cultura barocca
Vedi qui un altro ritratto della Religiosa detta poi la "Fenice del Messico" e/o la "Decima Musa" 1 - Inquadramento generale della vicenda - 2 - La nascita e la famiglia - 3 - La precocità di Juana - 4 - Il trasferimento a Città del Messico per la sua formazione culturale: i successi negli studi - 5 - Il trasferimento a Città del Messico per la sua formazione culturale: i successi negli studi - 6 - L'ingresso come damigella alla Corte del Viceregno = i successi, i rapporti con la Viceregina - 7 - L'abbandono della Corte: l'ingresso in Convento, gli interrogativi sulla scelta - 8 - Le opzioni di Juana per la propria esistenza = in dettaglio vedi come a differenza che in Europa la condizione di figlia illegittima, come nel caso di Juana, non costituisca un impedimento ad un "buon matrimonio": cui però la fanciulla è assolutamente contraria privilegiando la propria autonomia e la libertà di arricchirsi sempre più in forza dei suoi appassionati studi - 9 - I privilegi per una fanciulla nel contesto di un Convento del "Nuovo Mondo" - 10 - La nuova vita (claustrale) con il nuovo nome (religioso) di Suor Juana Inés de la Cruz (in italiano "Suor Giovanna della Croce") - 11 - Il forte impegno culturale di Juana - 12 - L'arrivo del nuovo Vicere = l'importante relazione con la Viceregina e la fama crescente - 13 - La comparsa di un imprevisto nemico, l'arcivescovo di Città del Messico , Francisco Aguiar y Seijas = misogino ed ostile al Teatro passione di Juana - ancora una volta il Teatro come forma di contrapposizione tra progressisti e conservatori - 14 - Il tradimento di un amico = le difficoltà crescenti per una suora anticonformista nella sua appassionata difesa delle donne e dei loro diritti, culturali e non - 15 - La resa di rimpetto ai tradimenti, alle delusioni patite, all'isolamento di un ambiente divenuto retrivo e vieppiù intollerante nel suo maschilismo - 16 - Gli ultimi momenti della sua vita terrena - 17 - Convergenze con la Suora veneziana Arcangela Tarabotti nel comune giudizio sull'arroganza degli "uomini padroni" - 18 - Referenze bibliografiche

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La data in cui viene alla luce Juana de Asbaje y Ramirez (che raggiunse la celebrità artistica e letteraria col nome religioso di Suor Juana Inés de la Cruz) è collocabile fra il 2 XII 1648 ed il 12 XI 1651 San Miguel de Nepantla, grossomodo a 60 chilometri a sud di Città del Messico, capitale del vicereame della Nuova Spagna = la metropoli azteca di cui estesamente si parla nell'XI volume del Marmocchi e di cui F. Cortez nelle sue lettere all'Imperatore Carlo V qui digitalizzate diede questa impressionante descrizione di grandezza nominandola Temistan contrariamente al nome reale di Tenochtitlan e purtroppo come tanti altri centri del "Nuovo Mondo" in gran parte distrutta come si legge ad esempio nella Storia Antica del Messico di A. Torozomoc nel contesto di un genocidio che ha disperso tante conoscenze ed espressioni di civiltà.
