizioni . Dicono anche varie fantasticherie sulla formazione del mondo, inserendo nelle loro trattazioni non so quali nomi barbarici di potenze celesti, per spaventare con essi i loro seguaci, ma suscitando, nei più avveduti, più il riso che non il terrore. Sono noti anche perché non attribuiscono a Dio la creazione, ma a certe potestà celesti, che essi con somma insipienza si immaginano e credono.
6. Gli GNOSTICI si vantano di essere così chiamati, o del fatto che dovrebbero venir chiamati così, per la superiorità della loro scienza, mentre sono soltanto più vanitosi e turpi di quelli sinora nominati. In ogni caso vengono chiamati dagli uni o dagli altri, in vari punti della terra, in modi differenti e alcuni li chiamano Borboriti, termine che significa " immondo ", a causa delle indicibili oscenità che si dice essi perpetrino nei loro riti misterici. Alcuni ritengono che derivino dai Nicolaiti, altri da Carpocrate, del quale parleremo più avanti. Tramandano dottrine colme delle più ardite fantasie. Anch'essi fanno loro le anime dei più deboli con terribili nomi di angeli e di potenze celesti, e intessono su Dio e sul mondo racconti fantastici di ogni genere lungi dall'integrità del vero. Affermano che la sostanza delle anime è di natura divina, e, in conformità a questi loro errori, con le medesime fantasticherie oltremodo lunghe e stolte introducono l'infusione di esse nei corpi e il loro ritorno a Dio. Pertanto, fanno sì che quelli che prestano fede a costoro, non acquistino, come essi ritengono, una grande scienza, ma, mi sia concesso dirlo, diventino sciocchi, per il loro fantasticare. Tra le dottrine di questi eretici, c'è anche affermata, come è noto, l'esistenza di un dio buono e quella di un dio cattivo.
7. I CARPOCRAZIANI prendono il loro nome da Carpocrate. Costui insegnava ogni specie di immoralità ed escogitava ogni espediente per peccare, poiché, diversamente, non si sarebbero potuti sfuggire e oltrepassare i principati e le potestà, cui sono gradite tali azioni, e, così, si avrebbe la capacità di giungere al cielo superiore. Questo eretico, come ci viene tramandato, riteneva inoltre che Gesù era un puro uomo ed era nato da entrambi i sessi, ma che aveva ricevuto un'anima tale che gli dava la facoltà di sapere e di annunciare le cose del cielo. Insieme con la resurrezione del corpo respingeva anche la legge. Negava che il mondo fosse stato creato da Dio e lo reputava creato da non so quale potenza. Si dice che fosse membro della sua setta una certa Marcellina, che venerava le immagini di Gesù e Paolo, Omero e Pitagora, adorandole e bruciando ad esse incenso.
8. I CERINTIANI hanno origine da Cerinto e sono anche detti MERINTIANI da Merinto Ritenevano che il mondo fosse stato creato dagli angeli, che fosse necessario circoncidere la carne e osservare anche le altre prescrizioni della legge. Asserivano che Gesù è stato soltanto un uomo, che non è risorto ma che risusciterà. Inoltre favoleggiano che dopo la resurrezione ci saranno mille anni in un regno di Cristo sulla terra, in mezzo a piaceri dello stomaco e della libidine. Di qui costoro vengono anche chiamati CHILIALISTI.
9. I NAZOREI sebbene ammettano che Cristo sia il figlio di Dio, osservano tuttavia i precetti dell'antica legge. Ma i Cristiani hanno appreso dalla tradizione apostolica che essi non vanno osservati secondo la carne, ma intesi secondo lo spirito.
10. Anche gli EBIONITI affermano che Cristo sia soltanto un uomo. Osservano i precetti carnali della legge, come la circoncisione della carne e tutte le altre pratiche dalle quali siamo stati liberati grazie al Nuovo Testamento. Epifanio unisce questa eresia ai SAMPSEI e gli ELCESEI, trattandole tutte nello stesso paragrafo come se fossero una sola eresia, mettendo però in evidenza che qualche cosa le distingue. In seguito, però, parla di costoro, assegnando loro il numero di serie ad esse spettante. Eusebio, quando menziona la setta degli Elcesaiti, riferisce che costoro hanno insegnato la liceità di negare la fede durante la persecuzione, purché venisse conservata nel cuore.
11. I VALENTINIANI prendono il loro nome da Valentino. Costui escogitò molte fantasticherie sulla costituzione dell'universo: asserì, infatti, che ci sono stati trenta eoni, cioè secoli, il cui principio sono il profondo e il silenzio. Il profondo viene da lui chiamato anche padre. Da questi due principi, presi quasi come coniugi, riteneva fossero proceduti l'intelletto e la verità, che, a loro volta, avrebbero prodotto, in onore del padre, altri otto eoni. Poi dall'intelletto e dalla verità sarebbero discesi il verbo e la vita e, da questi ultimi, altri dieci eoni. Dal verbo e dalla vita sarebbero poi discesi l'uomo e la chiesa, origine, essi, di dodici eoni. Così dunque otto più dieci più dodici fanno trenta eoni che hanno, come abbiamo detto, come loro primo principio il profondo e il silenzio. Cristo sarebbe stato mandato dal padre, ossia dal profondo, e avrebbe portato con sé un corpo spirituale o celeste. Dalla vergine Maria non avrebbe preso nulla: passò per essa come attraverso un fiume o un canale, senza esserci stata alcuna assunzione di carne presa da Lei. Inoltre non ammette la resurrezione della carne, affermando che soltanto lo spirito e l'anima ricevono la salvezza per mezzo di Cristo.
12. I SECONDIANI, come è affermazione comune, si distinguono dai Valentiniani per il fatto che aggiungono pratiche immorali.
13. TOLOMEO, anch'egli discepolo di Valentino, desiderando fondare una nuova eresia, volle distinguersi da lui, affermando che ci sono quattro Eoni, ai quali se ne aggiungono altri quattro.
14. MARCO ancora, ma non so chi fosse, fondò un'eresia che nega la resurrezione della carne e afferma che Cristo non ha sofferto realmente, ma soltanto apparentemente. Ha professato anche l'esistenza di due principi tra loro contrari; sosteneva poi, quanto agli eoni, una dottrina simile a quella di Valentino.
15. COLORBASO ha seguito gli eretici ora menzionati senza grandi differenze dottrinali e sostenendo che la vita e la generazione di tutti gli uomini dipendono da sette stelle.
16. Gli ERACLEONITI prendono il nome da Eracleone, discepolo degli eretici ora ricordati, che ammette l'esistenza di due principi: l'uno deriva dall'altro, e da questi due moltissimi altri. Si dice che redimano, per così dire, gli adepti in fin di vita in un modo insolito, ovvero ungendoli con olio, balsamo ed acqua e formule invocatorie, che proferiscono con parole ebraiche sul capo di quelli.
17. Gli OFITI traggono il loro nome dal serpente che, in greco, si dice . Ritengono che esso sia Cristo; hanno anche un serpente in carne ed ossa addestrato in modo tale da sfiorare i loro pani e in questo modo essi li santificano come se fossero l'eucarestia. Alcuni ritengono che tali Ofiti derivino dai Nicolaiti e dagli Gnostici e ad opera delle invenzioni mitologiche di costoro siano arrivati alla venerazione del serpente.
18. I CAIANI sono chiamati in questo modo perché onorano Caino dichiarandolo essere un personaggio di straordinaria virtù. Ugualmente ritengono anche Giuda, il traditore, una qualche entità divina, e giudicano il suo misfatto un'azione benefica, poiché asseriscono che costui aveva la prescienza di quanto grande bene per il genere umano sarebbe stata causa la passione di Cristo, e, perciò, egli lo consegnò ai Giudei, perché lo uccidessero. Di loro si dice che venerino anche quanti provocarono uno scisma nel primo popolo di Dio e morirono inghiottiti dalla terra, così come anche i Sodomiti. Bestemmiano la legge e Dio, autore della Legge, e negano la risurrezione della carne.
19. I SETIANI traggono il loro nome dal figlio di Adamo, che si chiamava Set. Codesti, come è evidente, lo onorano, ma con l'insipienza propria della mitologia e degli eretici. Lo dicono, infatti, nato dalla madre celeste, che, come essi affermano, si sarebbe unita al padre celeste, affinché avesse origine un'altra divina discendenza, in certo qual modo, quella dei figli di Dio. Anche questi inventano molte ed astruse fole sui principati e sulle potestà. Alcuni autori affermano che costoro identificano Sem, figlio di Noè, con Cristo.
20. Gli ARCONTICI prendono il loro nome dai principi (arconti); sostengono che l'universo che Dio ha creato è opera dei principi. Praticano, inoltre, una certa immoralità. Negano la resurrezione della carne.
21. I CERDONIANI derivano il loro nome da Cerdone. Questi riteneva vi fossero due principi contrapposti e affermava che il Dio della legge e dei profeti non è il padre di Cristo e non è il Dio buono, ma quello giusto; che è il padre di Cristo ad esser buono; affermava che Cristo stesso non era nato da donna e non ebbe natura umana, non morì veramente né ha in qualche modo patito, ma ha simulato la passione. Alcuni autori dicono che questo eretico in questi suoi due principi professava due dèi, dei quali l'uno sarebbe il dio buono, l'altro il cattivo. Nega la resurrezione della carne e, inoltre, non tiene in alcuna stima l'Antico Testamento.
22. Anche MARCIONE, da cui traggono il loro nome i MARCIONITI, accetta la dottrina dei due principi di Cerdone. Tuttavia Epifanio scrive che egli ne abbia ammessi tre: il buono, il giusto, il cattivo. Ma Eusebio scrive che un certo Sinero e non Marcione è stato l'autore dei tre principi o, piuttosto, nature.
23. Gli APELLITI sono coloro che hanno per capostipite Apelle. Costui, a sua volta, introduce due dèi, l'uno buono, l'altro cattivo: però essi non consistono in due principi diversi e contrari fra loro, ma uno solo è il principio, cioè il dio buono, e da questo è stato fatto l'altro; e questo, che risultò essere cattivo, fece, in conformità alla sua cattiveria, il mondo. Alcuni autori dicono che codesto Apelle formulò tesi tanto false su Cristo da affermare che egli non ha portato la carne con sé dal cielo, ma l'ha ricevuta dagli elementi del mondo che restituì al mondo quando, resuscitando senza carne, ascese al cielo.
24. I SEVERIANI sono sorti da Severo. Costoro non bevono vino, poiché nel loro vaniloquio mitologico dicono che la vite è germinata nella terra di Satana. Anch'essi ricolmano le loro insane dottrine con i nomi delle potenze che più gli aggradano e rigettano, assieme all'Antico Testamento, la resurrezione della carne.
25. I TAZIANI, istituiti da un certo Taziano, e che sono chiamati anche Encratiti, condannano il matrimonio e lo mettono sullo stesso piano della fornicazione e delle altre dissolutezze, neppure accettano nella loro setta quanti vivono coniugalmente, siano uomini, siano donne. Non mangiano alcuna sorta di carne, anzi la detestano del tutto. Anche costoro professano di intendersi di certe emanazioni mitologiche dei secoli. Contestano la salvezza del primo uomo. Epifanio distingue i Taziani dagli Encratiti sotto questo aspetto, affermando che gli Encratiti sono gli scismatici di Taziano.
26. I CATAFRIGI sono coloro i cui fondatori furono Montano, considerato il paraclito, e due sue profetesse, Prisca e Massimilla. La provincia della Frigia ha dato loro il nome, poiché là essi nacquero e vissero, ed anzi anche adesso hanno in quelle stesse parti la loro gente. Asseriscono che la discesa dello Spirito Santo, promessa dal Signore, è avvenuta su di loro e non sugli apostoli. Considerano le seconde nozze alla stregua della fornicazione e perciò ritengono che l'apostolo Paolo le abbia consentite perché la sua scienza e la sua profezia erano imperfette: infatti non era ancora giunto ciò che è perfetto . Nei loro deliri sostengono che la perfezione sia scesa su Montano e sulle sue profetesse. Si dice che abbiano dei sacramenti spaventosi: si racconta infatti che prelevino il sangue a un neonato di un anno mediante piccole punture su tutto il corpo, lo impastino con la farina e ne facciano un pane che utilizzano per celebrare così una sorta di eucarestia. Se poi il bambino muore, viene considerato da loro come un martire; se invece sopravvive, un sommo sacerdote.
27. I PEPUZIANI (o QUINTILLIANI) traggono il loro nome da una certa località che Epifanio dice essere una città abbandonata. Costoro, invece, la chiamano Gerusalemme, poiché la ritengono essere un qualcosa di divino. Danno alle donne una supremazia tale, che vengono da costoro insignite perfino del sacerdozio. Infatti dicono che Cristo si sia rivelato sotto figura femminile nella stessa città di Pepuza a Quintilla e a Priscilla. Pertanto dalla sopraddetta donna costoro sono anche chiamati Quintilliani. Anche costoro usano il sangue di un neonato così come abbiamo sopra detto facciano i Catafrigi: si dice infatti che i Pepuziani abbiano preso origine da quelli. Vi sono ancora altri autori che raccontano che Pepuza non sia una città, ma la villa di Montano e delle sue profetesse Priscilla e Massimilla, e, poiché era lì che vivevano, quel luogo meritò di venire chiamato Gerusalemme.
28. Gli ARTOTIRITI sono chiamati in questo modo per la natura delle loro offerte sacrificali. Offrono infatti pane e formaggio, sostenendo che già i primi uomini celebrassero offrendo i frutti della terra e delle greggi. Epifanio li accosta ai Pepuziani.
29. I TESSARESCEDECATITI vengono chiamati così perché celebrano la Pasqua soltanto alla quattordicesima luna, qualunque sia il giorno corrente della settimana; se capita di domenica, essi fanno di questo giorno un giorno di digiuno e veglia.
30. Gli ALOGI sono chiamati così, ovvero: senza verbo (infatti verbo in greco si dice ), perché si rifiutano di accettare Dio Verbo e rigettano il Vangelo di Giovanni e la sua Apocalisse, negando che egli sia l'autore di quegli scritti.
31. Gli ADAMIANI derivano il loro nome da Adamo, del quale imitano la nudità che gli fu propria nel Paradiso, prima del peccato. Così condannano anche il matrimonio, poiché Adamo non conobbe carnalmente la sua donna prima di peccare e prima di essere cacciato dal paradiso. Credono infatti che se non vi fosse stato nessun peccatore non vi sarebbe stato neppure il matrimonio. Così uomini e donne si riuniscono in assemblea nudi, nudi ascoltano le letture, nudi pregano, nudi celebrano i sacramenti e per questo credono che la loro chiesa sia il paradiso.
32. Gli ELCESEI e i SAMPSEI sono ricordati da Epifanio a questo punto della sua serie, come aspettante ad essi. Lo scrittore afferma che costoro furono ingannati da un falso profeta di nome Elci e che due donne della sua famiglia venivano adorate come dee. Per il resto erano simili agli Ebioniti.
33. I TEODOZIANI, fondati da un certo Teodozione, affermano che Cristo sia stato solo un uomo. Si dice lo insegnasse lo stesso Teodozione perché, rinnegata la fede nel corso di una persecuzione, pensava di poter così evitare l'obbrobrio della sua caduta dando l'impressione che non aveva rinnegato Dio, ma soltanto un uomo.
34. I MELCHISEDECHIANI credevano che Melchisedech, sacerdote dell'Altissimo, non sia stato un uomo, ma una potenza divina.
35. I BARDESANISTI prendono il loro nome da un certo Bardesane a proposito del quale si dice che fosse, originariamente, un'autorità quanto alla dottrina di Cristo, ma poi divenne vittima, sebbene non in ogni sua dottrina, dell'eresia di Valentino.
36. I NOEZIANI erano così chiamati per via di un certo Noeto, il quale affermava che il Cristo, nella sua stessa persona, sarebbe sia il Padre, sia lo Spirito Santo.
37. I VALESII evirano se stessi e i loro ospiti poiché credono che è in questo modo che si debba servire Dio. Si dice anche che insegnano altre dottrine eretiche e turpi, ma Epifanio non dice quali siano e io non l'ho potuto rinvenire da nessuna parte.
