INFORMATIZZAZ. B. E. DURANTE

Sant'Alessandro Sauli
Vescovo del XVI secolo
Alessandro Sauli, nato a Milano da famiglia genovese, entrò tra i Barnabiti a diciassett'anni, nel 1551. Come prova gli era stato imposto di predicare sulla piazza del mercato: il successo della predicazione fu consolante, e il giovane venne accolto nella nuova Congregazione. Tra i Barnabiti, Alessandro Sauli innestò alla sua già larga cultura umanistica una solida cultura teologica. La sua mente era così aperta e al tempo stesso tenace che imparò a memoria tutta la Somma teologica di San Tommaso! La cultura non lo rese vano, né lo distolse dagli uffici più umili. Con una mano suonava la campana, e con l'altra reggeva il libro che leggeva avidamente. A ventinove anni, insegnava già filosofia e teologia a Pavia, e contemporaneamente faceva il sagrestano. Predicatore acclamato, sceso dal pergamo, rigovernava i piatti in cucina. Soltanto durante la Messa, si teneva accanto un confratello, che doveva ricordargli a che punto fosse. Non si trattava però di distrazioni, ma di rapimenti estatici. Tornato a Milano, superiore nel Collegio di San Barnaba, veniva ricercato quasi ogni giorno da San Carlo Borromeo, per " prudenti consigli ".
Nel 1570 fu eletto Vescovo di Aleria, nell'isola di Corsica, a quel tempo sotto la " dominante " Genova, e considerata un semplice pontile di sbarco, una pedina strategica in mezzo al Tirreno.
Nell'isola selvaggia e poverissima, invasa dalla malaria, mancava tutto " Ma almeno Dio -disse il Vescovo Santo- non ci mancherà ". Le condizioni dell'isola erano veramente disastrose, dal lato sociale e da quello religioso. La popolazione, abbandonata, mangiava " pan di erba "; lungo le coste, mieteva la malaria; sui monti terrorizzava il brigantaggio. Ovunque vigeva l'atavica legge della vendetta.
All'occorrenza, anche preti e frati tiravano fuori il pugnale, per fare la loro brava vendetta, difesi poi da tutto il popolo se il Vescovo intendeva punirli.
Per venti anni, il Vescovo Alessandro Sauli lottò contro la miseria, l'ignoranza, l'abbrutimento e l'abbandono, felice di essere pastore di un gregge così bisognoso. " Bisogna servire Dio dov'egli vuole ", diceva. Ed egli lo serviva sfamando i poveri, curando gli ammalati, insegnando agli ignoranti, costruendo nuove chiese, istruendo futuri sacerdoti.
Ogni tanto correva a Roma, per chiedere aiuti. Una volta che s'era imbarcato, seppe di una carestia più grave del solito, abbattutasi sull'isola. Vendé tutto e tornò indietro, per distribuire il ricavato ai più bisognosi.
La fama del Vescovo Santo giunse a Genova, che lo richiese al Papa per una diocesi della Repubblica. A viva forza fu strappato dal suo calvario corso e nominato Vescovo di Pavia. Conduceva vita di estrema austerità, privandosi di tutto, secondo l'ideale barnabita, e non rifiutando nessuna fatica. Morì a Calosso, in provincia di Asti, nel 1592. Non aveva che cinquantotto anni, ma la sua opera apostolica pareva che fosse durata il doppio. Le sue ultime parole furono " Aspetto fino a che mi venga dato il cambio ".
(Piero Bargellini, Mille Santi del giorno, Vallecchi editore, 1977)