Come appena scritto alla Scoperta del Nuovo Mondo ("America" - "Indie Occidentali") ha fatto seguito la Conquista Spagnola (segnata - anche di questo si è già fatta menzione- purtroppo anche dalla violernza dei "Conquistadores" avidi di ricchezze da depredare) e, quasi contemporanemente, dall'impianto di Missioni di Religiosi impegnati nella Conversione dei Nativi = nel contesto di questa ultima opzione storica non mancarono le contraddizioni tra chi "volle imporre ad ogni costo la conversione" e che svolse in modo "assai caritatevole il proprio ruolo missionario", contesto questo ultimo entro cui si segnaleranno alcuni missionari agostiniani corrispondenti di A. Aprosio ma nel cui ambito è soprattutto destinata a spiccare l'opera di Bartolomeo De Las Casas detto poi "L'Apostolo delle Indie" (si veda qui la vita e l'impegno contro la schiavitù: vedi anche la digitalizzazione delle opere) e un segnale meritorio spetta anche a Fra Marco da Nizza dell'Ordine di S. Francesco per la sua coraggiosa denuncia sia delle prepotenze dei "Conquistadores" assetati d'oro che della feroce distruzione degli Imperi precolombiani" [Per un quadro esauriente si legga qui pure di Francesco da S. Augustino la Vita venerabilis P. Toribii Alfonsi Mogrovegii archiepiscopi Limensis, ex actis legitimis de mandato sacrae rituum Congregationis opera ordinarij confectis deprompta .. Authore R.P.Fr. Francisco a S. Augustino Macedo minorita obseruante ... ( Venetiis: Brigonci, 1669 = opera integralmente digitalizzata, con indici guida)]
A dimostrazione che -pur tra contradizioni ed incomprensioni- dopo il tempo del sangue, dell'oro e dei saccheggi (si leggano qui le orribili Crudeltà dei Conquistatori del Messico e degli Indiani che li aiutarono a sottomettere questo Impero alla Corona di Spagna opera di colui che fu detto "Il Cicerone del Messico" cioè Ferdinando d'Alva Ixtlilxochtil, discendente dei "Re di Tezcuco")
- iniziò in qualche modo una (seppur mai semplice) commistione tra i discendenti degli "invasori" ed i "nativi" si pone il caso di Juana de Asbaje y Ramirez che nasce come figlia illegittima di un nobile spagnolo e di una donna originaria dell' Yecapixtla nello stato messicano del Morelos: Juana de Asbaje y Ramirez non è tuttavia primogenita e già due figlie (Marìa e Josefa) ha avuto la madre.
Benché analfabeta, Isabel Ramirez dirige una masseria e già dal 1655 prende a vivere un altro uomo da cui le nasceranno altri tre figli.
Juana è precoce impara a leggere prestissimo si dice a tre anni sì che, di nascosto alla madre, con l'aiuto di una sorella maggiore si fa presentare da una maestra sì da lasciar poi scritto in merito " Seppi leggere in così breve tempo, che già lo sapevo quando lo seppe mia madre, cui la maestra l’aveva tenuto nascosto per darle alla fine la buona notizia e, insieme, ricevere la ricompensa; e io l’avevo taciuto, credendo che mi avrebbero frustata poiché l’avevo fatto senza ordine".
A soli 7 anni, vista l'aspettativa qual premio di un libro, compone un inno sulla Comunione: in seguito venuta a sapere dell'esistenza a Città del Messico di scuole formative nel campo delle discipline scientifiche, giunge al segno di chiedere alla madre di farla travestire da ragazzo -atteso che l'istruzione femminile non contempla ancora la possibilità di frequentare tali scuole e corsi- onde poi anche frequentare la locale Università: siffatto travestimento all'epoca risulta cosa però proibita, pericolosa e perseguita dalla legge.
Ad un anno da tutto questo la madre la invia davvero a vivere a Città del Messico, presso una zia sposata a un uomo di buona condizione economica: e la fanciulla nella casa del defunto nonno materno (localmente giudicato un letterato ma al di là di ciò comunque possessore una ricca biblioteca) in alternativa all'inesaudibile richiesta di frequentare l'Università può godere dei beni di una sapienza libresca considerevole.
Non ottiene un'istruzione organica a certamente vasta e nel contempo cresce affinandosi nei comportamenti e nell'aspetto: per quanto appurato Juana nell’apprendimento non ha altri docenti che le proprie doti, curiosità e intelligenza.