38. I CATARI, che hanno dato a se stessi questo nome alludendo, in modo colmo di superbia e detestabile, alla loro purezza, non ammettono le seconde nozze, non concedono la penitenza. Poiché in ciò seguono l'eretico Novato, sono chiamati anche NOVAZIANI.
39. Gli ANGELICI sono dediti al culto degli angeli. Secondo Epifanio sono ormai completamente scomparsi.
40. Gli APOSTOLICI, con grande arroganza, hanno dato a se stessi questo nome poiché non ammettono tra loro chi abbia contratto matrimonio e chi possieda un patrimonio privato. La Chiesa cattolica ha molti monaci e chierici che vivono in questo modo. Ma i sopraddetti sono eretici proprio perché si separano dalla Chiesa e pensano che chi faccia uso delle cose a cui loro rinunciano non abbia speranza di salvezza. Essi assomigliano agli Encratiti e vengono chiamati anche APOTACTITI. Si dice anche che insegnino non so quali altre dottrine eretiche loro proprie.
41. I SABELLIANI si dice abbiano avuto origine da quel Noeto di cui abbiamo parlato sopra. Alcuni autori, infatti, dicono che Sabellio fu suo discepolo. Ma non so dire per quale motivo Epifanio computi come due eresie le loro dottrine, poiché, come ci è evidente, può essere avvenuto che codesto Sabellio sia stato più noto, e che, quindi, da lui questa eresia abbia avuto la sua denominazione più usuale. Infatti difficilmente essi sono conosciuti da qualcuno con il nome di Noeziani; invece come Sabelliani sono sulla bocca di tutti. Alcuni li chiamano Prasseani, da Prassea, ma avrebbero potuto chiamarli anche Ermogeniani, da Ermogene: questi due, infatti, Pràssea ed Ermògene, professano la stessa dottrina e si sa che sono stati in Africa. Né, perciò, le loro dottrine formano più sette, ma sono molteplici nomi di una sola setta, derivati dai sopraddetti personaggi, che furono i più conosciuti in quella eresia, come Donatisti è sinonimo di Parmenianisti, e Pelagiani lo è di Celestiani. Per qual ragione sia avvenuto che il sopraddetto vescovo Epifanio abbia messo i Noeziani e i Sabelliani non come due nomi di una sola eresia, ma come due eresie distinte, non mi è stato possibile trovarne una chiara spiegazione: infatti le differenze che ci potrebbero essere fra di esse, egli le ha rivelate così oscuramente, nell'intento, forse, di essere breve, che io non riesco a capirle. Ed invero precisamente su questo punto [del suo scritto], che corrisponde a quello in cui noi ci troviamo adesso, il vescovo nel trattare dei Sabelliani, posti a così grande distanza dai Noetiani, dice: " I Sabelliani professano un credo simile a quello di Noeto, fatta eccezione della tesi secondo cui non è stato il Padre a soffrire nella passione ". Tale asserzione come può riferirsi ai Sabelliani, i quali sono diventati noti proprio perché dicono che il Padre ha patito, sì da essere denominati più frequentemente Patripassiani che Sabelliani? Ma se era intenzione di Epifanio che si intendessero i Noezioni là dove dice " fatta eccezione della tesi secondo cui non è stato il Padre a soffrire nella passione ", quale lettore potrebbe, davanti ad una frase così ambigua, riconoscervi costoro? O come si possono rilevare quelli che tra di essi affermano che il Padre non ha patito, dal momento che dicono che la stessa persona è Padre, e Figlio, e Spirito Santo? Filastrio, vescovo di Brescia, a sua volta, nel suo voluminoso libro sulle eresie, nel quale si credette in dovere di raccogliere centoventotto eresie, pone i Sabelliani subito dopo i Noeziani, e dice: " Sabellio, discepolo di costui, seguì parimenti la stessa dottrina del suo maestro. Perciò [i suoi seguaci] furono anche chiamati Sabelliani, oltre che Patripassiani; ed ancora Prasseani da Pràssea, ed Ermogeniani da Ermògene; questi due eretici furono in Africa. Essi e i loro seguaci vennero espulsi dalla Chiesa cattolica ". Senza dubbio questo autore ha detto che quegli stessi eretici che professavano la dottrina di Noeto, vennero, in seguito, chiamati Sabelliani, e ha ricordato anche gli altri nomi della medesima setta. Ma, ciò nonostante, egli ha messo i Noeziani e i Sabelliani sotto due numeri, come se fossero due eresie: per quale motivo è lui a saperlo.
42. Gli ORIGENIANI traggono il loro nome da un certo Origene, che, però, non è quello noto quasi a tutti, ma non so da quale altro. Epifanio parlando di lui e dei suoi seguaci dice: " Gli Origeniani prendono nome da un certo Origene; dediti ad azioni turpi commettono atti nefandi e abbandonano i loro corpi alla corruzione ".
43. Invece [il menzionato scrittore] riguardo agli altri ORIGENIANI, che egli mette immediatamente appresso, dice: " Gli altri Origeniani, sono i seguaci di Adamanzio, il trattatista. Costoro respingono la resurrezione dei morti, inoltre professano che Cristo è un ente creato e così pure lo Spirito Santo, e interpretano allegoricamente il paradiso, i cieli e tutti gli altri testi biblici ". Questo è quanto dice Epifanio su Origene. Ma quanti lo difendono sostengono che egli abbia insegnato che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo siano di un'unica e medesima sostanza e che non abbia mai contestato la risurrezione dei morti. Tuttavia coloro che hanno letto molte sue opere si premurano di confutarlo anche riguardo a tutti questi temi. Questo Origene ha anche altri dogmi rigettati dalla Chiesa cattolica che, a questo proposito, non lo accusa a sproposito, né i suoi difensori possono venire in suo aiuto. Ciò soprattutto quanto alla dottrina della purificazione, della liberazione e del ritornare, dopo un lungo intervallo, di tutte le creature razionali alle medesime colpe. Ora, quale cristiano cattolico, dotto o ignorante, non proverebbe orrore dinnanzi a ciò che Origene chiama purificazione dai mali? Stando a lui anche coloro che muoiono dopo una vita colma di scelleratezze, crimini e sacrilegi e delle più grandi nefandezze nonché lo stesso satana con i suoi angeli, sebbene dopo un lunghissimo periodo di tempo, saranno restituiti redenti e liberi al Regno di Dio e della luce. Poi però, dopo un lunghissimo lasso di tempo, tutti quelli che erano stati liberati torneranno a cadere negli stessi peccati. E questo alternarsi di beatitudine e perdizione della creatura razionale vi è sempre stato e sempre vi sarà. Su questa dottrina empia, del tutto infondata, ho disputato con grandissima cura nei Libri La città di Dio, polemizzando contro quei filosofi, dai quali Origene apprese codeste sue affermazioni.
44. I PAOLIANI traggono il loro nome da Paolo di Samosata e insegnano che Cristo non è sempre esistito, ma che prese ad esistere nel momento in cui nacque da Maria; né credono che sia nulla di più di un uomo. Questa fu, per un certo tempo, l'eresia di un tale Artemone, ma, dopo la sua morte, la riprese Paolo e poi la consolidò Fotino, cosicché i suoi adepti vengono ora chiamati FOTINIANI piuttosto che Paoliani. Il Concilio di Nicea ha stabilito che codesti Paoliani devono essere battezzati, quando vengono alla Chiesa cattolica. Di qui siamo tenuti e credere che essi non hanno un valido battesimo, che molti eretici si sono portato via, allorché si sono separati dalla Chiesa, e che conservano.
45. FOTINO è messo da Epifanio non subito dopo Paolo, né è trattato insieme con Paolo, ma dopo un'interposizione di altri eretici. Non si omette neppure di dire che costui professò le dottrine paoline, tuttavia, si ricorda che in alcuni punti egli ha contraddetto Paolo, ma non si dicono affatto quali siano questi punti. Filastrio, invece li pone ambedue di seguito con una numerazione propria e distinta, come se si trattasse di due eresie, nonostante che egli dica che Fotino ha seguito in tutti i punti la dottrina di Paolo.
46. 1. I MANICHEI trassero origine da un certo persiano di nome Mani. I suoi discepoli tuttavia, quando cominciarono a predicare in Grecia la sua folle dottrina, preferirono chiamarlo Manicheo, per evitare l'omonimia con il termine greco che indica la pazzia. Per la stessa ragione alcuni tra loro, quelli che erano un po' più dotti e proprio per questo più mendaci, raddoppiarono la " N " e lo chiamarono Mannicheo, come se egli fosse il largitore della manna.
46. 2. Codesto eretico ha congiunto due principi diversi e contrari e, in pari tempo, eterni e coeterni, cioè che sarebbero esistiti da sempre; ed ancora sentenziò che ci sarebbero due nature e, più precisamente, sostanze, cioè quella del bene e quella del male, seguendo gli altri eretici antichi. La lotta e la mescolanza vicendevole di queste due sostanze, la separazione del bene dal male, e la dannazione eterna del bene che non si sarà potuto separare dal male sono le dottrine che costoro professano e sulle quali cianciano diffusamente; tuttavia, elencare in questa mia opera tutte le loro affermazioni sarebbe un lavoro oltremodo lungo.
46. 3. In conseguenza, poi, di codesti loro stolti ed empi favoleggiamenti sono costretti a dire che le anime buone sono di quella natura che è propria di Dio: infatti ritengono che esse devono venir liberate dalla mescolanza che hanno con le anime cattive, cioè di natura contraria.
46. 4. Essi sostengono dunque che il mondo fu creato dalla natura buona, ovvero dalla natura di Dio, ma che fu costituito di una mistura di bene e male che si originò quando queste due nature presero a combattersi.
46. 5. Dicono pure che non solo le potenze di Dio eseguono la purgazione e la liberazione dal bene da male in tutto il mondo e da tutti i suoi elementi, ma che la compiono anche i loro Eletti per mezzo degli alimenti che mangiano. Infatti ritengono che in questi alimenti, come lo è nell'intero mondo, si trova mescolata la sostanza di Dio, e, quindi, credono, che essa venga liberata dentro i loro Eletti in virtù di quel genere di vita, che fa gli Eletti dei Manichei più santi e più pregiati dei loro Uditori. Infatti questi eretici hanno voluto che la loro chiesa fosse formata da queste due categorie: cioè da quella degli Eletti e da quella degli Uditori.
46. 6. Invero ritengono che in tutti gli altri uomini, e perfino nei loro stessi Uditori, la parte della sostanza buona e divina, sopra menzionata, la quale è trattenuta nei cibi e nelle bevande, mescolata e legata ad essi, si trovi imprigionata più strettamente e con maggior inquinamento; ciò vale soprattutto per le persone che generano figli. Tutte le porzioni di luce, liberate in qualsiasi parte del mondo, sono, quindi, restituite al regno di Dio, come alla loro propria sede, per mezzo di certe navi, che, come essi pretendono, sono la luna e il sole. Ed infatti affermano che pure queste navi sono formate da pura sostanza di Dio.
46. 7. Dicono che è sostanza di Dio anche codesta luce fisica che viene a contatto con gli occhi degli esseri animati mortali, e non solo quella delle sopraddette navi, dove, a loro dire, essa è purissima, ma lo è anche quella di tutti gli altri corpi luminosi, dove, secondo essi, è trattenuta dalla mescolanza [con il male] e, quindi, come credono, deve essere liberata. Attribuiscono, infatti, i cinque elementi, ognuno dei quali generò un suo proprio principe, alla stirpe delle tenebre, e danno a questi elementi i seguenti nomi: fumo, tenebre, fuoco, acqua, vento. Nel fumo sono nati gli animali bipedi, dai quali, come essi credono, traggono origine gli uomini; nelle tenebre sono nati i serpenti, nel fuoco i quadrupedi, nell'acqua gli animali natanti, nel vento i volatili. Per debellare questi cinque elementi cattivi sarebbero stati mandati dal regno e dalla sostanza di Dio altri cinque elementi, e, nella guerra che ne seguì, si sarebbero mescolati l'aria al fumo, la luce alle tenebre, il fuoco buono al fuoco cattivo, il vento buono al vento cattivo. Riguardo, poi, alle sopraddette navi, cioè i due astri luminari del cielo, fanno questa differenza, così che dicono che la luna è fatta di acqua buona, e il sole di fuoco buono.
46. 8. E su quelle navi, poi, ci sarebbero sante potenze che prendono forme maschili per sedurre le femmine della stirpe avversaria, e, di nuovo, forme femminili per sedurre i maschi, sempre della stirpe avversaria. E dopo che la concupiscenza di queste entità nemiche è stata eccitata in seguito al detto adescamento, fuggirebbe la luce che tenevano mescolata alle loro membra, e questa verrebbe accolta dagli angeli della luce per essere purificata, e, una volta, purificata, sarebbe caricata su quelle navi per essere riportata al regno loro proprio.
46. 9. In forza di tale situazione o, piuttosto, per un non so quale necessità imposta dalla loro detestabile falsa religione, i loro Eletti sono costretti a prendere, se si può così chiamare, un'eucarestia cosparsa di seme umano, affinché anche da questo, come dagli altri cibi che costoro prendono, sia purificata la anzidetta sostanza divina che è in essi. Ma questi eretici affermano di non fare un tale rito, e dicono che lo fanno non so quali altri, spacciandosi per Manichei. Però come sai, essi furono smascherati nella chiesa di Cartagine, mentre tu vi eri già in qualità di diacono, allorché alcuni ve ne vennero condotti per ordine del tribuno Orso, che a quel tempo soprintendeva alla prefettura imperiale. Qui, quella ben nota adolescente di nome Margherita rivelò codesta nefanda sconcezza, e disse di essere stata violentata, sebbene non avesse ancora dodici anni, a causa di questo scellerato rito. In quella stessa circostanza [il tribuno] riuscì a stento a far confessare a una certa Eusebia, manichea di professione esteriormente ascetica, di aver subìto la stessa violenza per la stessa motivazione: costei, invero, in un primo tempo aveva dichiarato di essere illibata e aveva chiesto di essere visitata da un'ostetrica. La donna fu, dunque, visitata e si scoprì che cosa ella fosse, e ugualmente anche lei rivelò tutta quella turpissima nefandezza, nella quale, per raccogliere e impastare il seme umano di coloro che si accoppiano, viene stesa della farina sotto di loro; questa nefandezza Eusebia non l'aveva ascoltata, perché non era presente, quando la rivelò Margherita. Ed ancora ultimamente furono trovati alcuni di loro e, condotti in chiesa, confessarono, sottoposti ad accurato interrogatorio, codesto non sacramento, ma dissacramento, come dimostrano i regesti episcopali che ci hai mandato.
46. 10. Uno di codesti eretici, di nome Viatore, disse che coloro che compiono tali azioni sono chiamati con termine specifico Cataristi, mentre, secondo il suo dire, le altre sezioni della medesima setta manichea si dividerebbero in Mattari e in Manichei in senso stretto; però costui non poté negare che queste tre forme erano state impiantate da un unico fondatore, e che tutti sono, fondamentalmente, Manichei. E certamente tutti i Manichei hanno in comune, senza alcun dubbio, quei libri nei quali sono scritte quelle mostruosità sulle metamorfosi dei maschi in femmine e delle femmine in maschi, al fine di adescare e di disgregare per mezzo della concupiscenza i prìncipi delle tenebre, sia quelli maschi, sia quelli femmine, affinché la divina sostanza, trattenuta in essi prigioniera, venga liberata e fugga via da loro; da ciò infatti deriva la sopraddetta sconcezza, riguardo alla quale ognuno di loro dice che non lo riguarda. Credono, appunto, di imitare, per quanto è loro possibile, le potenze divine mettendosi a purgare una porzione del loro dio, poiché sono fermamente persuasi che essa sia trattenuta inquinata allo stesso modo che lo è nei corpi celesti, terrestri e nei semi di ogni specie, anche nel seme umano. E, pertanto, segue che essi debbano, mangiando, liberarla anche dal seme umano così come lo fanno dagli altri semi, che prendono nell'alimentarsi. Per questa ragione vengono anche chiamati Cataristi, cioè purgatòri, appunto perché purgano la sostanza divina con tanta diligenza da non astenersi da una così schifosa turpitudine di cibo.
46. 11. Costoro, tuttavia, non mangiano alcuna sorta di carne, ritenendo che la divina sostanza sia fuggita da tutto ciò che è morto o ucciso, e vi siano rimaste quelle quantità e qualità, che non meritano più di essere purgate nella pancia degli Eletti. Neppure prendono mai uova, come se anche queste cessassero di vivere al momento della rottura, né si debbano assolutamente mangiare corpi morti, e della carne rimanga in vita soltanto quella parte che viene assorbita dalla farina, così che non possa morire. Ma nel loro alimentarsi non fanno uso nemmeno del latte, nonostante che questo sia munto o succhiato dal corpo di un animale vivente: e ciò non perché ritengano che in esso non vi sia mescolato nulla della sostanza divina, ma perché la loro errata dottrina non è coerente con se stessa. Infatti non bevono neanche vino, dicendolo essere il fiele dei prìncipi delle tenebre, benché mangino le uve. Neppure assaggiano alcun mosto, nemmeno quello appena spremuto.
46. 12. [I Manichei] credono che le anime dei loro Uditori passino negli Eletti o, attraverso una via corta e, perciò, più felice, nei cibi mangiati dai loro Eletti, così che ormai purgate, di poi non passino più in alcun altro corpo. Invece riguardo alle altre anime credono che esse passino nel bestiame e in ogni specie di esseri che per mezzo delle radici è fisso e alimentato nella terra. Infatti ritengono che le erbe e gli alberi siano viventi in tal grado da far loro credere che la vita insita in essi, percepisca e soffra, quando viene danneggiata, e che nessuno possa, quindi, svellere o strappare alcuna loro parte, senza procurar loro sofferenza. Per tal motivo ritengono un sacrilegio purgare un campo anche dai rovi. Di conseguenza costoro, nella loro demenza, accusano l'agricoltura, che fra tutte le attività lavorative è la più innocente, come colpevole di numerosi omicidi. Credono, poi, che tali colpe vengano perdonate ai loro Uditori, solo perché costoro procurano da questa il sostentamento per il loro Eletti, così che la già menzionata sostanza divina, purificatasi nella loro pancia, impetra a quelli il perdono, essendo offerta da quelli per essere purgata. Pertanto i loro Eletti, poiché personalmente non fanno alcun lavoro nei campi, né raccolgono frutti e neppure strappano mai una foglia, aspettano che tutti questi generi alimentari siano forniti al loro bisogno dai loro Uditori, e, pertanto, cotali individui vivono, secondo la stolta credenza di questi eretici, degli innumerevoli e gravi omicidi altrui. Esortano, inoltre, i loro stessi Uditori a non uccidere gli animali, quando vogliono mangiar carne, affine di non offendere i principi delle tenebre, tenuti prigionieri nelle regioni celesti, poiché, dicono, da costoro ha origine ogni specie di carne.
46. 13. Li esortano, pure, ad evitare nelle loro relazioni coniugali, il concepimento e la generazione, affinché la divina sostanza, che entra in loro attraverso gli alimenti, non sia imprigionata dai vincoli della carne nella prole. Così infatti credono che le anime arrivino in ogni specie di carne, cioè attraverso i cibi e le bevande. Di qui costoro condannano, senza alcuna esitazione, il matrimonio e, per quanto possono, lo proibiscono, per il fatto stesso che vietano di concepire, fine cui tende l'unione matrimoniale.
46. 14. Asseriscono che Adamo ed Eva nacquero da genitori che erano i prìncipi del fumo, dopoché il loro padre, di nome Saclas, aveva divorato i feti di tutti i suoi colleghi; e pertanto egli, quando si unì con sua moglie, incatenò nella carne della sua prole, come in un catena saldissima, tutta la divina sostanza che si trovava ad essere mescolata in quelli.
46. 15. Riguardo a Cristo, poi, affermano che egli è stato il serpente menzionato nella nostra sacra Scrittura; e da questo, dicono costoro, sono stati illuminati, così che hanno potuto aprire i loro occhi alla conoscenza e a distinguere il bene e il male; quello, poi, venne quale Cristo alla fine dei tempi, per liberare le anime, non i corpi; e non esistette in una vera carne, ma ostentò una parvenza di carne, per trarre in inganno i sensi umani, e in tal modo poter simulare non solo la morte, ma anche la resurrezione; il Dio, che, per mezzo di Mosè, dette la Legge e parlò nei Profeti, non è il vero Dio, ma uno dei prìncipi delle tenebre. Poiché ritengono falsificati gli scritti dello stesso Nuovo Testamento, li leggono in modo da accettare solo quello che vogliono, e da rifiutare quanto non vogliono; ed essi, poi, antepongono alcuni scritti apocrifi, come se questi contenessero l'intera verità.
46. 16. La promessa fatta da Nostro Signore Gesù Cristo riguardo allo Spirito Santo , dicono essersi compiuta nel loro eresiarca Manicheo. Perciò costui nelle sue lettere si qualifica apostolo di Gesù Cristo, appunto perché Gesù Cristo avrebbe promesso di inviare lui, e sopra di lui avrebbe inviato lo Spirito Santo. Per questo motivo anche Manicheo ebbe dodici discepoli in corrispondenza al numero degli Apostoli, ed ancor oggi i Manichei mantengono questo numero. Infatti tra i loro Eletti hanno i dodici, che essi chiamano maestri, e come tredicesimo il preside di costoro; quindi hanno settantadue vescovi, che vengono ordinati dai maestri, e, senza alcuna limitazione di numero, i presbiteri, i quali sono ordinati dai vescovi. I vescovi hanno anche i diaconi. Tutti gli altri sono chiamati soltanto Eletti. Ma anche tra costoro sono mandati [in missione] quanti sono giudicati idonei o a sostenere o a incrementare codesta eresia, dove c'è, o anche, dove non c'è, a seminarla.
46. 17. Il battesimo fatto nell'acqua non conferisce, secondo costoro, nessuna salvezza ad alcuno, né credono che si debba battezzare alcuno di quelli che essi riescono ad accalappiare.
46. 18. Fanno le loro preghiere, durante il giorno, rivolti al sole, verso qualunque punto esso stia girando; durante la notte, rivolti alla luna, se è visibile, ma se questa non si mostra, guardano verso la parte settentrionale, attraverso la quale il sole, dopo che è tramontato, ritorna ad oriente. Pregano in piedi.
46. 19. Ascrivono l'origine dei peccati non al libero arbitrio della volontà, ma alla sostanza della stirpe avversaria, che, secondo la loro credenza, si trova mescolata nell'uomo. Affermano che la carne, in ogni sua specie, non è fattura di Dio, ma di una mente cattiva, la quale, essendo da un principio contrario, è coeterna a Dio. Dicono che la concupiscenza carnale, a causa della quale la carne ha desideri contrari a quelli dello spirito, non è un'infermità esistente in noi da quando la nostra natura si corruppe nel primo uomo, ma la vogliono una sostanza contraria, aderente a noi tanto che essa si distacca da noi, quando ne veniamo liberati e purgati, e, tuttavia, anche essa rimane immortalmente viva nella sua propria natura; queste due anime, o due menti, l'una buona l'altra cattiva, sono in conflitto tra loro in ogni singolo uomo, allorché la carne si erge con i suoi appetiti contro lo spirito, e lo spirito contro la carne; né in noi questa corruzione si sana, perché, come noi diciamo, un giorno non ci sarà più, ma [secondo codesti eretici] questa sostanza viene staccata e separata da noi, e alla fine del tempo presente, dopo che ci sarà stata la conflagrazione del mondo, continuerà a vivere entro una specie di sfera, come in un carcere eterno. E a questa sfera dicono che sempre starà applicata e aderirà una specie di copertura e di tetto, fatto di anime, buone per quanto riguarda la loro natura, che, però, non riuscirono a purificarsi dall'inquinamento causato in loro dal contatto con la natura cattiva.
47. Gli IERACITI, dei quali il fondatore riconosciuto è Ieraca, non ammettono la resurrezione della carne. Accolgono nella loro comunione solamente i monaci e le monache e tutte le persone non coniugate. Asseriscono che i bambini non fanno parte del regno dei cieli, poiché non hanno alcun merito acquisito per mezzo del combattimento, con il quale si vincono i vizi.
48. I MELEZIANI prendono nome da Melezio. Costoro, poiché ricusarono di pregare con i ravveduti, cioè con coloro che erano caduti durante la persecuzione, fecero scisma. Adesso, poi, come è risaputo, si sono uniti agli Ariani.
49. Gli ARIANI, i quali hanno avuto origine da Ario, sono assai conosciuti perché irretiti in quel particolare errore, in base al quale non vogliono ammettere che il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo sono di una sola e identica natura e sostanza o, per esprimersi più precisamente, essenza, termine che in greco si dice ; ma [dicono che] il Figlio è una creatura, e lo Spirito Santo è creatura di una creatura, cioè pretendono che Egli sia stato creato personalmente dal Figlio. Codesti eretici, però, sono meno conosciuti per l'altro loro errore, secondo il quale affermano che Cristo ha assunto soltanto la carne senza l'anima. E su questo punto non ho trovato che mai da alcuno si sia combattuto contro di loro. Tuttavia, anche Epifanio non ha passato sotto silenzio la verità di questa mia affermazione, e pure io, con assoluta certezza, ne sono venuto a conoscenza da alcuni loro scritti e dalle mie dispute. Siamo anche a conoscenza che da costoro si ribattezzano i Cattolici, non so se anche i non Cattolici.
50. Gli AUDIANI, come li chiama Epifanio, sono, secondo la presentazione di questo autore, scismatici e non eretici. Altri, invece li qualificavano Antropomorfiti, poiché costoro, pensando in modo carnale, si immaginano Dio somigliante, nell'aspetto, ad un uomo corruttibile . Tale concezione Epifanio attribuisce alla loro rozzezza, risparmiando loro l'appellativo di eretici. Afferma, inoltre, che costoro si sono separati dalla nostra comunione, perché accusano i nostri vescovi di essere ricchi, e perché celebrano la pasqua nello stesso giorno dei Giudei. Tuttavia, secondo l'asserzione di alcuni autori, costoro in Egitto sono in comunione con la Chiesa cattolica. Sui Fotiniani, che Epifanio tratta a questo punto, ho già parlato diffusamente in precedenza.
51. I SEMIARIANI, come li chiama Epifanio, sono coloro che asseriscono sul Figlio di essere di un'essenza simile [a quella del Padre], poiché questo autore non li ritiene del tutto Ariani: dal momento che gli Ariani non vorrebbero neppure dirlo simile, cosa che, invece, continuamente ripetono gli Eunominiani.
52. I MACEDONIANI provengono da Macedonio, e sono quelli che i Greci chiamano , poiché sono in dissenso [con noi] riguardo allo Spirito Santo. Infatti la loro professione di fede riguardo al Padre e al Figlio è ortodossa, dicendoli essere di una sola e medesima sostanza, ovvero essenza, ma non vogliono credere la stessa cosa riguardo allo Spirito Santo, asserendo che questi è una creatura. Alcuni autori preferiscono chiamarli Semiariani, perché, in questa discussione, in parte sono d'accordo con gli Ariani, e in parte lo sono con noi; tuttavia, secondo le affermazioni di altri, costoro asserirebbero che lo Spirito Santo non è Dio, ma la divinità del Padre e del Figlio, e che quegli non avrebbe alcuna propria entità personale.
53. Gli AERIANI provengono da un certo Aerio. Costui che era un prete, si offese, come si tramanda, perché non riuscì a farsi ordinare vescovo; e caduto nell'eresia ariana, aggiunse ad essa alcune altre sue proprie proposizioni: disse che non si dovevano celebrare messe per i morti, né si dovevano osservare i digiuni fissati ufficialmente, ma che ciascuno doveva digiunare, quando voleva, per mostrare di non essere più sotto la Legge. Diceva, inoltre, che il prete non doveva distinguersi dal vescovo per nessuna diversità. Alcuni autori dicono che costoro, come gli Encratiti ossia Apotactiti, non ammettono alla loro comunione se non coloro che fanno professione di continenza e quanti hanno rinunciato al mondo sì da non possedere più nulla di proprio. Tuttavia, Epifanio afferma che essi non si astengono dagli alimenti di carne; Filastrio, invece, attribuisce loro anche questa astinenza.
54. Gli AEZIANI prendono nome da Aezio, e i medesimi sono chiamati anche Eunomiani da Eunomio, discepolo di Aezio, e sotto questa denominazione sono più conosciuti. Ed invero Eunomio, ferratissimo nell'arte del sofisticare, ha difeso questa eresia con una certa acutezza e notorietà, affermando che il Figlio è dissimile dal Padre in tutto e per tutto, e che lo Spirito Santo lo è dal Figlio. Si dice anche che codesto eretico è stato tanto nemico dei buoni costumi, che giunse a dichiarare che né misfatti, né perseveranza in qualsivoglia peccato possono recare danno ad alcuno, se costui condivide la fede, quella cioè che era asserita da quell'eretico.
55. Apollinare ha fondato gli APOLLINARISTI. Costoro sono diventati dissenzienti dalla Cattolica, poiché dicono, come gli Ariani, che Cristo Dio ha assunto solamente la carne senza l'anima. In questa polemica, benché confutati dalle attestazioni del vangelo, hanno detto che all'anima di Cristo mancava la mente, in virtù della quale l'anima dell'uomo è ragionevole, ma al posto di essa c'era in lei la persona del Verbo. Riguardo, poi, alla carne di Lui, come è noto, si sono fatti tanto discordi dalla retta fede, che sono giunti a dire che la sopraddetta carne e il Verbo sono di una sola e medesima sostanza. Infatti con somma pertinacia sostengono che il Verbo è diventato carne, cioè che alcunché del Verbo si è cambiato e mutato in carne, e che, pertanto, la carne non fu presa dalla carne di Maria.
56. Gli ANTIDICOMARITI sono eretici che prendono il loro nome dalla circostanza che si oppongono alla verginità di Maria al punto da ritenere che, dopo la nascita del Cristo, si unì con suo marito.
57. Quale ultima eresia Epifanio ricorda quella dei MESSALIANI, parola presa dalla lingua siriaca; in greco essi sono detti : sono stati chiamati così dal verbo " pregare ". Invero pregano tanto, che la cosa sembra incredibile a quanti la sentono, allorché si parla di costoro. Infatti le parole del Signore: Bisogna sempre pregare e mai cessare , e quelle dell'Apostolo: Pregate senza interruzione, le quali vanno intese, assai ragionevolmente, nel senso che in nessun giorno si devono tralasciare i tempi stabiliti per la preghiera, codesti eretici le osservano tanto oltre misura, che, per questo motivo, si è ritenuto di doverli annoverare tra gli eretici. Tuttavia, alcuni autori dicono che costoro raccontino non so quali fantasticherie e ridicolaggini da favole, e cioè che si vedrebbe uscire una scrofa con i suoi porcellini dalla bocca dell'uomo, quando viene purificato, e che in lui entrerebbe, sempre sotto forma sensibile, un fuoco che non lo brucerebbe. Con codesti eretici Epifanio congiunge gli Eufemiti, i Martiriani e i Sataniani, e pone tutti costoro insieme con i sopraddetti, come se formassero una sola eresia. Sugli Euchiti si dice che, secondo il loro parere, non è lecito ai monaci fare alcun lavoro a sostentamento della loro vita, e che fanno la professione di monaci con la condizione di tenersi del tutto liberi da ogni lavoro. Il sopra menzionato Epifanio, vescovo di Cipro, ha, dunque, condotto fino a costoro il suo scritto sulle eresie. Questo autore è stimato dai Greci come uno dei loro maestri, ed è lodato da molti, rinomati per la santità della loro fede cattolica. Io, però, nel recensire gli eretici non ho seguito il suo metodo, ma l'ordine della serie. Infatti ho messo alcune notizie tratte da altri autori, le quali egli non mise nel suo, e non ve ne ho messe altre, che egli vi mise. Pertanto ho trattato alcuni punti più ampiamente di lui, in altri, poi, ho dato prova di una brevità pari [alla sua], regolando ogni punto secondo che esigeva il piano del lavoro da me concepito. Parimenti il citato autore ha distinto dalle ottanta eresie le venti, che, in base alle sue ricerche, calcolò essere sorte prima della venuta del Signore, e raccolse le restanti sessanta eresie, sorte dopo l'ascensione del Signore, in cinque libri molto brevi, e fece che tutte insieme formassero i sei libri dell'intera sua opera. Io, invece, secondo la tua richiesta, mi sono proposto di menzionare quelle eresie, che, dopo la glorificazione di Cristo insorsero contro la dottrina di Cristo, includendovi anche quelle che si camuffarono sotto il nome di Cristo. Dall'opera del ricordato Epifanio ne ho prese per il mio libro cinquantasette, riportandone due sotto un solo [numero], quando non mi è stato possibile trovare una loro differenza; e, di nuovo, quando il sopra citato autore ha voluto fare di due eresie una sola, io le ho catalogate separatamente, ciascuna sotto il proprio numero. Però mi rimangono ancora da menzionare sia le eresie che ho trovato in altri autori, sia quelle che ricordo io stesso. Ora, dunque, aggiungo quelle che ha citato Filastrio, ma non Epifanio.