E' lesta nell'imparare e si dice -per quanto queste considerazioni siano talora enfatizzate dalla fama postuma- che riesca ad apprendere la lingua latina in un tempo brevissimo, contestualmente coltivando altri interessi: dalla poesia alla musica [con tutte le problematiche connesse alla vita del Teatro (vedi qui opere digitalizzate) che a prescindere dai grandi risultati artistici ottenuti risulta al centro di un formidabile dibattito controriformista e misogino che ne giudica necessaria una sua costante moralizzazione (vedi qui opere digitalizzate)] alla pittura [con tutte le problematiche connesse alla le arti pittoriche, scultoree e figurative: al centro di un dibattito controriformista e misogino che ne giudica necessaria una costante moralizzazione]
all'astronomia [con tutte le problematiche connesse alla discussione tra "Scienza Aristotelica" e "Scienza Nuova" e alla postazione in merito ai "Massimi Sistemi" tra i seguaci di Tolomeo e i fautori di Copernico e Galileo]
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Nel 1664 la zia che gode di una notevole influenza può presentarla alla corte dei nuovi Viceré Antonio Sebastiàn de Toledo e Leonor Carreto, marchesi di Mancera [In questa opera di Gabriele Lafond, è con molti dati pregressi e opere digitalizzate, è analizzata la fine della dominazione spagnola in America causata anche dalla crescente corruzione dei Vicerè specie degli ultimi cui si cercò troppo tardi di porre rimedio in forza dell'Istituzione di un Organismo di Controllo detto "Audiencia" (pag. 213) = per un inquadramento meno imponente si può anche leggere questa Introduzione] in modo da poter entrare subito nel gruppo delle dame della Viceregina, ove vien accreditata del titolo di "amatissima".
Padre Diego Calleja, annota nella Vida de Sor Juana (XVIII sec.) narra che la Viceregina l'aveva presa in enorme considerazione sì da dire che non potesse rimanere un sol giorno senza la compagnia de "la sua Juana Inés".
La fanciulla le dedica versi e poesie che esulano dalla maniera dell' "encomio" di maniera tipico di una suddita colta alla sua regnante ed in cui la poesia si inarca si a far intendere che con lo spirito a Leonor Juana dedica anche il proprio corpo e la propria sensualità.

Stando a quanto scrive il Calleja le qualità non comuni di una fanciulla tanto giovane arrivano a colpire lo stesso marito di Leonor, che la sottopone ad un esame -conclusosi con incredibile successo- da parte di una quarantina di dotti e sapienti.
Nel 1667, Juana però abbandona la Corte ed entra in convento: una scelta su cui le opinioni discordano.
Per alcuni la scelta risulta dipendendente da una delusione d’amore, per altri investigatori alla radice della stessa starebbe padre Antonio Nuñez de Miranda, confessore del Viceré, capace di convincere la giovane donna alla monacazione = molti son quelli che prediligono la strada più ovvia che genericamente vien definita "una chiamata da parte di Dio".
Juana però nel suo soggiorno a Corte non ha dato prova di particolare religiosità prima del suo ingresso in convento e, per quanto noto (pur essendo possibile ogni evento) non si ha testimonianza di eventi amorosi significativi, soprattutto di ordine eterosessuale.
Maria G. Di Rienzo ( "Suor Juana Inés de la Cruz (1648/51-1695): il sogno infranto, in "Babilonia", n. 172, dicembre 1998, pp. 38-41) ipotizza una scelta non rara nelle costumanze epocali e scrive "Si trattò, più probabilmente, di una decisione pratica, basata sulla valutazione delle opportunità che le si offrivano, come donna, a quell’epoca in Messico".
Per quanto pragmatica siffatta postulazione ha le sue buone motivazioni: lo stato di servizio alla Viceregina è infatti a tempo determinato e Juana, certo restia a ritornare ai luoghi natali e alla vita di quelli, deve forzatamente garantirsi un futuro prima che Leonor ritorni in Spagna, atteso che il "mandato" di vicereggenza è triennale e solitamente non riconfermato = e nulla può garantire alla talentuosa fanciulla una condizione di privilegi come quella goduta!.
La Di Rienzo, utilmente e in particolare per un confronto con la diversa situazione europea, tiene a precisare che l'opzione di un matrimonio all'epoca in Messico anche per una illegittima come Juana non costituisce un serio impedimento al matrimonio e del resto ci rammenda come entrambe le sorelle di Juana risultino poi coniugate con uomini facoltosi.