58. METAGINSMONITI possono denominarsi tutti coloro che professano il Mentangismo, in quanto asseriscono che il Figlio si trova dentro il Padre, come un vaso è dentro un altro vaso, ritenendoli, con una concezione carnale, come due corpi, sì che il Figlio entri nel Padre come un vaso minore entra in un vaso maggiore. Di qui il sopraddetto errore ha preso anche la sua denominazione, e, pertanto, con termine greco è detto ; in questa lingua, infatti vaso si dice ; però l'entrare di un vaso in un altro non può esprimersi con vocabolo latino, come in greco è stato possibile dire con
. 59. I SELEUCIANI o, meglio, gli ERMIANI discendono dai fondatori Seleuco o, meglio, Ermia. Codesti eretici dicono che la materia elementare, della quale è fatto il mondo, non è stata fatta da Dio, ma è coeterna a Dio. Neppure attribuiscono a Dio l'anima, come a suo Creatore, ma pretendono che gli angeli siano i creatori delle anime, fatte di fuoco e di spirito. Riguardo al male, ora dicono che esso viene da Dio, ora dalla materia. Non ammettono che il Salvatore sieda assiso nella sua carne alla destra del Padre, ma sostengono che se ne sia spogliato e l'abbia collocata nel sole, prendendone motivo dal Salmo, dove si legge: Nel sole ha posto la sua tenda . Negano inoltre il paradiso percettibile ai sensi, non accolgono il battesimo dato con acqua, non ritengono che ci sarà la resurrezione futura, ma che essa si operi ogni giorno mediante la generazione dei figli.
60. I PROCLINIANITI si sono fatti seguaci di costoro ed hanno aggiunto che Cristo non è venuto nella carne.
61. I PATRICIANI, denominati da Patricio, affermano che la sostanza della carne umana non è opera di Dio, ma è stata creata dal diavolo, e ritengono che la si debba fuggire e detestare tanto, che alcuni di codesti eretici, come è risaputo, si sono voluti liberare della loro carne, dandosi perfino la morte.
62. Gli ASCITI prendono il loro nome dall'otre: in greco, infatti, otre si dice . Si racconta che costoro si mettano a girare intorno ad un otre gonfiato e chiuso, schiamazzando di essere loro gli otri nuovi del vangelo, riempiti di vino nuovo.
63. I PASSALORINCHITI si fanno tanta premura del silenzio da sovrapporre alle loro narici e alle loro labbra il dito, per non comandare nemmeno con il suono della voce il divieto di parlare, allorché credono di dovere starsene zitti. Di qui viene il nome che è stato loro dato: infatti in greco significa palo e naso. Per qual motivo coloro che hanno coniato questo nome [per codesti eretici] abbiano preferito indicare il dito con palo, non lo so, poiché in greco dito si dice ; e, quindi, codesti eretici senz'altro si potrebbero denominare Dactilorinchiti, usando un appellativo molto più chiaro.
64. Gli ACQUARI prendono il nome dall'usanza di mettere nel calice del sacramento eucaristico l'acqua quale oblazione, e non materia [del vino], offerta da tutta la Chiesa.
65. I COLUTIANI vengono da un certo Coluto. Costui diceva che Dio non è datore di mali, contraddicendo così l'affermazione della Scrittura: Io, Dio, sono il creatore dei mali .
66. I FLORINIANI vengono da Florino. Costui, al contrario [dell'eretico precedente], affermava che Dio aveva creato i mali, contraddicendo l'affermazione della Scrittura: Dio fece tutte le cose, ed, ecco, tutte erano molto buone . E, pertanto, codesti due eretici, benché facessero affermazioni contrarie tra loro, entrambi, tuttavia, si opponevano alla parola divina. Infatti Dio crea il male, infliggendo castighi meritatissimi, cosa che Coluto non riusciva a vedere, però non creando nature e sostanze cattive, in quanto sono nature e sostanze, e su questo punto Florino era in errore.
67. Filastrio menziona un'eresia senza darne né il fondatore, né il nome. Codesta eresia afferma che anche dopo la resurrezione dei morti questo nostro mondo rimarrà nello stesso stato, nel quale ora si trova, e che non dovrà cambiare sì da esserci un cielo nuovo e una terra nuova come promette la sacra Scrittura.
68. Un'altra eresia è quella di coloro che camminano sempre a piedi nudi, basata su quanto il Signore disse a Mosè: Sciogli i calzari dai tuoi piedi , e sul fatto che il profeta Isaia, come si legge, camminava a piedi nudi . [Codesta pratica] è, perciò, un'eresia, poiché costoro non camminano in tal modo, per affliggere il loro corpo, ma perché interpretano in questo senso le parole di Dio.
69. 1. I DONAZIANI o, meglio, DONATISTI sono coloro, che hanno fatto, in un primo tempo, scisma a causa di Ceciliano, il quale venne ordinato vescovo della Chiesa di Cartagine contro la loro volontà, accusandolo di crimini non dimostrati e, soprattutto, di essere stato ordinato da traditores delle sacre Scritture. Ma dopo che la causa, a lui fatta, fu discussa e conclusa, e fu palese che essi erano colpevoli di falso, si rafforzò il loro caparbio dissenso, ed essi mutarono il loro scisma in eresia, ritenendo che la Chiesa di Cristo, in conseguenza dei crimini di Ceciliano, siano essi veri, o siano falsi, cosa, quest'ultima, che apparve più evidente ai giudici, era andata distrutta in tutta la terra, dove, invece, secondo la promessa divina, la Chiesa è destinata a rimanere; e pertanto essa sarebbe rimasta nella fazione di Donato, che è in Africa, essendosi estinta nelle altre parti della terra, per essere stata contagiata dalla comunione [con Ceciliano]. Hanno, inoltre, l'ardire, di ribattezzare i Cattolici, e con ciò hanno dato una maggiore conferma di essere eretici, dal momento che l'intera Chiesa cattolica ha definito di non annullare la comunione di battesimo, neppure nel caso degli eretici.
69. 2. Dai documenti pervenutici sappiamo che l'iniziatore di questa eresia è stato Donato. Costui, venuto dalla Numidia, creò una divisione tra i fedeli di Cristo nei riguardi di Ceciliano, e, aggregati a sé alcuni vescovi del suo stesso partito, ordinò vescovo di Cartagine Maiorino. Successore di questo Maiorino fu un altro Donato, sempre della stessa fazione. Codesto con la sua eloquenza rafforzò tanto questa eresia, che molti credono che codesti eretici si chiamino Donatisti a causa di lui. Ci restano i suoi scritti, nei quali risulta che egli anche sulla Trinità non ha avuto una concezione cattolica, ma ha ritenuto il Figlio minore rispetto al Padre, e lo Spirito Santo minore rispetto al Figlio, benché della medesima sostanza. Tuttavia, la folla dei Donatisti non ha posto attenzione a questo suo errore riguardante la Trinità, né tra di loro si trova facilmente alcuno che sappia di questa sua professione [di fede].
69. 3. Nella città di Roma codesti eretici sono chiamati MONTENSES: ad essi dalla nostra Africa [i Donatisti] sono soliti mandare il vescovo; oppure i vescovi donatisti africani partono da qui alla volta di Roma, nel caso che abbiano deciso di ordinarne uno là.
69. 4. In Africa fanno parte di questa eresia anche coloro che vengono chiamati CIRCONCELLIONI, una razza di uomini rozza e di una violenza assai malfamata, poiché non solo perpetrano immani delitti sugli estranei, ma non hanno riguardo neppure di se stessi in questa loro pazza ferinità. Infatti sono soliti suicidarsi con vari generi di morte, e soprattutto gettandosi in un precipizio, nell'acqua e nel fuoco; parimenti a commettere tale folle gesto cercano di indurre quante persone possono dell'uno e dell'altro sesso, e per farsi uccidere dagli altri, minacciano a questi, talvolta, perfino la morte, se non vogliono farlo. Ma tali persone sono sgradite alla maggioranza dei Donatisti, i quali però non si sentono contaminati dalla loro comunione, anzi, nella loro demenza, rinfacciano all'intero mondo cristiano un crimine, commesso da Africani sconosciuti.
69. 5. Anche tra costoro si sono avuti molti scismi; da loro si sono separati altri e poi altri, così da formare gruppi diversi, tuttavia del loro distacco non si sono accorti i Donatisti rimasti. Però l'ordinazione, avvenuta a Cartagine, di Massimiano in contrapposizione a Primiano, fatta da circa cento vescovi, seguaci del suo stesso errore, e la sua condanna, in base a terribili incriminazioni, pronunciata dai rimanenti trecentodieci [vescovi], ed estesa ai dodici che avevano partecipato all'ordinazione di lui anche con la loro presenza fisica, li costrinse a sapere che anche al di fuori della Chiesa c'è la possibilità di dare il battesimo di Cristo. Infatti hanno accolto [nella loro comunione] alcuni di questi scismatici e con quelli anche le persone che essi avevano battezzato, mentre erano fuori della chiesa donatista, conservando a ciascuno i grandi senza affatto ripetere il battesimo su alcuno. Neppure hanno desistito dall'intentare contro di loro cause, affine di farli ravvedere, ricorrendo alle pubbliche autorità; né, inoltre, hanno temuto di contaminare la loro comunione per effetto dei crimini di quelli, crimini oltremodo gonfiati dalla sentenza pronunciata dal loro concilio.
70. 1. I PRISCILLIANISTI, che Priscilliano ha fondato nella Spagna, seguono soprattutto le dottrine degli Gnostici e dei Manichei, mescolandole fra loro, benché altro sudiciume da altre eresie sia confluito in loro, come in una fogna, orrida nella sua mistura. A fine, però, di occultare le contaminazioni e le turpitudini, hanno tra i loro placiti anche queste parole: " Giura e spergiura, ma non tradire il segreto ". Codesti eretici dicono che le anime sono della medesima natura e sostanza, che ha Dio; esse discendono [dall'empireo] passando attraverso sette cieli e vari principati, disposti a gradini, per dedicarsi sulla terra come ad una gara volontaria; ed incappano nel principe del male, dal quale, come essi pretendono, è stato fatto questo mondo, e da questo principe sono seminate nei vari corpi di carne. Sostengono, inoltre, che gli uomini sono vincolati alle stelle, le quali ne decretano il destino, e che lo stesso nostro corpo è disposto in modo corrispondente ai dodici segni zodiacali, come affermano coloro che comunemente sono chiamati Matematici, e, così, collocano l'Ariete nella testa, il Toro nel collo, i Gemelli nelle spalle, il Cancro nel petto, e, elencando per nome gli altri segni zodiacali, arrivano alle piante dei piedi, che essi assegnano ai Pesci, perché questo segno è nominato per ultimo dagli astrologi. Questa eresia ha voluto tener coperte dal segreto queste e le altre sue dottrine fantastiche, insulse, sacrileghe, la cui enumerazione sarebbe troppo lunga.
70. 2. Anche questa eresia rifugge dal mangiar carne, ritenendola immonda; e così provoca dissenso tra i coniugi, ai quali essa è riuscita a far credere questa malsana dottrina, cioè fa dissentire i mariti dalle mogli che non vogliono accettarla, e le mogli dai mariti che non vogliono accettarla. Ed infatti attribuiscono la formazione di ogni specie di carne non al Dio buono e vero, ma agli angeli del male; in ciò sono più subdoli perfino dei Manichei, perché [i Priscillianisti] non ripudiano alcun testo delle Sacre Scritture Canoniche, leggendole tutte unitamente agli apocrifi e prendendole come testi probativi, ma, mediante l'interpretazione allegorica, piegano nel senso che loro aggrada, ogni affermazione dei Libri Sacri atta a demolire il loro errore. Riguardo a Cristo professano l'eresia di Sabellio, dicendo che Egli è nella sua stessa identità non solo Figlio, ma anche Padre e Spirito Santo.
71. Filastrio dice che vi sono altri eretici i quali non prendono cibo insieme con altre persone. Però non spiega se tengono questa usanza con la gente che non è della medesima setta o anche fra di loro stessi. Dice ancora che codesti hanno una dottrina ortodossa sul Padre e sul Figlio, ma che riguardo allo Spirito Santo non professano la cattolica, poiché lo ritengono creato.
72. Filastrio racconta che da un certo Retorio ha avuto origine un'eresia di strabiliante assurdità: essa, infatti, afferma che tutti gli eretici camminano per la strada retta e professano la verità: ma tale dottrina è tanto assurda, che, a mio parere, è inimmaginabile.
73. Un'altra eresia è quella che dice che in Cristo patì la divinità, allorché la carne di Lui veniva inchiodata sulla croce.
74. Un'altra eresia è quella che asserisce la triformità di Dio, così che una certa parte di Lui è Padre, un'altra Figlio, e un'altra Spirito Santo, cioè sarebbero porzioni di un solo Dio quelle che formano codesta trinità, come se Dio risultasse completo solo per queste tre sue parti, né fosse perfetto in se stesso, né in quanto Padre, né in quanto Figlio, né in quanto Spirito Santo.
75. Vi è un'altra eresia che afferma che l'acqua non è stata creata da Dio, ma è sempre esistita, coeterna a Lui.
76. Un'altra eresia dice che il corpo umano, non l'anima, è immagine di Dio.
77. Un'altra eresia dice che vi sono innumerevoli mondi, come ritennero certi filosofi pagani.
78. Un'altra eresia dice che la anime dei malfattori si cambiano in dèmoni e in ogni sorta di animali, conformemente ai meriti che esse hanno.
79. Un'altra eresia crede che con la discesa di Cristo agli Inferi vennero liberati tanto gli uomini senza fede come anche tutti gli altri.
80. Un'altra eresia, poiché non è capace di comprendere che il Figlio è sempiterno per nascita, pensa che quella natività abbia avuto inizio in un tempo. Tuttavia, codesta eresia, volendo professare il Figlio coeterno al Padre, ritiene che quegli esistesse già in Lui, prima di nascere da Lui, cioè che quegli esistette sempre; ma non sempre esistette come Figlio, ma incominciò ad essere Figlio dal momento della sua nascita da Lui [il Padre].
Sono queste le eresie che ho deciso di riprendere dall'opera di Filastrio e riportare nella mia. Egli ne menziona anche altre, ma, quanto a me, non è giusto definirle eresie. Riguardo a quelle che ho descritto senza dare loro un nome, anche egli le ha ricordate senza nome di sorta.
81. I LUCIFERIANI hanno avuto origine da Lucifero, vescovo di Cagliari, e di loro si parla spesso, tuttavia, né Epifanio, né Filastrio li hanno inclusi tra gli eretici. A mio parere, gli autori citati credettero che codesti avevano creato solo uno scisma e non un eresia. In un autore, il cui nome non ho trovato scritto nel suo opuscolo, ho letto inclusi tra gli eretici i Luciferiani, in questi termini: " I Luciferiani, dice questo autore, pur conservando in tutto la verità cattolica, cadono nel seguente errore, veramente insensato: dicono che l'anima è generata in conseguenza di un travasamento, e dicono che la stessa è fatta di carne ed è della stessa sostanza della carne ". È, dunque, una questione estranea, e non mi sembra che si debba trattare ora se il citato autore abbia creduto e sia stato obiettivo nel credere di dover annoverare i Luciferiani tra gli eretici per il fatto che fanno le affermazioni citate sull'anima - se pur veramente le fanno -, oppure, sia che facciano le affermazioni dette, sia che, di fatto, non le facciano, rimangano tuttavia eretici, proprio perché, con temerità caparbia, si sono mantenuti saldi nel loro dissenso.