Juana nutre in effetti una naturale ostilità al matrimonio e non esisterà a scriverlo: "Presi i voti perché, pur sapendo che lo stato monacale presentava aspetti (di quelli marginali, parlo, non di quelli sostanziali) che non mi andavano a genio, era comunque, per il netto rifiuto che provavo del matrimonio, la cosa meno fuori luogo e più congrua che potessi scegliere per la mia salvazione; al quale progetto (come al fine più importante) cedettero e piegarono il capo tutti i miei capriccetti, ossia il desiderio di vivere sola, di non avere alcuna occupazione che intralciasse la libertà dei miei studi, ne’ rumore di comunità che disturbasse il quieto silenzio dei miei libri".
Juana i primis entra nel cenobio delle Carmelitane scalze (S. Joseph), ma risente alquanto della durezza della "regola" sì da abbandonare il Convento dopo soli tre mesi.
Dopo il Noviziato (secondo le consuetudini la Sociali e Religiose fa la Professione di Fede pronunciando i voti il 21 - II - 1669, gratificata dalla presenza dei Viceré, nel convento di San Girolamo: la madre nell'occasione le "regala una schiava" come servente, Juana de San José (giunge triste tale affermazione ma l'evento rientra del pari nelle usanze, specie per le fanciulle monacatesi provenendo da famiglie abbienti).
Nella comunità la giovane assume il nome di Suor Juana Inés de la Cruz (in italiano "Suor Giovanna della Croce") = e così inizia una nuova vita, quasi all'interno di una piccola città fatta tutta di donne visto che nel Convento trovano residenza sì cinquanta suore, ma che, in forza della presenza di serve e i sorelle laiche, il numero ascende a pressapoco duecento persone.
Giova dire che la scelta di Juana non è immotivata nemmeno sotto il lato esistenziale atteso che in "America" confronto che in tanti cenobi europei la vita è decisamente più comoda nei conventi anche femminili: le celle delle monache non sono angusti ripari ove meditare ma autentici appartamenti, anche disposti su due piani, costituiti da cucina, due o più camere da letto, salotto e bagno (addirittura dotato di impianto idraulico per l’acqua calda!).
Le restrizioni usuali nel Vecchio Continente paiono qui sconosciute: le sorelle di San Girolamo, violando apertamente il voto di povertà, ostentano beni personali, addirittura gioielli, possono lecitamente vendere e acquistare proprietà o effettuare investimenti per via di intermediazione.
Ed anche in merito alla vita di relazione la sostanza prende spesso il sopravvento sulla forma a differenza di quello che si può leggere in qualsiasi altro Regolamento per le Monache che sia dato di consultare come questo: di maniera che se la regola cenobitica inibisce l’uscita delle monache e l’ingresso di visitatori esterni, se non a particolarissime condizioni e previa la divisione della grata del parlatorio, tutto viene facilmente eluso nella generale tolleranza sì che in tale contesto l'Inferno Monacale della Tarabotti sembrerebbe un libro privo di significato.
Gli interessi "mondani" delle monache trovano la loro ratificazione sulla base San Girolamo era stato noto per le sue produzioni artistiche e culturali.
E così Juana può evolvere celermente il suo "salotto monacale" in un "cenacolo di varia cultura".
E' questo il periodo in cui la giovane suora intraprende una corposa corrispondenza epistolare con parecchi letterati sia in Spagna che in America Latina: di ciò si ha contezza da svariati testi, pur se non si è recuperata alcuna delle sue lettere.
Nel contempo il Marchese di Mancera e sua moglie vengono sostituiti nel 1672 pur soggiornando ancora per un biennio a Città del Messico.
La vita all'epoca è oscura e piena di imprevisti anche per i Potenti = il Viceré che li sostituisce muore solo quattro giorni dopo il suo insediamento e le sue veci vengono assunte da un sacerdote dell’aristocrazia spagnola, Fray Payo Enríquez de Rivera.
Per ben sette anni costui governa la vicereggenza ma per quanto non si tratti di un tempo limitato ben poco si sa a riguardo di tal periodo in merito a Suor Juana: svolge notoriamente la funzione di contabile e tesoriera del convento e indubbiamente dei suoi studi nulla è dato sapere, per quanto, vista la grande passione, è da supporre che giammai li abbia tralasciati.