82. Nell'autore citato ho trovato anche i GIOVINIANISTI, che io già conoscevo. Questa eresia ha avuto origine nel nostro tempo, allorché eravamo giovani, per opera di un certo Gioviniano monaco, Costui, come i filosofi stoici, diceva che tutti i peccati sono uguali, che l'uomo, dopo che ha ricevuto il lavacro della rigenerazione, non può peccare, che né i digiuni, né l'astinenza da alcuni cibi avranno qualche merito. Annullava la verginità di Maria, affermando la perdita dell'integrità nel parto. Metteva, inoltre, la verginità delle donne consacrate a Dio e la continenza maschile, professata dai devoti che scelgono la vita del celibato, sullo stesso livello di meriti, che ha il matrimonio vissuto castamente e fedelmente. Di qui è accaduto, come è risaputo, che nella città di Roma, dove costui insegnava, alcune vergini consacrate, già inoltrate negli anni, sono passate a nozze, dopo averlo sentito parlare. Tuttavia, costui né aveva moglie, né voleva averla, e si metteva a sostenere che questa sua scelta non era fatta per avere un qualche maggior merito davanti a Dio, valevole nel regno della vita eterna, ma a causa dei condizionamenti imposti alla vita presente, cioè per non sottostare alle molestie causate dal matrimonio. Codesta eresia è stata, però, prontamente soffocata e distrutta, e non poté neppure giungere ad ingannare alcun sacerdote.
83. Quando con grande attenzione ho fatto le mie ricerche nella Storia di Eusebio, alla quale Rufino nella sua traduzione in latino ha aggiunto due libri riguardanti anche il tempo successivo, non vi ho trovato alcuna eresia, che non avessi già letto nei sopra citati autori, all'infuori di quella che Eusebio ricorda nel libro sesto, riferendo che essa era nata in Arabia. Poiché non ne ha menzionato alcun fondatore, possiamo quindi denominare codesti eretici come gli Arabici. Costoro asseriscono che l'anima muore e si dissolve unitamente al suo corpo, e che alla fine del mondo risorgono ambedue. Eusebio però dice che essi furono molto presto ricondotti alla retta fede dalla disputa di Origene, che si trovava lì e discuteva con loro.

È tempo ormai di menzionare le eresie, che non abbiamo trovato presso i citati autori, ma che ci sono venute alla mente in qualsiasi modo.
84. Gli ELVIDIANI, i quali hanno avuto origine da Elvidio, impugnano tanto la verginità di Maria, che giungono a sostenere che ella, dopo Cristo, abbia partorito ancora altri figli, avuti da Giuseppe, suo marito. Mi meraviglia però che Epifanio abbia chiamati questi eretici Antidicomariti, tralasciando di menzionare Elvidio.
85. I PATERNIANI credono che le parti inferiori del corpo umano non sono state fatte da Dio, ma dal diavolo; e poiché danno licenza a commettere tutte le turpitudini che derivano da quelle parti, vivono con somma libidine. Alcuni autori chiamano codesti eretici anche Venustiani.
86. I TERTULLIANISTI hanno origine da Tertulliano, del quale si leggono molti libri, scritti con straordinaria eloquenza. Costoro divennero a poco a poco fino al nostro tempo sempre meno numerosi, e poterono sopravvivere nelle loro ultime rimanenze nella città di Cartagine. Mentre io mi trovavo lì, alcuni anni fa, avvenimento che, come penso, anche tu ricordi, [costoro] si sono dissolti del tutto. Infatti quei pochissimi che erano rimasti, sono passati alla Cattolica ed hanno consegnato alla Cattolica la loro basilica, la quale è, tuttora, ben nota. Tertulliano, dunque, come lo attestano i suoi scritti, dice senza dubbio che l'anima è immortale, però sostiene che essa sia un corpo, e non solo lo sia essa, ma anche Dio stesso. Tuttavia, è risaputo che egli non è stato dichiarato eretico per questo suo modo di parlare. Si potrebbe, infatti, opinare che egli chiami, in qualche modo, corpo la natura e la sostanza divina per se stessa, senza ritenerla però un corpo fatto di parti, alcune maggiori, altre minori secondo una possibile o necessaria valutazione, come lo sono tutte quelle sostanze che in senso proprio chiamiamo corpi, nonostante che egli riguardo all'anima abbia avuto una concezione del genere. Ma, come ho detto, sarebbe stato possibile ritenere a suo riguardo che egli asserisca la corporeità di Dio per poter affermare che Dio non è un nulla, non una vacuità, non una qualità del corpo o dell'anima, ma che Egli è dovunque per intero e non è frazionato da nessuno spazio locale, e, tuttavia, perdura nella sua natura e sostanza senza alcuna alterazione. Dunque non per questo suo modo di parlare Tertulliano è diventato eretico, ma perché, quando passò ai Catafrigi, che in un periodo precedente aveva completamente confutato, incominciò a condannare anche le seconde nozze dichiarandole uno stupro, in contrasto con l'insegnamento dato dagli apostoli ; e in seguito si separò anche da questi eretici e si mise a diffondere le sue congreghe. Questo stesso personaggio dice chiaramente che le anime degli uomini [che furono] molto malvagie si trasformerebbero in dèmoni.
87. Nelle nostre campagne, cioè nel territorio di Ippona c'è una certa eresia [tra la gente] contadina, o, più esattamente, ci fu: infatti, essa, venuta meno a poco a poco, era rimasta in una sola piccola borgata, nella quale gli abitanti erano, senza dubbio, assai pochi, ma tutti erano dell'idea detta. Tutti costoro adesso sono stati ricondotti all'ortodossia e sono diventati cattolici, né vi è rimasto alcuno di quella setta. Erano chiamati ABELOÎM, secondo la riflessione del nome in lingua Punica. Alcuni dicono che codesti eretici abbiano avuto la loro denominazione dal figlio di Adamo, il cui nome era Abele; noi, pertanto, li potremmo chiamare ABELIANI oppure ABELOÌTI. Non si univano alle loro mogli, però non era loro permesso dalla dottrina della loro setta di vivere senza moglie. Maschi e femmine quindi coabitavano, facendo la professione di continenza, e adottavano un fanciullo e una fanciulla, i quali poi sarebbero stati i loro successori nel seguire il medesimo patto di convivenza matrimoniale. Alla morte dei singoli membri, se ne sostituivano altri, solo badando che ai due morti di sesso differente succedessero in quella convivenza familiare altre due. Quando poi fosse morto uno degli adottanti, gli adottivi servivano a quell'unico sopravvissuto fino alla sua morte. Però alla morte di codesto anche essi adottavano allo stesso modo un fanciullo e una fanciulla. Né a codesti eretici mancò mai l'ambiente, donde potessero prendere le loro adozioni, poiché i loro vicini, in ogni parte, mettevano al mondo bambini e davano volentieri i loro figli poveri, per la speranza che essi avessero l'eredità altrui.
88. 1. In questo nostro tempo c'è l'eresia dei PELAGIANI, l'ultima fra tutte, proveniente dal monaco Pelagio. Celestio ha seguito tanto codesto suo maestro, che i loro seguaci sono designati anche come Celestiani.
88. 2. Costoro sono ostili alla grazia di Dio: per mezzo di essa noi, infatti, siamo stati predestinati all'adozione di figli di Lui per mezzo di Gesù Cristo e per mezzo di essa veniamo strappati dal potere delle tenebre, affinché crediamo in Lui e siamo trasferiti nel suo regno , e riguardo a ciò Gesù ha detto: Nessuno viene a me, se non gli viene dato dal Padre mio; e per mezzo di essa la carità viene riversata dentro i nostri cuori, così che la fede agisce sotto l'impulso dell'amore. Costoro sono tanto ostili alla grazia, che credono che l'uomo può mettere in pratica tutti i precetti di Dio senza il suo aiuto. Se una tale affermazione fosse vera, il Signore avrebbe detto evidentemente invano: Senza di me non potete far nulla . Infine Pelagio, rimbrottato dai suoi confratelli di non assegnare parte alcuna all'aiuto dato dalla grazia di Dio per l'adempimento dei suoi precetti, cedette alle loro rimostranze, ma solo fino a questo punto, che non antepose la grazia al libero arbitrio, ma, con l'astuzia da miscredente la subordinò ad esso: disse, infatti che essa è data agli uomini unicamente al fine che essi, mediante la grazia, possano più facilmente adempiere i precetti; precetti che essi sono tenuti ad osservare, mediante il libero arbitrio: dono che la nostra natura ha ricevuto da Dio, senza alcun merito precedente da parte di essa; ed, invero, costoro sono d'avviso che essa lo ha ricevuto soltanto a questo fine, cioè che noi, con l'aiuto di Dio datoci attraverso la sua Legge e il suo insegnamento, apprendiamo quel che dobbiamo fare e quel che dobbiamo sperare, ma non perché noi, in virtù del dono dello Spirito Santo, siamo messi in grado di fare quanto abbiamo appreso essere nostro dovere fare.
88. 3. E con ciò costoro vengono ad ammettere che da Dio ci è data la scienza, per opera della quale viene cacciata l'ignoranza; ma rifiutano di ammettere che ci sia data la carità, in virtù della quale si vive piamente: e, pertanto evidentemente si ha, che mentre la scienza, la quale senza la carità fa insuperbire, sarebbe dono di Dio, non sarebbe dono di Dio proprio la carità, la quale edifica, facendo in modo che la scienza non porti alla superbia .
88. 4. Costoro giungono, di fatto, a distruggere anche le preghiere che fa la Chiesa, sia quelle per gli infedeli e per quanti sono renitenti alla dottrina di Dio, fatte per la loro conversione, sia quelle per i fedeli, fatte affinché si accresca la loro fede e rimangono perseveranti in Lui. Codesti eretici, invero, sostengono che gli uomini non ricevano queste mozioni da Dio direttamente, ma le abbiano da se stessi, in quanto che, secondo le loro affermazioni, la grazia di Dio, ad opera della quale siamo liberati dall'empietà, ci viene data proporzionalmente ai nostri meriti. Pelagio, però, nel processo fattogli dai vescovi della Palestina, per timore di esservi condannato, fu costretto a condannare codesta sua proposizione. Tuttavia, egli nei suoi scritti posteriori la professa apertamente.
88. 5. Giungono perfino alla bestemmia di dire che la vita dei giusti su questo mondo non ha assolutamente alcun peccato, e che la Chiesa di Cristo, in questa sua condizione mortale, risulta formata da costoro, così da essere completamente senza macchia e ruga , come se non fosse la Chiesa di Cristo colei che in tutto il mondo grida a Dio: Rimetti a noi i nostri debiti .
88. 6. Affermano ancora che i bambini, discendenti per via di generazione da Adamo, non contraggono, in conseguenza di questo loro primo modo di nascere, l'infezione prodotta dall'antica colpa mortifera. Asseriscono, infatti, con tanta risolutezza che i bambini nascono senza un qualsiasi legame con il peccato commesso all'origine, che non c'è assolutamente nulla che debba venir loro rimesso, mediante una loro seconda nascita; ma dicono che sono battezzati solo al fine di essere adottati mediante la rigenerazione e, così, venire ammessi al regno di Dio, cioè essi sono trasferiti da una buona condizione ad un'altra migliore, senza però che vengano, mediante il sopraddetto rinnovamento, liberati da un qualche male dovuto ad un debito antico. Ed infatti promettono anche a quei bambini, che non sono battezzati, una propria sorta di vita, la quale sebbene vissuta fuori del regno di Dio è, pur tuttavia, eterna e beata.
88. 7. Costoro dicono che lo stesso Adamo, anche se non avesse peccato, sarebbe morto fisicamente, e, pertanto, non è morto per effetto della colpa, ma a causa della qualità della sua natura. Ci sono ancora altre affermazioni di costoro contro la dottrina della Chiesa, che però sono comprese, tutte o quasi tutte, in queste che abbiamo esposte.
EPILOGO
1. Ecco, vedi, il gran numero di eresie che abbiamo menzionato, e, tuttavia, non siamo riusciti a soddisfare pienamente alla tua richiesta. Infatti, per usare le tue parole, mi chiedevi: " Quali eresie siano sorte, da quando la religione cristiana ha preso la denominazione di "popolo erede della promessa" ". Ma come avrei potuto menzionarle tutte, io che non ho potuto conoscerle tutte? E credo che ciò mi sia accaduto, perché nessuno degli autori, dei quali ho letto le opere su questo argomento, le ha elencate tutte. E difatti ho trovato presso un autore eresie che non ho trovato presso un altro autore, e, ancora, presso quel tale eresie che quell'altro non aveva messo. Io, invece, ne ho potuto elencare più di costoro appunto perché le ho raccolte da tutti, sebbene non le trovassi tutte trattate in un solo autore, ed ho aggiunto ad esse quelle che io ricordavo, ma che non avevo potuto leggere in nessun degli scrittori. Di conseguenza, giustamente, credo di non averle, neanche io, menzionate tutte, poiché non ho potuto leggere tutti gli autori che hanno scritto su questo argomento, né, poi, vedo che abbia fatto ciò alcuno tra quelli che ho letto. Infine anche se, eventualmente, le avessi elencate tutte, cosa che non credo, non so affatto se sono tutte. E perciò il numero delle eresie, che vuoi vedere determinato dalla mia esposizione, non può, in base alle mie conoscenze, neppure venire computato, poiché io non posso saper tutto.
2. Ho sentito che il santo Girolamo ha scritto un opuscolo sulle eresie, ma noi non lo potemmo trovare né nella nostra biblioteca, né sappiamo donde sia possibile averlo. Un tale, persona ponderatissima e studiosa, conoscitore delle opere di lui, interrogato su questo scritto, mi nominò un non so chi, il quale aveva sparso questa voce, e mi disse che costui non sapeva che cosa dicesse: " Infatti san Girolamo ", mi disse quel tale, " non ha scritto nessun libro sulle eresie ". Ma se tu riuscirai a sapere di quest'opera, arriva ad averla, e, può darsi, avrai un lavoro migliore di questo nostro, sebbene io creda che nemmeno codesto autore, che pure è una persona dottissima, non abbia, come credo, potuto far ricerche su tutte le eresie. E, senza dubbio egli non ha potuto sapere degli Abeloiti, gli eretici della nostra contrada, e così, forse, anche di altri eretici di altre parti, segregati in località del tutto sconosciute, i quali perciò sfuggivano alla sua conoscenza proprio a causa della scarsa notorietà delle loro sedi.
3. Riguardo, poi, alla richiesta che mi fa la tua lettera: " di dire proprio tutti i punti, sui quali gli eretici discordano dalla verità ", io, anche se li conoscessi tutti, non potrei accontentarti; quanto meno lo posso, dal momento che non posso saperli tutti? Ci sono, infatti, eretici, come si deve ammettere, che sono in contrasto con la regola della verità su particolari dottrinali o ben poco di più, come i Macedoniani e i Fotiniani, e tutti gli altri eretici che si comportano allo stesso modo. Ma quelli che io potrei chiamare ciarlatani, cioè coloro che intrecciano favole insulse e, nello stesso tempo, lunghe e molto intricate, sono così pieni zeppi di false dottrine, che loro stessi non riescono a contarle o vi riescono assai difficilmente. Né facilmente un'eresia diventa tanto nota ad un estraneo, quanto lo è per i propri aderenti: pertanto possono dichiarare di non aver detto, né di aver potuto conoscere tutte le dottrine delle eresie che ho elencato. Chi, infatti, non sarebbe in grado di vedere che mole di lavoro e che lunghe trattazioni non richieda tale argomento? Ciò nonostante, non è, però, di poca utilità la lettura di tutti codesti errori che ho messo insieme in questa mia opera, e, quindi, evitarli, dopo che si sono conosciuti. Hai creduto, infatti, che io dovessi dire che cosa professi la Chiesa cattolica di fronte alle affermazioni eretiche menzionate: è una richiesta superflua, dal momento che a questo scopo basta sapere che essa professa dottrine contrarie a quelle eretiche menzionate, e che nessuno ne deve accettare alcuna nella sua professione di fede. Trattare, però, della maniera con la quale si debbono asserire e difendere contro queste dottrine eretiche i dogmi che la verità possiede, eccede l'ambito di questo mio lavoro. Tuttavia, è pur sempre di grande aiuto per il cuore fedele sapere quello che non si deve credere, sebbene egli non lo possa confutare con le proprie capacità dialettiche. Ogni cristiano cattolico, dunque, non deve credere le eresie da noi ricordate. Tuttavia, non ne segue che, chiunque non crede le affermazioni eretiche riportate, deve ritenere o dire di essere cattolico cristiano. Possono, infatti, esserci o formarsi altre eresie, che non sono state menzionate in questa nostra opera: e, conseguentemente, non è cristiano cattolico quel tale che ne professa qualcuna. Si deve, quindi, ricercare in seguito quale sia il criterio costitutivo dell'eresia, e, così, noi con l'aiuto del Signore evitandone la caratteristica, siamo in grado di evitarne anche i veleni ereticali, non solo quelli che conosciamo ma anche quelli che ignoriamo, sia quelli già esistenti, sia quelli che potranno ancora sorgere. Ma si metta ormai il termine a questo volume; e proprio per questo motivo ho ritenuto di dovervelo inviare prima di portare a compimento tutta l'opera, e cioè affinché voi tutti che lo leggerete, aiutiate con le vostre preghiere me, il suo autore, a completarlo con la parte rimanente, la quale però, come vedete, è molto vasta.