Non è un buon periodo comunque per Juana: gran dolore le crea la morte della "divina Laura", nel viaggio di ritorno in Spagna, nelle vicinanze di Veracruz, nel 1674. E Juana scrive questi versi:
"Bello composto in Laura or
anima eterna, spirito glorioso,
perché lasciasti corpo sì vezzoso
e un’anima siffatta hai congedato?
.......
Vola, anima beata, con anelo
e, dal tuo ameno carcere slegata,
fra le porpore sue mutate in gelo,
sali a venir di stelle incoronata:
che è proprio necessario tutto il cielo
perché pari dimora ti sia data
".
Il 30 XI 1680 entra Città del Messico il nuovo Viceré, cugino di Fray Payo, Tomás Antonio de la Cerda, marchese de la Laguna, accompagnato dalla consorte María Luisa Manrique de Lara, contessa di Paredes.
Nel contesto di una Festa tipicamente barocca un arco di trionfo, come da tradizione, accoglie la coppia; fatto significativo è però che il disegno dell'arco è stato commissionato a Suor Juana: che ha finalizzato (con la scelta delle immagini dipinte) pure le opzioni architettoniche [con tutte le problematiche connesse alla le arti pittoriche, scultoree e figurative: al centro di un dibattito controriformista e misogino che ne giudica necessaria una costante moralizzazione]
ed i versi che ornano la struttura.
Il testo ideato da Juana si intitola Neptuno alegórico e raffigura il Viceré e sua moglie come Nettuno ed Anfitrite.
María Luisa - donna colta e di gran fascino- stando a quanto scritto da Suor Juana, viene conquistata dalla spettacolo per cui si spreca in lodi giungendo a difinire il tutto "transito ai giardini di Afrodite", "angelica forma", "cumulo di bellezze", "bùcchero di fragranze" e via discorrendo nella più pura tradizione del manierismo
Simpatia ed ammirazione bilateralmente coinvolgono, senza che debba nemmeno passare troppo tempo, Marìa Luisa e Juana ; l' amicizia diviene sempre più intima, ardente alla fine e si evolve in un'autentica storia d' amore.
L’anonimo curatore del primo volume pubblicato delle opere di Juana, la raccolta di poesie Inundación Castálida, più volte cerca di comunicare al lettore che l’amore fra le due donne non comporta, per suo giudizio, testimonianze di "indecenza" o "carnalità".
Ma la precisazione sa tanto di affettazione e di excusatio non petita: nella sua decettiva volontà di demotivare i sospetti, l'autore indirettamente ci informa che i versi , dedicati a María Luisa (mascherata sotto i nomi di Lysi e Filis), hanno già creato sospetti di sconvenienza per qualche contemporaneo.
"...
Ma a che serve proseguire?
Come te, Filis, io ti amo;
ché i tuoi meriti vedendo,
questo è l’unico tuo elogio.
Esser donna e starti assente
non impediscon di amarti
;
le anime, tu ben lo sai,
distanza ignorano e sesso
".
Comunque al momento le cose vanno al meglio: la Viceregina garantisce a Juana Inés guadagna, oltre ad un periodo di intensa felicità, anche una protezione non indifferente di modo che ai richiami (in effetti mai minacciosi) dei superiori ecclesiastici per la troppa dedizione agli studi a fronte dello scarso impegno nella missione religiosa, Juana è ora in grado di ribadire senza nemmeno doversi troppo preoccupare per i toni.
María Luisa oltre a garantirle una sorta di immunità anche cura di far circolare le produzioni artistiche di Juana, permettendone altresì la conservazione si all'oggi: Inundación Castálida, il testo teatrale El Divino Narciso [con tutte le problematiche connesse alla vita del Teatro (vedi qui opere digitalizzate) che a prescindere dai grandi risultati artistici ottenuti risulta al centro di un formidabile dibattito controriformista e misogino che ne giudica necessaria una sua costante moralizzazione (vedi qui opere digitalizzate)], il poemetto Primero sueño vengono infatti editati fra il 1689 e il 1690 a spese della contessa di Paredes autentica "Mecenate di Juana"
E' questo un sentito riconoscimento al talento Juana che, dal 1688, María Luisa ha lasciata, essendo scaduto il mandato di vicereggenza.