APPENDICE
[I. I TIMOTEANI]
I seguaci di Timoteo dicono che il Figlio di Dio nacque dalla vergine Maria come vero uomo ma non in modo da risultare un'unica persona senza che si riducesse anche ad essere un'unica natura. Essi suppongono che le viscere della Vergine siano state una specie di fornace per opera della quale le due nature, cioè divinità e umanità, si sono squagliate e poi rifuse insieme in un'unica massa, che presenta la forma di Dio e quella dell'uomo: insomma, restando immutata la proprietà delle [due] nature, queste si sarebbero congiunte formando una sola realtà. Per sostenere una simile empietà, per cui si giunge ad affermare che Dio ha mutato natura, essi si appellano al Vangelo e, forzando la testimonianza dell'evangelista, dove si dice che il Verbo si è fatto carne, la interpretano nel senso che la natura divina si è cambiata in natura umana. O abolizione, che osa avventarsi contro quella sostanza inviolabile! Al presente, mentre è in esilio a Biza, città della Bitinia, Timoteo autore di questa empietà, attira molta gente offrendo l'immagine d'una vita continente e devota.
[II. I NESTORIANI]
I Nestoriani derivano da Nestorio, un vescovo che, in contrasto con la fede cattolica, osò sentenziare che Cristo Signore, nostro Dio, era soltanto un uomo e, quanto a l'essere egli mediatore fra Dio e gli uomini, non fu così concepito nel grembo della vergine Maria ad opera dello Spirito Santo, ma Dio si unì all'uomo in un secondo momento. Diceva ancora che a patire ed essere sepolto non fu l'Uomo-Dio. Era questo un attacco teso a vanificare tutta l'opera della nostra salvezza, per la quale il Verbo di Dio si è degnato di prendere la natura umana nel grembo della Vergine in modo che unica fosse la persona di Dio e dell'uomo. A questo scopo egli nacque in maniera unica e mirabile, e parimenti accettò la morte per i nostri peccati, scontando il debito di cose che egli non aveva rubate; risorgendo poi dai morti egli, Uomo-Dio, salì al cielo.
[IIA. I NESTORIANI]
L'eresia nestoriana prende nome dal suo autore, cioè Nestorio, vescovo della Chiesa di Costantinopoli. L'errore di costui consisteva nel predicare che dalla vergine Maria fu generato un semplice uomo, un uomo cioè che il Verbo di Dio non aveva assunto nell'unità della persona e con una relazione indissolubile. Pertanto la vergine Madre doveva ritenersi non theotocos ma anthropotocos: un'affermazione, questa, che agli orecchi dei cattolici suonò inammissibile poiché un parto di questo genere negava l'unità di Cristo nella vera carne e nella divinità, e supponeva in lui una duplicità. La qual cosa è una nefandezza. [III. GLI EUTICHIANI]
Gli Eutichiani son sorti ad opera di Eutiche, prete della Chiesa di Costantinopoli, il quale, nell'intento di confutare Nestorio, si lasciò coinvolgere dagli errori di Apollinare e dei manichei. Egli negò, in Cristo, la verità della natura umana, e tutto ciò che della nostra realtà umana fu assunto dal Verbo, Eutiche, lo assegna all'unica essenza divina. In tal modo, negando in Cristo la realtà della nostra natura, vanifica il mistero della salvezza umana, che non può esserci senza le due nature, e nella sua stolta empietà non si accorge che quanto viene a mancare nel Capo è sottratto all'intero corpo.
[IIIA. GLI EUTICHIANI] Gli Eutichiani prendono il nome dal prete Eutiche, il quale, ricercando per ambizione i favori imperiali, osò proporre come dogma di fede che in Cristo prima dell'incarnazione c'erano due nature, ma dopo che il Verbo si fece carne la natura è una soltanto, cioè la natura divina, mentre l'umanità fu assorbita in Dio, per cui nel grembo della Vergine non fu concepito un vero uomo e dalla carne di Maria non fu presa [da Cristo] una [vera] carne. Io però non riesco proprio a capire dove, secondo un tal modo di ragionare, avesse potuto prendere forma un corpo così sottile che poteva passare attraverso le viscere verginali della Madre senza violare l'integrità. Eutiche inoltre sosteneva con fermezza che Cristo era una sola natura, totalmente [ed esclusivamente] Dio, tanto che a sottoporsi alla passione non fu l'Uomo-Dio ma la sola divinità. Questa divinità egli sollevò nell'alto del cielo. Al contrario noi crediamo che colui che nacque dalla vergine Maria e, secondo la carne, fu procreato dal seme di Davide, colui che fu crocifisso, morì e fu sepolto, fu lo stesso che risuscitò da morte e che sollevò in cielo quell'uomo perfetto che, secondo quanto aspettiamo, verrà a giudicare i vivi e i morti. Questo afferma senza esitazioni la fede cattolica, questo gridano con l'autorità loro propria tutte le sacre Scritture. Contro questa fede si ribellò orgogliosamente il sopra nominato Eutiche, dopo che il concilio di Efeso fu soppresso dal potere imperiale e soprattutto dopo che a seguire i suoi errori ci si mise il vescovo di Alessandria, Dioscoro. Staccandosi da Flaviano, egli non solo rimosse dall'ufficio il vescovo della Chiesa costantinopolitana ma lo allontanò dalla patria e lo mandò in esilio, nonostante la presenza e l'opposizione del diacono Ilaro, delegato della santa Sede apostolica. Egli e i colleghi suoi in una seconda sessione privarono dell'ufficio gli altri presbiteri allora assenti; ma ecco che intervenne provvidenzialmente l'Onnipotenza divina che s'incaricò lei stessa a spazzarlo via con [un] giusto e rapido giudizio. Fu infatti tolto di mezzo e perse la vita presente l'Imperatore Teodosio, e così pure Crisafio, cioè i due che con la loro protezione avevano parecchie volte consentito ad Eutiche d'impugnare la fede cattolica e di diffondere il suo errore. Dinanzi a Dio prima di loro era comparso il santo vescovo Flaviano, confessore della fede. In tal modo, secondo quanto ci è stato riferito, doveva rimanere celato il verdetto di Dio, giusto giudice. Pertanto, intervenuta d'autorità la predetta Sede apostolica, si è palesato con chiarezza il vigore della fede e si è spento l'errore d'una così esecrabile dottrina. In effetti, le reliquie del santo confessore furono riportate con gloria [nella sua città] e collocate in un posto onorifico nella santa Chiesa; inoltre furono rimandati liberi i sacerdoti che, graditi a Dio e benvoluti dagli uomini per la loro verace confessione, meritarono d'essere riammessi nel sacerdozio. Eutiche, l'autore dell'abominevole errore, è espulso dalla provincia; il concilio sopra nominato con la firma dei partecipanti riprova e detesta gli errori da lui malamente concepiti, ritenendoli contrari alla sana dottrina. La pace della santa madre Chiesa richiama [nelle proprie sedi] i suoi sacerdoti.























TRATTATO CONTRO I GIUDEI
di
Agostino vescovo di Ippona
Esempio della severità di Dio nel ripudio dei Giudei e della sua bontà nell'accettazione dei Gentili.
1. 1. Il beato apostolo Paolo, Dottore delle genti nella fede e nella verità, che ci esorta affinché rimaniamo stabili e saldi nella medesima fede in cui fu costituito a tutti gli effetti ministro, ci ammonisce con l'insegnamento e ci infonde timore con il suo esempio. Dice: Guarda la bontà e la severità di Dio: in quanti caddero la severità, in te invece la bontà, se persevererai nella bontà. E certo ciò lo disse a proposito dei Giudei che sono stati allontanati per la loro infedeltà e furono potati come i rami di quell'olivo che pure, in virtù delle radici dei santi Patriarchi, aveva portato frutti; ciò affinché l'olivo selvatico delle Genti fosse innestato mediante la fede e potesse rendersi partecipe dell'abbondanza dell'olivo potato dei suoi rami naturali. Ma, dice, non gloriarti contro i rami, perché se tu ti glorierai, non sei tu a portare la radice, ma la radice porta te . E poiché alcuni tra loro si salvano, aggiunse di seguito: Altrimenti tu stesso sarai rifiutato. E quelli, senza dubbio, se non persevereranno nell'infedeltà, anche loro saranno innestati, perché Dio può innestarli una seconda volta . Quanto a coloro che permangono nell'infedeltà, essi sono oggetto di quella sentenza del Signore, in cui egli dice: I figli di questo regno andranno nelle tenebre esteriori; là vi sarà pianto e stridore di denti . E alle Genti che persevereranno nella bontà si riferisce quanto aveva detto prima: Verranno molti da oriente e occidente e si sederanno con Abramo e Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli . Così ai Patriarchi che vivevano nella radice, da un lato, mediante la giusta severità di Dio, è amputata la superbia infedele dei suoi rami naturali, dall'altro, mediante la bontà divina, è innestata la fedele umiltà dell'olivo selvatico.
La cecità dei Giudei dimostrata mediante le scritture dell'Antico Testamento.
1. 2. Ma quando si dicono queste cose ai Giudei, essi disprezzano il Vangelo e l'Apostolo e non ascoltano ciò che gli diciamo perché non intendono ciò che leggono. Se capissero ciò che ha annunciato il profeta quando leggono: Ti renderò luce delle Genti, affinché tu porti la mia salvezza fino ai limiti della terra , non sarebbero tanto ciechi né tanto infermi da non riconoscere nel Cristo Signore la luce e la salvezza. Così anche se capissero ciò che sterilmente e invano cantano essere stato profetizzato di loro stessi: su tutta la terra giunse il loro suono e le loro parole fino ai confini della terra , si desterebbero al suono delle parole degli Apostoli e capirebbero che le loro parole sono divine. Quindi, dalle sacre Scritture, che godono anche tra loro di grande autorità, si dovranno trarre delle testimonianze, in modo che, anche se dovessero non voler esser guariti dal servigio loro offerto, li possa convincere almeno la verità loro manifestata.
I libri dell'Antico Testamento riguardano noi cristiani e i suoi precetti sono da noi realizzati più compiutamente.
2. 3. In primo luogo deve essere combattuto il loro errore, per cui ritengono che i libri dell'Antico Testamento non ci riguardino perché non osserviamo i sacramenti antichi, ma quelli nuovi. In effetti ci dicono: Perché leggete la Legge e i Profeti di cui non volete osservare i precetti? Noi in realtà non circoncidiamo la carne del prepuzio maschile e mangiamo la carne che la legge chiama immonda; non osserviamo in maniera carnale i sabati, i noviluni e i giorni festivi; non immoliamo a Dio degli animali in sacrificio, né, allo stesso modo, celebriamo la Pasqua con l'agnello e il pane azzimo. Inoltre l'Apostolochiama questi e altri sacramenti antichi, con un vocabolo generale, ombre delle cose future, perché essi allora significavano ciò che si sarebbe rivelato e che noi recepiamo come già rivelato affinché, tolta l'ombra, fruiamo della loro pura luce. Sarebbe troppo lungo discutere di tutto ciò dettagliatamente: di come siamo circoncisi con lo spogliamento dell'uomo vecchio e non con lo svestirci del corpo carnale; di come ciò che loro evitano non cibandosi di certe carni animali, noi lo evitiamo nei costumi ed offriamo il nostro corpo come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio, al quale effondiamo con intelligenza le nostre anime con santi desideri anziché sangue; e di come siamo purificati da ogni iniquità per il sangue di Cristo come agnello immacolato. Il quale Cristo, per la somiglianza della carne del peccato, vediamo prefigurato in un caprone anche negli antichi sacrifici: e chi riconosce in lui la somma vittima sacrificale, lo riconosce quale toro nei corni della croce. Osserviamo veramente il sabato quando troviamo in lui riposo; e l'osservanza della luna nuova è la santificazione della vita nuova. E Cristo è la nostra Pasqua, e il nostro azzimo è la sincerità della verità che non ha il lievito vecchio , e se vi sono alcune altre cose su cui ora non vi è necessità di soffermarsi, prefigurate nei segni antichi, esse hanno il loro compimento in colui il regno del quale non avrà fine. Occorreva infatti che tutto giungesse a compimento in colui che non venne ad abolire la Legge e i Profeti, ma a portarli a compimento .
Cristo non ha ricusato la legge, ma l'ha portata a compimento.
3. 4. Così, poi, Cristo non ha rigettato quelle antiche prefigurazioni ricusandole, ma le ha tramutate conferendo loro pienezza, cosicché fosse possibile distinguere ciò che annunciava che Cristo era venuto da ciò che preannunciava che sarebbe venuto. Che cosa vuol dire la frase che alcuni salmi, che essi stessi conservano e ne riconoscono l'autorità di scritti sacri, portano scritto nel titolo: Per quelle cose che saranno mutate - in verità il testo di questi stessi salmi preannuncia Cristo -, se non che è preannunciata la loro stessa futura trasformazione per opera di colui, nel quale essa sarebbe giunta a compimento? In tal modo il popolo di Dio, che ora è il popolo cristiano, non è più obbligato ad osservare ciò che veniva osservato ai tempi dei Profeti, non perché quelle cose siano condannate, ma perché sono state trasformate, e ciò non perché andasse perduto ciò che in esse veniva significato, ma perché le prefigurazioni si realizzassero ognuna a suo tempo.
Cristo annunciato nel salmo 44.