Il suo primo volume di versi, intitolato come detto Inundación Castálida appare nel 1689; tre anni dopo seguirono il secondo volume e un terzo viene pubblicato postumo nel 1700. Scrive anche opere di teatro: due commedie di intreccio Los empeños de una casa e Amor es más laberinto, entrambe considerate tra le migliori dell'arte drammatica ispano-americana del XVII secolo [con tutte le problematiche connesse alla vita del Teatro (vedi qui opere digitalizzate) che a prescindere dai grandi risultati artistici ottenuti risulta al centro di un formidabile dibattito controriformista e misogino che ne giudica necessaria una sua costante moralizzazione (vedi qui opere digitalizzate)].
E' un'autrice che esprime liberamente i suoi pensieri senza ricorrere all'espediente di scrivere in maschera cioè sotto pseudonimo: non per tutti gli scritti avrebbe bisogno di celare lasua identità -o comunque di lasciarla trapelare- ma specie laddove maggiormente si espone a pro delle donne il rischio aumente specie essendo Lei una religiosa.
Produce quattro autos sacramentales, cioè brevi rappresentazioni cantate per la liturgia. Di questi il più conosciuto é appunto El Divino Narciso del 1690. Restano altresì opere in prosa sotto forma di lettere mistiche.
La letteratura della Cruz è incentrata su una piena libertà di vedute e di idee, basti pensare al poema Redondillas in cui nel difendere i diritti delle donne affronta pure il diritto all'istruzione paritetica rispetto ai maschi senza dimensionamenti che ne limitino la formazione ad una spicciola cultura di economia domestica = oppure è fattibile meditare su Hombres necios, nel quale invece critica l'ecceso di sessismo della società del suo tempo e le contraddizioni etiche, morali e comportamentali dei suoi contemporanei [ nel 1696 un poeta sardo Josè Zatrilla pubblicò a Barcellona un'opera in versi (Poema heroico) in castigliano, in cui suor Juana viene esaltata come musa ispiratrice = in epoca recente lo scrittore Octavio Paz ha dedicato il libro intitolato Sor Juana: Or, the Traps of Faith alla Cruz, focalizzando gli articolati equilibrismi svolti da Suor Juana per districarsi tra il messaggio ed il pensiero cristiano, il rigido magistero della chiesa e il suo anelito di libertà intellettuale].
Sono opere importanti, nobili e coraggiose ma sono opere la cui immediata attribuzione senza anonimato e scelte criptiche non può mancare di suscitare polemiche e critiche immediate; del resto Juana ha scelto, da figura eccezionale qual è la chiarezza e quindi la scomodità per chi crede in valori diversi e retrivi, ed in questo si coniuga nel coraggio e nelle scelte a due donne lontane da lei solo nello spazio Suor Arcangela Tarabotti e Maria Cristina di Svezia.
Proprio mentre la fama di Juana si espande, superando le frontiere del Messico e riscuotendo ammirazione in Spagna, ella deve far fronte a un nemico di non poco conto, vale a dire l’arcivescovo di Città del Messico, Francisco Aguiar y Seijas.