4. 5. Almeno nel salmo quarantaquattro (è il primo di quelli che portano, al principio, questo titolo: Per quelle cose che saranno mutate, dove si legge anche: Cantico per il diletto) viene annunciato in modo evidentissimo Cristo: Splendido in bellezza sopra i figli degli uomini . Egli che, esistendo in forma di Dio, non considerò un tesoro geloso il suo esser uguale a Dio . Lì si dice: Cingi la tua spada al fianco, perché avrebbe parlato agli uomini nella carne. Senza dubbio con la spada si intende la parola, e con il fianco la carne: perché spogliandosi di se stesso, prese la forma di servo , affinché in colui che per la divinità era splendido in bellezza sopra i figli degli uomini si compisse per la debolezza anche ciò che un altro profeta dice di lui: Lo vedemmo e non aveva figura né splendore, e il suo viso era prostrato e la sua posizione deforme. Nello stesso salmo poi viene mostrato in modo evidentissimo che Cristo non è solo uomo, ma anche Dio, quando si afferma: Il tuo trono, o Dio, per i secoli dei secoli, e scettro giusto è lo scettro del tuo regno. Hai amato la giustizia e odiato l'iniquità; per questo Dio, il tuo Dio ti unse con l'olio della letizia a preferenza dei tuoi eguali . E in effetti, a causa dell'unzione, che in greco si dice , egli è chiamato Cristo: egli è il Dio unto da Dio che ha cambiato, come gli altri sacramenti, anche la stessa unzione carnale in spirituale. Lì gli si dice della Chiesa: Alla tua destra sta la regina con un vestito aureo, con ogni varietà d'ornamenti. In queste parole viene simboleggiata la diversità delle lingue tra tutte le Genti, che, però, nell'intimo sono animate da una fede unica e semplice: infatti tutta la ricchezza della figlia del re è interiore . Ad essa si riferisce il salmo quando dice: Ascolta, figlia, e guarda: ascolta la promessa e guarda il suo compimento. E dimentica il tuo popolo e la casa del padre tuo. In questo modo si compie il nuovo e si cambia il vecchio. Perché il re è innamorato del tuo splendore . Lo splendore che egli stesso fece per sé e che non ha trovato in te. E infatti: come potevi esser bella ai suoi occhi, così deturpata dai tuoi peccati? E con ciò, perché tu non creda che debba riporre la tua speranza nell'uomo, prosegue e dice: Poiché egli stesso è il Signore Dio tuo . Perché tu non disprezzi la forma di servo, né derida la debolezza del potente e l'umiltà dell'eccelso, egli è il Signore Dio tuo. In ciò che pare piccolo si cela il grande; nell'ombra della morte il sole della giustizia; nell'ignominia della croce il Signore della gloria. Seppure lo uccidono i persecutori e gli infedeli lo negano, egli è il Signore Dio tuo e in virtù del suo corpo è stato tramutato ciò che prima veniva prefigurato per mezzo di ombre.
Anche il titolo del salmo 68, che celebra la passione di Cristo, annuncia il mutamento.
5. 6. Anche il salmo sessantotto ha come titolo: Per quelle cose che saranno mutate. E lì si celebra la passione del nostro Signore Gesù Cristo che trasfigura in sé anche le voci di alcuni suoi membri, vale a dire, dei suoi fedeli. In effetti egli non commise nessun delitto, ma si fece carico dei nostri; per questo dice: E i miei peccati non ti sono ignoti . Lì è scritto e profetizzato ciò che nel Vangelo leggiamo esser già avvenuto : Mi diedero fiele da mangiare e nella mia sete mi dissetarono con l'aceto . Mediante lui vennero dunque trasformate le cose antiche che il titolo del salmo aveva predetto sarebbero state cambiate. I Giudei, leggendo ciò e non intendendolo, credono di dire qualche cosa di sensato quando chiedono in che modo accogliamo l'autorità della Legge e dei Profeti, visto che non osserviamo i riti misteriosi che ivi sono prescritti. Non li osserviamo perché sono mutati: e sono mutati perché era stato annunciato che dovevano esser trasformati; e noi crediamo in colui mediante la rivelazione del quale sono stati mutati. Quindi non osserviamo le prescrizioni rituali che sono lì ordinate, perché intendiamo ciò che lì viene preannunciato e osserviamo ciò che lì viene promesso. Coloro poi i quali ci incolpano di queste cose, sono ancora amari a causa dei loro padri che diedero fiele come cibo al Signore e sono ancora vecchi per via dell'aceto che gli diedero da bere; perciò non capiscono che in essi si compie ciò che segue: Il loro pasto diventi per loro trappola, retribuzione e scandalo . Veramente quelli divennero di fiele e d'aceto offrendo al Pane vivo fiele e aceto come cibo. Come faranno a vedere queste cose coloro di cui fu predetto: Saranno accecati i loro occhi affinché non vedano ? E come potranno restar eretti, affinché abbiano il cuore in alto, coloro a proposito dei quali è stato predetto: E la loro schiena sarà sempre ricurva ? Né queste cose sono state dette di tutti, ma certo sono state dette di coloro per i quali sono state predette queste cose. Quindi esse non riguardano quanti, tra loro, credettero in Cristo, né quanti ora credono in lui, né quanti crederanno in lui fino alla fine dei secoli: cioè il vero Israele, che vedrà il Signore faccia a faccia. Perché non tutti i discendenti d'Israele sono il vero popolo d'Israele; e non tutti i discendenti di Abramo sono veri figli d'Abramo; ma per mezzo d'Isacco - ha detto l'Apostolo - tu avrai discendenti. Questo significa che non sono figli di Dio quelli generati naturalmente, ma quelli nati in seguito alla promessa . E questi appartengono alla Sion spirituale e alle città di Giuda, cioè, alle Chiesa delle quali l'Apostolo dice: Ero ignoto alle Chiese di Giudea che sono in Cristo . Perché, come viene esposto poco dopo nello stesso salmo: Dio salverà Sion e saranno edificate le città di Giuda. E la abiteranno e la erediteranno. E la discendenza dei suoi servi la possederà e coloro che ameranno il suo nome abiteranno in essa . Quando i Giudei odono ciò, lo comprendono secondo la carne e pensano alla Gerusalemme terrena - che, con i suoi figli, è schiava - e non alla madre nostra eterna nei cieli .
Anche il titolo del salmo 79 profetizza il mutamento.
6. 7. Il salmo settantanove è parimenti preceduto da un titolo simile: Per quelle cose che saranno mutate. In questo salmo sta scritto, tra l'altro: Guarda dal cielo e osserva e visita questa vigna e perfezionala perché la piantò la tua destra; sia la tua mano sul Figlio dell'uomo che per te hai reso forte . Questa è la vigna di cui si dice: Dall'Egitto trapiantasti la vigna . In effetti Cristo non ne piantò una nuova, ma, quando venne, la tramutò in una migliore. Nel Vangelo si legge la stessa cosa: Ucciderà senza pietà quegli uomini malvagi e darà la vigna in affitto ad altri agricoltori . Non dice: la sradicherà e ne pianterà una nuova, ma affiderà la medesima vigna ad altri agricoltori. Ed essa è in verità la città di Dio formata dalla società dei santi e l'assemblea dei figli della promessa che deve essere completata da chi muore e da chi succede dei mortali e che alla fine dei secoli dovrà ricevere in tutti l'immortalità dovuta: la qual cosa è espressa in un altro salmo con l'immagine del fertile olivo quando dice: Io, come fertile olivo nella casa di Dio, ho sperato nella misericordia di Dio per sempre e per tutti i secoli dei secoli . Né poté andar perduta la radice dei Patriarchi e dei Profeti, perché sono stati spezzati gli infedeli e i superbi diventati con ciò rami infruttuosi, affinché potesse essere innestato l'olivo delle Genti, e, come dice Isaia, il numero dei figli di Israele fosse numeroso come la sabbia del mare e i restanti si salvassero. Però solo in colui di cui si dice: E sul Figlio dell'uomo che per te hai reso forte; e di cui si ripete: La tua mano sia sull'uomo della tua destra e sopra il Figlio dell'uomo che per te hai reso forte. Ma non ci allontaniamo da te . Per questo Figlio dell'uomo, cioè Cristo Gesù, e per gli altri suoi [seguaci] cioè gli apostoli e gli altri molti israeliti che credettero in Cristo Dio, con l'adesione della pienezza delle Genti, si realizza la vigna santa. E con la rimozione dei sacramenti antichi e con l'istituzione di nuovi si compie il titolo del salmo: Per quelle cose che saranno mutate .
Testimonianze più chiare contro i Giudei del mutamento che si realizzerà.
6. 8. Si debbono riportare testimonianze ancora più chiare, cosicché tanto se sono d'accordo quanto se non lo sono, in ogni caso comunque sentano. Verranno giorni, dice il Signore, e confermerò sopra la casa di Giacobbe un testamento nuovo, non secondo il testamento che avevo stretto con i loro padri il giorno in cui presi le loro mani per condurli fuori dall'Egitto . Questo mutamento predetto con certezza non viene significato nel titolo del salmo, che pochi intendono, ma si trova espresso nell'annuncio chiaro della voce profetica. Viene promesso apertamente un nuovo testamento, diverso da quello che era stato concluso con il popolo quando fu condotto fuori dall'Egitto. Dato dunque che in quell'Antico Testamento sono comandate queste cose che noi che apparteniamo al Testamento Nuovo non siamo tenuti ad osservare, perché i Giudei non riconoscono piuttosto che loro stessi sono rimasti ancorati ad un'antichità superflua anziché obiettare a noi - che possediamo la nuova promessa - che non osserviamo le cose antiche? Siccome però adesso, secondo quanto è scritto nel Cantico dei Cantici: È arrivato il giorno, le tenebre siano allontanate , che splenda il significato spirituale e cessino le celebrazioni secondo la carne. Il Dio degli dèi, il Signore, ha parlato e ha chiamato la terra da occidente a oriente ; certamente ha chiamato al Testamento Nuovo tutta la terra, alla quale in un altro salmo viene detto: Cantate al Signore un cantico nuovo, cantate al Signore da tutta la terra . Quindi non ha parlato, come aveva fatto prima, dal monte Sinai a un solo popolo, che il Dio degli dèi aveva chiamato dall'Egitto, ma ha parlato in modo tale da convocare tutta la terra da oriente a occidente. E se il giudeo volesse intendere quelle parole, udirebbe anche questa chiamata e sarebbe tra quelli di cui, nello stesso salmo, si dice: Ascolta, popolo mio, voglio parlare, testimonierò contro di te, Israele: Io sono Dio, il tuo Dio. Non ti rimprovero per i tuoi sacrifici; i tuoi olocausti mi stanno sempre davanti. Non prenderò giovenchi dalla tua casa, né capri dai tuoi recinti. Sono mie tutte le bestie della foresta, animali a migliaia sui monti. Conosco tutti gli uccelli del cielo, è mio ciò che si muove nella campagna. Se avessi fame, a te non lo direi: mio è il mondo e quanto contiene. Mangerò forse la carne dei tori, berrò forse il sangue dei capri? Offri a Dio un sacrificio di lode e sciogli all'Altissimo i tuoi voti; invocami nel giorno della sventura: ti salverò e tu mi darai gloria . E certo anche in questo passo è evidente il cambiamento dei sacrifici antichi. Dio aveva preannunciato che i sacrifici antichi non gli sarebbero stati più graditi ed ha istituito per i suoi fedeli un sacrificio di lode, e ciò non perché egli aspettasse da noi la lode come un indigente, ma perché in essa ci procurava la salvezza. E infatti concluse così lo stesso salmo: il sacrificio di lode mi darà gloria e lì è la via in cui mostrerò a lui la salvezza di Dio . Che cos'è la salvezza di Dio se non il Figlio di Dio, il Salvatore del mondo; il Giorno Figlio dal Giorno Padre, cioè Luce da Luce, il cui avvento ha rivelato il Testamento Nuovo? Per questo anche quando viene detto: cantate al Signore un cantico nuovo; canta al Signore, terra tutta. Cantate al Signore, benedite il suo nome, viene subito mostrato colui che dev'essere annunciato, e per questo si aggiunge: Annunziate di giorno in giorno la sua salvezza . Egli stesso, quindi, sacerdote e vittima, ha compiuto il sacrificio di lode accordando il perdono delle opere cattive e concedendo la grazia di ben operare. Per questo gli adoratori immolano al Signore un sacrificio di lode, perché colui che si gloria, si glori nel Signore .
In difesa delle cose che saranno mutate.
7. 9. Ma quando i Giudei ascoltano tutto ciò rispondono con superbia: Siamo noi; è di noi che si parla; ciò è detto per noi. Perché noi siamo Israele, il popolo di Dio; noi ci riconosciamo nelle parole di chi dice: Ascolta, popolo mio, io ti parlo, Israele, e darò testimonianza di te . Che cosa potremo controbattere? Che conosciamo l'Israele spirituale, del quale l'Apostolo dice: Dio doni pace e misericordia a quelli che seguono questa norma, a loro, e sopra Israele di Dio ; sappiamo anche che è carnale quell'Israele, del quale lo stesso Apostolo dice: Osservate Israele secondo la carne. Essi però questo non lo intendono e proprio in ciò dimostrano di essere secondo la carne. Mi piace parlare un pochino con loro come se fossero presenti: Forse che voi siete parte di quel popolo che il Dio degli dèi ha chiamato da oriente a occidente ? Non foste voi ad esser condotti dall'Egitto alla terra di Canaan? Voi non siete stati chiamati da oriente a occidente, ma piuttosto siete stati dispersi verso oriente e occidente. Non appartenete piuttosto a quei nemici dei quali si dice nel salmo: Il mio Dio mi ha fatto conoscere la sorte dei miei nemici: non li uccidere perché non si dimentichino della tua legge: disperdili col tuo potere ? Dunque voi, che non rinnegate la legge ma la predicate, senza saperlo la gestite a vantaggio delle Genti e a vostra vergogna, per il popolo chiamato da oriente e occidente. Negate anche questo? Ciò che è stato profetizzato con tanta autorità e che è stato compiuto con tanta evidenza o non lo vedete perché siete ancora più ciechi, o non lo confessate per la vostra incredibile impudenza? Che cosa rispondete a ciò che proclama il profeta Isaia: alla fine dei tempi il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le Genti. Verranno molti popoli e diranno: " Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi la via della salvezza e possiamo camminare per i suoi sentieri ". Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore? Direte anche qui: siamo noi, perché udite la casa di Giacobbe e Sion e Gerusalemme? Come se noi negassimo che Cristo Signore sia, secondo la carne, della discendenza di Giacobbe. Egli che è stato indicato con il nome di " monte " posto sulla cima dei monti in quanto la sua altezza trascende tutte le altezze. O, come se negassimo che gli apostoli e le chiese della Giudea, che dopo la resurrezione di Cristo hanno creduto subito dopo in lui, facciano parte della casa di Giacobbe! Come se con Giacobbe non si dovesse intendere spiritualmente altro che lo stesso popolo cristiano, il quale, essendo più giovane del popolo dei Giudei, crescendo senza dubbio lo supera e soppianta: cosicché si avveri quanto fu profetizzato nell'immagine di quei due fratelli: Il maggiore servirà il minore. Sion e Gerusalemme d'altra parte, quantunque vengano intese come la Chiesa in senso spirituale, continuano a deporre contro costoro, perché da questo luogo in cui essi crocifissero Cristo, vennero tanto la legge quanto la parola del Signore alle Genti. In effetti la legge che fu data ai Giudei per mezzo di Mosè, della quale si inorgogliscono con grande superbia e dalla quale sono confutati in modo ancor più decisivo, non si legge che sia venuta da Sion e Gerusalemme, ma dal monte Sinai. Essi giunsero con la legge nella terra della promessa, dove è Sion, che si chiama anche Gerusalemme, dopo quaranta anni: quindi non la ricevettero lì o dopo esservi giunti. Invece il Vangelo di Cristo e la legge della fede è certo che procedano da là. Così come lo stesso Signore, dopo esser risorto, parlando ai suoi discepoli e mostrando che le profezie della parola divina si erano adempiute in lui, disse: Così sta scritto e così bisognava, che il Cristo patisse e risuscitasse dai morti il terzo giorno. E che si predicasse nel nome di lui la penitenza, e la remissione dei peccati a tutte le nazioni, cominciando da Gerusalemme . E ciò è quanto aveva annunciato Isaia quando aveva detto: perché la legge verrà da Sion e il verbo del Signore da Gerusalemme . Infatti là lo Spirito Santo, scendendo dall'alto secondo la promessa del Signore, colmò quanti allora si trovavano in una sola casa, e fece sì che parlassero le lingue di tutte le Genti : e poi uscirono a predicare il Vangelo facendolo conoscere a tutte le Genti. Come dunque quella legge che discese dal monte Sinai cinquanta giorni dopo la celebrazione della Pasqua fu scritta dal dito di Dio, col quale è significato lo Spirito Santo, così questa legge, che discese da Sion e Gerusalemme, non fu scritta in tavole di pietra, ma nelle tavole del cuore dei santi evangelisti dallo Spirito Santo cinquanta giorni dopo la vera Pasqua di passione e resurrezione del Signore Cristo. Quel giorno fu inviato lo Spirito Santo che prima era stato promesso.
Nei Profeti si parla dei Giudei, ma essi sono sordi al richiamo.