Costui risponde infatti proprio alle caratteristiche del misogino ed antifemminista estremo cui la Tarabotti decenni prima rivolse le sue accuse: per lui il fatto che una donna e nella fattispecie una religiosa, possa esser reputata una intellettuale risulta in se stesso un'offesa ai valori in cui crede, ma quello che gli risulta insopportabile è che una monaca componga canzoni per balli, versi d’amore e testi di teatro [con tutte le problematiche connesse alla vita del Teatro (vedi qui opere digitalizzate) che a prescindere dai grandi risultati artistici ottenuti risulta al centro di un formidabile dibattito controriformista e misogino che ne giudica necessaria una sua costante moralizzazione (vedi qui opere digitalizzate) = e la cosa che può sembrare sorprendente se non incredibile è che, seppur con proporzioni molti più serie per la Suora messicana, Juana si trova coinvolta in problematiche con la Chiesa o meglio con un altissimo prelato al pari di Maria Cristina di Svezia (nei riguardi di Innocenzo XI) proprio per le discussioni in merito al Teatro di per sé segno indubbio, anzi cartina tornasole che le "Rappresentazioni Sceniche" non comportavano riflessioni di per se stesse ma semmai estese al tema sociale più ampio della liceità o meno delle donne di proporsi come soggetti attivi e non solo passivi: interpreti nelle scene e quindi -per conseguenza- pure nella "Vita" di cui il "Teatro" è finzione/riproduzione]
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Oltretutto l'Arcivescovo si ritiene personalmente offeso da un evento casuale, cioè la simultaneità del suo ingresso in città e la rappresentazione pubblica di una commedia di Juana, Los empeños de una casa [con tutte le problematiche connesse alla vita del Teatro (vedi qui opere digitalizzate) che a prescindere dai grandi risultati artistici ottenuti risulta al centro di un formidabile dibattito controriformista e misogino che ne giudica necessaria una sua costante moralizzazione (vedi qui opere digitalizzate)].
Per anni, l’arcivescovo cova rancore e alla fine odio verso Juana: e le indirizza, tramite intermediari, ammonimenti vari onde lasciare gli studi, anche se la nomea di Juana e la consapevolezza del legame della monaca con le due viceregine funge da armotizzatore contro la sua ira.
Però nel 1690 un errore di valutazione se non più probabilmente il tradimento di un amico danno il destro a Francisco Aguar y Seijas per finalizzare la sua sorda lotta avverso Juana
In tale anno vede la luce dalle stampe un opuscolo intitolato Carta atenagórica de la madre Juana Inés de la Cruz opera teologica che in sostanza è una critica decisa ad un celebre sermone
gesuita dell’epoca e quindi alla corrente spirituale ma anche di giudizio in cui l’arcivescovo si identifica.
Il testo, in forma di lettera, risulta rivolto a tale "Suor Filotea del convento della Santissima Trinità di Puebla", ma lo pseudonimo maschera (e nemmeno tanto) il vescovo Manuel Fernández de Santa Cruz, amico di Juana e da anni in lotta di potere con l’Arcivescovo.
Manuel Fernández pubblica il testo come aggressione intellettuale al suo nemico di sempre, ma - come suggerisce l'affettazione- si cura della difesa nel contesto di un plausibile contraddittorio e quindi vi inserisce uno scritto volto a Suor Juana, nel quale le si consiglia di volgersi alle cose sacre tralasciando polemiche e opere letterararie: oltre a ciò si cura di contrastareno alcune affermazioni contenute nel testo stesso.
La pubblicazione scatena lo scandalo: vedono presto la luce elogi a stampa del sermone criticato da Suor Juana e ancora nel 1731 il caso è dibattuto a Madrid con la pubblicazione di opere contrarie o favorevoli alla monaca.
Juana fa seguire dato il clamore suscitato una sua Respuesta a Sor Filotea il 1° marzo 1691: e probabilmente sceglie la strada più sbagliata dal punto di vista diplomatico quanto la più radiosa per sincerità e spontaneità sviluppando con passione ed energia una difesa della propria carriera intellettuale e pronunciandosi apertamente per il diritto delle donne alla conoscenza e agli studi.
Juana o meglio Suor Juana Inés de la Cruz così oprando onora il suo sesso ma proprio per la sua onestà intellettuale si attira vieppiù le inimicizie di una misoginia e di una sessuofobia sempre vive [e non pare un caso a dimostrazione di una "querelle" delicata e in potenza compromettente ancora dopo parecchi anni che persino uno spirito illuminato come Padre B. G. Feijoo nel suo settecentesco Teatro Critico Universale laddove nel Ragionamento XVI = Difesa delle Donne propone anche una rivalutazione e rivisitazione delle letterate su scala planetaria parlando di "Juana" -che nella tradizione italiana diviene "Giovanna Agnese della Croce"- organizza (pag. 217, col. I, par.CXV) contro le sue consuetudini un discorso ambiguo in cui si risentono gli echi della polemica religiosa che risulta radice strutturale delle sfortune di Juana verso la fine della sua vita di suora e di intellettuale]
Il "Nuovo Mondo" non è pronto ad affrontare "lotte che hanno già insanguinata l'Europa" Juana come donna e come suora lottaò per non soccombervi e nemmeno si piega.