7. 10. Muovetevi ora, o israeliti secondo la carne e non secondo lo spirito, muovetevi ora e contraddite ancora l'evidentissima verità; e quando udite: venite, ascendiamo al monte del Signore e nella casa del Dio di Giacobbe , dite: siamo noi, così da urtare, accecati, contro il monte, dove, sbattendo il muso, abbiate a perdere ancor più il vostro pudore. Se poi, invero, vorrete dire: Siamo noi, ditelo quando udite: È stato condotto a morte per l'iniquità del mio popolo. Ciò infatti viene detto di Cristo che voi - nei vostri padri - avete inviato a morte, e fu condotto come un agnello alla mattanza, e così voi, infierendo contro di lui, avete consumato nell'ignoranza la Pasqua che nell'ignoranza celebrate. Se davvero volete dire: Siamo noi, allora ditelo quando ascoltate: Indurisci il cuore di questo popolo, occludi le sue orecchie, cieca i suoi occhi . Dite dunque: Siamo noi, quando udite: Ho teso tutto il giorno le mie mani al popolo che non crede in me e che mi contraddice . Dite ancora: Siamo noi, quando udite: Possano accecarsi i loro occhi così che non vedano e possano esser sempre curve le loro schiene . Dite riguardo a tutte queste espressioni profetiche e a quelle simili: Siamo noi, perché lì, senza dubbio, si parla di voi; ma voi siete ciechi a tal punto, che dite che si parla di voi dove non è di voi che si parla e non riconoscete invece dove è proprio di voi che si parla.
Il rinnegamento dei Giudei annunziato per mezzo di Isaia.
8. 11. Ma prestate ora un poco di attenzione alle cose più manifeste che sto per dire. Certo che quando udite parlare bene di Israele dite: Siamo noi; e quando udite parlar bene di Giacobbe, dite: Siamo noi. E se richiesti del motivo, rispondete: Perché Giacobbe è la stessa cosa di Israele, il patriarcha dal quale discendiamo, sicché a ragione veniamo designati con il nome del nostro padre. Or dunque non vogliamo spronarvi, voi che dormite un sonno profondo e grave, verso le cose spirituali che non capite; né intendiamo ora persuadere voi, che nella vista e nell'udito delle cose spirituali siete sordi e ciechi e non capite come queste cose siano da intendere in modo spirituale. Certo, così come voi affermate e come la lettura del libro della Genesi manifestamente sostiene, Giacobbe e Israele erano lo stesso uomo e la casa di Israele è la stessa di Giacobbe di cui voi vi gloriate. Che cosa significa allora ciò che ha annunciato lo stesso profeta, quando ha predetto che vi sarebbe stato un monte sulla vetta dei monti, un monte al quale sarebbero andate tutte le Genti? Infatti la legge e la parola di Dio non sarebbero scese dal monte Sinai per un solo popolo, ma da Sion e Gerusalemme per tutti i popoli, la qual cosa vediamo compiuta in modo evidentissimo in Cristo e nei Cristiani. E dice poco oltre: E ora vieni, tu, casa di Giacobbe, camminiamo nella luce del Signore . Qui direte certamente, come siete abituati: Siamo noi. Ma aspettate un poco ciò che segue, così quando direte ciò che volete, udirete anche ciò che non volete. Infatti il profeta prosegue e dice: Perché ha abbandonato il suo popolo, la casa di Israele . Dite anche qui: siamo noi. Riconoscetevi qui e perdonate noi che vi abbiamo ricordato queste cose. Se infatti ascoltate queste cose con gioia, le avremo dette a vostra esortazione; se però le ascoltate con indignazione le avremo dette a vostra vergogna. Ciò nonostante, che a voi piaccia o meno, è bene che ciò sia detto. Ecco, non io, ma il profeta che leggete, mediante il quale Dio - non potete negarlo - ha parlato, e che non potete togliere dall'autorità della divina Scrittura, esclama con veemenza nel modo in cui il Signore gli diede ordine, e, come una tromba , spande la sua voce e vi rimprovera dicendo: e ora tu, casa di Giacobbe, vieni, camminiamo nella luce del Signore . Nei vostri padri avete ucciso Cristo. Tanto a lungo non avete creduto e avete resistito ; tuttavia non siete morti perché nel corpo ancora vivete; avete ancora tempo di fare penitenza: venite ora! Da tanto tempo sareste dovuti venire, ma, almeno ora, venite! Ancora non sono terminati i giorni per quanti ancora non è giunto l'ultimo giorno. E se voi, che seguite il profeta credete, come casa di Giacobbe, di camminare già nella luce del Signore, mostrate allora quale sia la casa di Israele che Dio ha abbandonato. Noi infatti mostriamo entrambe le cose: sia coloro che egli, chiamandoli, ha separato da questa casa, sia coloro che sono restati in essa ed egli ha abbandonato. In effetti non chiamò da lì solo gli apostoli, ma anche, dopo la resurrezione di Cristo, un popolo numeroso, a proposito del quale abbiamo già detto più sopra. Abbandonò invece quelli che anche voi imitate nel non credere e [abbandona] anche voi che imitandoli siete rimasti nella medesima sventura. O se voi siete coloro che ha chiamato, dove sono coloro che ha abbandonato? Infatti non potete dire: Non so quale altra gente abbia abbandonato, quando il profeta dice: Perché ha abbandonato il suo popolo, la casa di Israele. Ecco ciò che siete, non ciò che vi vantate di essere. Egli ha abbandonato infatti quella vigna, dalla quale s'aspettava che desse uva e diede spine; e comandò alle sue nubi che non piovessero più acqua sopra di essa. Ma il Signore scelse anche da lì coloro ai quali dice: giudicate tra me e la mia vigna . Anche a costoro il Signore dice: Se ho scacciato i demoni col potere di Beelzebub, con quale potere li scacciano i vostri figli? Pertanto essi saranno i vostri giudici . Ed ha promesso loro: Sederete su dodici troni per giudicare le dodici tribù di Israele . Così si sederà la casa di Giacobbe, la quale una volta chiamata ha camminato nella luce del Signore, per giudicare la casa di Israele, cioè il suo popolo che egli ha abbandonato. In che modo, poi, la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata testata d'angolo , secondo lo stesso profeta, se non perché i popoli provenienti dalla circoncisione e dal prepuzio, come delle pareti che provengono da punti diversi, si uniscono in un solo angolo come in un bacio di pace? Per questo l'Apostolo dice: Egli è la nostra pace che fece dei due uno . Coloro che dalla casa di Giacobbe o di Israele hanno seguito colui che li chiamava, sono coloro che aderiscono alla pietra angolare e camminano nella luce del Signore. Quanti ha invece abbandonato lì, sono coloro che edificano la loro rovina e scartano la pietra angolare.
Il ripudio dei Giudei predetto più chiaramente da Malachia.
9. 12. Infine voi, o Giudei, resistendo al Figlio di Dio contro la vostra salvezza, potrete tentare di stravolgere queste parole profetiche secondo il vostro animo e piegarle in un altro senso. Voi potrete intendere queste parole, lo ripeto, in modo tale che sia quello chiamato che quello ripudiato è il medesimo popolo, la casa di Giacobbe o d'Israele: non in alcuni chiamato e in altri ripudiato, ma tutti quanti chiamati per camminare nella luce del Signore, essendo stati tutti quanti abbandonati perché non camminavano nella luce del Signore. Ma voi volete intendere che la stessa casa è stata chiamata in alcuni e ripudiata in altri in modo che - escludendo la separazione della mensa del Signore riguardante il sacrificio di Cristo - gli uni e gli altri si trovano sotto i sacramenti antichi, tanto quelli che camminando nella luce del Signore hanno osservato i suoi precetti, tanto quelli che disprezzando la giustizia meritarono che il Signore li abbandonasse. Ebbene, se tutto questo voi volete intendere così, cosa direte e in che modo interpreterete l'altro profeta che vi toglie del tutto la voce quando grida tanto chiaramente: Non mi trovo bene tra voi, dice il Signore onnipotente, e non accetterò un sacrificio dalle vostre mani. Perché da quando il sole nasce a quando muore, il mio nome è diventato famoso tra le Genti e in ogni luogo si offre un sacrificio in mio nome, sacrificio puro, perché è grande il mio nome tra le Genti, dice il Signore onnipotente ? Con quali parole, insomma, reclamate dinanzi a tanta evidenza? Perché vi vantate ancora con tanta impudenza, per perdervi più miseramente in una rovina maggiore? Non mi trovo bene tra di voi, lo dice non una persona qualsiasi, ma il Signore onnipotente. Perché vi gloriate tanto della discendenza d'Abramo, voi che ovunque udiate Giacobbe o Israele, o casa di Giacobbe o casa d'Israele, quando ciò è detto in forma di lode, affermate che ciò può esser detto soltanto di voi? Ma il Signore onnipotente dice: non mi trovo bene tra voi e non accetterò un sacrificio dalle vostre mani! Certamente qui non potete negare che non solo egli non accetta sacrifici dalle vostre mani, ma anche che siate proprio voi a fargli sacrifici con le vostre mani. Uno solo è il luogo stabilito dalla legge del Signore dove ordinò che i sacrifici fossero eseguiti per mano vostra, e fuori di quel luogo proibì ogni sacrificio. Ma poiché perdeste questo luogo a causa delle vostre azioni, anche il sacrificio che solo là era lecito offrire, non osate offrirlo altrove. Così si è compiuto del tutto ciò che dice il profeta: E non accetterò sacrifici dalle vostre mani. E in effetti, se nella Gerusalemme terrena vi fossero restati il tempio e l'altare, potreste dire che questo si è avverato in coloro tra voi che sono malvagi e il sacrificio dei quali non è ben accetto al Signore, mentre egli, al contrario, accetta il sacrificio dagli altri, di voi e tra voi, che osservano i precetti di Dio. Ma non c'è motivo di dire ciò, perché non vi è nessuno di voi che, secondo la legge che venne dal monte Sinai, possa offrire un sacrificio con le sue mani. Né quanto è stato profetizzato e realizzato vi permette di rispondere, citando il detto profetico: Non offriamo la carne con le mani, ma la lode con il cuore e la bocca, secondo quel salmo che dice: Immola a Dio un sacrificio di lode . Anche in questo punto vi contraddice colui che dice: non mi trovo bene tra voi.
Il sacrificio dei cristiani si offre ovunque, in cielo e in terra.
9. 13. Non pensate però che non si offra alcun sacrificio a Dio perché voi non ne offrite alcuno ed egli non ne accetta alcuno dalle vostre mani. In verità non ne ha bisogno colui che non ha necessità di nessuno dei nostri beni; tuttavia non rimane mai senza sacrificio, che è però utile non a lui ma a noi. Aggiunge e dice: perché il mio nome da oriente a occidente è diventato celebre tra le Genti e in ogni luogo si offre un sacrificio in mio nome, un sacrificio puro; perché il mio nome è grande tra i popoli, dice il Signore onnipotente. Cosa rispondete a ciò? Aprite gli occhi una buona volta e vedete come il sacrificio dei cristiani venga offerto da oriente a occidente in ogni luogo e non in uno solo, come fu stabilito per voi; e non ad un dio qualsiasi, ma a colui che ha predetto queste cose, al Dio d'Israele. Ragion per cui in un altro passo dice alla sua chiesa: e colui che ti ha abbattuto, lo stesso Dio d'Israele, sarà chiamato Dio di tutta la terra. Esaminate le Scritture nelle quali voi credete di possedere la vita eterna. In realtà la possedereste se riconosceste Cristo in esse e lo accettaste. Ma esaminatele: esse danno testimonianza di questo sacrificio puro che si offre al Dio d'Israele: non dalla sola vostra gente, dalle mani della quale è stato predetto che non l'accetterà, ma da tutti i popoli che dicono: venite, saliamo al monte del Signore . Né in un solo luogo, come fu imposto a voi, cioè nella Gerusalemme terrena, ma in ogni luogo, fin nella stessa Gerusalemme. Non secondo l'ordine di Aronne, ma secondo l'ordine di Melchisedech. Perché è stato detto a Cristo e su Cristo era già stato profetizzato da tanto: il Signore lo ha giurato e non se ne pentirà: tu sei sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedech. Che significa: il Signore ha giurato, se non che lo ha confermato con verità inconcussa? E che cosa: e non se ne pentirà, se non che questo sacerdozio non lo cambierà per nessun motivo? Infatti Dio non si pente come l'uomo, ma si parla in lui di pentimento quando vi è trasformazione di qualche cosa che era stata istituita da lui stesso e che si credeva fosse destinata a permanere. Pertanto, quando dice: non si pentirà: tu sei sacerdote per sempre secondo l'ordine di Melchisedech, dimostra sufficientemente in che senso si è pentito: ha voluto cioè mutare il sacerdozio che era stato costituito secondo l'ordine di Aronne. Lo vediamo realizzato di tutti e due. In effetti, da un lato non vi è più alcun sacerdozio di Aronne in nessun tempio, il sacerdozio di Cristo continua eternamente in cielo.
I Giudei non si stancheranno quando camminano, credendo, verso Cristo.
9. 14. Dunque il profeta vi chiama a questa luce del Signore quando dice: e ora tu, casa di Giacobbe, vieni, camminiamo nella luce del Signore. Tu, casa di Giacobbe, quella che ha chiamato ed eletto; e non Tu, quella che è stata ripudiata. Egli infatti abbandonò il suo popolo, la casa d'Israele . Chiunque di voi che da lì vuol venire, apparterrà alla casa che è stata chiamata e si toglierà da quella ripudiata. In effetti la luce del Signore nella quale camminano i popoli è quella della quale lo stesso profeta dice: ti ho posto quale luce delle genti, perché tu sia la mia salvezza fino ai confini della terra. A chi dice ciò, se non a Cristo? In chi si è compiuto ciò, se non in Cristo? Tale luce non è in voi, di cui ripetutamente viene detto: Dio diede loro uno spirito di contraddizione: occhi mediante i quali non vedono, e orecchi mediante i quali non odono fino ad oggi . Ripeto: questa luce non è in voi, perciò rifiutate con presuntuosa cecità la pietra che è diventata testata d'angolo. Quindi: Avvicinatevi a lui e sarete illuminati . Che cosa significa: Avvicinatevi se non: Credete? Dove andate inoltre per avvicinarvi a lui, dato che egli è la pietra della quale il profeta Daniele dice che è cresciuta a tal punto da formare un monte che occupa tutta la terra ? Così i popoli che dicono: venite, saliamo al monte del Signore, non si agitano per muoversi e raggiungere qualche altra terra. Dove sono, lì salgono, perché in ogni luogo si offre un sacrificio secondo l'ordine di Melchisedech. Così, allo stesso modo, un altro profeta dice: Dio stermina tutti gli dèi delle genti della terra e lo adora ciascuno nel suo paese . Quando poi vi si dice: Avvicinatevi a lui, non vi si dice: preparate le navi e le vostre bestie, e caricatele con le vittime dei vostri sacrifici; camminate dai luoghi più lontani al luogo in cui Dio accetta i sacrifici della vostra devozione, ma: Avvicinatevi a colui che vi viene predicato nelle vostre orecchie, avvicinatevi a colui che viene glorificato dinanzi ai vostri occhi. Non vi stancherete camminando, perché vi avvicinate a lui quando credete.
Con quale carità i Giudei devono essere invitati alla fede.
10. 15. Queste cose, carissimi, sia che i Giudei le ascoltino rallegrandosi sia indignandosi, noi però, dove possiamo, le diciamo con amore verso di loro. E non gloriamoci con superbia dinanzi ai rami spezzati, ma piuttosto riflettiamo per grazia di chi e con quale misericordia e in quale radice siamo stati innestati . Non aspiriamo a cose troppo alte, ma pieghiamoci a quelle umili . Non insultando presuntuosamente, ma esultando con tremorediciamo: venite, camminiamo nella luce del Signore perché il suo nome è grande tra i popoli . Se [ci] udranno e daranno ascolto, saranno tra coloro dei quali è stato detto: Avvicinatevi a lui e sarete illuminati e i vostri volti non si arrossiranno . Se poi dovessero udire ma non ascoltare, vedere e guardare di malocchio, saranno tra quelli di cui è stato detto: il peccatore vedrà e si irriterà, digrignerà i denti e si consumerà di odio . Io invece, dice la Chiesa a Cristo, come olivo fertile nella casa del Signore, ho sperato nella misericordia di Dio in eterno e nei secoli dei secoli .