Ma col tempo, come era stato anche per Arcangela Tarabotti, non regge all'isolamento e alle pressioni, altresì sconfortata dal dilagare di imprevisti disordini civili, rivolte e lotte per il pane.
Dopo una lunga confessione in cui ammette di aver "vissuto nella religione senza religione", ella consegna all’Arcivescovo la sua biblioteca, gli strumenti scientifici [con tutte le problematiche connesse alla discussione tra "Scienza Aristotelica" e "Scienza Nuova" e alla postazione in merito ai "Massimi Sistemi" tra i seguaci di Tolomeo e i fautori di Copernico e Galileo]
e musicali, i doni ricevuti sottoponendosi a varie forme di penitenza.
Ogni cosa viene venduta dall'Arcivescovo sotto la dicitura di voler far di tutto beneficenza = oltre a ciò confisca i fondi del convento che Juana amministra compresa anche una parte di denaro di proprietà della Suora.
Nell’anno seguente, Juana firma con il proprio sangue una completa rinuncia agli studi: un'umiliazione estrema in cui non è da celare qualche possibile strategia difensiva pur di non doversi confrontare con la temibile accusa di disobbedienza ai superiori compresa quella, ancor più terrifica, di eresia.
Juana, oramai vinta sia nello spirito che nella carne, muore infatti di peste il 17 aprile 1695 dopo aver dato tutto di se stessa impegnandosi nelle cure alle altre monache colpite dal morbo.
Poco si sa invece a riguardo della data di morte di María Luisa, in linea di massima coetanea di Juana; qualcuno ipotizza che sia scomparsa nel 1696 altri ritengono sia morta in esilio, in seguito agli eventi della guerra di successione in Spagna, nel 1721.
L’ultimo scritto della poetessa è una richiesta di perdono alle consorelle, scritta non molto prima della sua fine terrena sul "libro delle professioni di fede" del convento, da Juana firmata in questo modo: "Yo, la Peor de Todas", ovvero "Io, la peggiore di tutte".
Peggiore per le dinamiche maschiliste del tempo non certo per le idee o per le passioni mondane, non nascoste ma espresse nella solarità dell'anima....in fondo diciamo ora, se Juana avesse avuto modo di leggere e soprattutto conoscere Arcangela Tarabotti avrebbe inteso due cose fondamentali: come il loro antimaschilismo fosse giustificato per vari aspetti e in che modo le due donne si incontrassero intellettualmente sul piano di quella necessità di riconoscere alle Donne il basilare diritto di difendersi contro l'arroganza degli uomini
... ed al proposito si noti come, con certe postulazioni di Arcangela Tarabotti della Semplicità Ingannata, si incontrino spiritualmente e culturalmente questi appassionati versi di Suor Juana:
"Stolti uomini che accusate
la donna senza ragione,
ignari di esser cagione
delle colpe che le date;

(...)
Io molti argomenti fondo
contro le vostre arroganze,
ché unite in promessa e istanze
l’inferno, la carne e il mondo
".
Le notizie son state attinte dal lavoro, che giudico fondamentale, di Maria G. Di Rienzo "Suor Juana Inés de la Cruz (1648/51-1695): il sogno infranto, in "Babilonia", n. 172, dicembre 1998, pp. 38-41
Possono contribuire ad ulteriori nozioni le importanti pubblicazioni di:
Dario Puccini, Sor Juana Inés de la Cruz. Studio d’una personalità del Barocco Messicano, Ed. dell’Ateneo, Roma 1967; Octavio Paz, Suor Juana Inès de la Cruz o le insidie della fede, Garzanti, Milano 1992.