Informaztizzazione a c. di B. E. Durante

Huig van Groot (Grozio) (1583-1645)
Van Groot nacque a Delft in Olanda il 10 aprile 1583. Fin dall'inizio dei suoi studi seguì una ragionevole linea erasmiana, in continuità con la tradizione politica aristotelica.
Nel 1619 fu condannato all'ergastolo dalla chiesa calvinista per aver aderito e difeso le posizioni del teologo Arminius, il quale aveva cercato di temperare la dottrina della predestinazione e salvare in qualche modo la libertà e la responsabilità umana. Liberato dal carcere nel 1630 (ma secondo altre versioni, molti anni prima, per merito di un'iniziativa dalla moglie), Groot viaggiò a Parigi, Amburgo e Stoccolma, dove il re Gustavo Adolfo lo nominò ambasciatore di Svezia a Parigi.
Groot tentò di operare un riavvicinamento delle varie chiese cristiane scrivendo diverse opere di contenuto teologico, tra cui il De Veritate religionis christianae del 1627. In esso cercava di evidenziare che ciò che è comune ai credenti ha molta più importanza di ciò che divide, ma la sua rimase una voce nel deserto.
La sua opera fondamentale rimane, tuttavia, il De jure belli ac pacis del 1625.
Secondo Groot, ciò che è naturale è anche razionale; in fondo la natura è la vera ragione dell'uomo. La tesi è tratta dall'antica dottrina stoica, ma il nostro sembra quasi rigenerarla nella modernità del suo pensiero, una modernità espressa nella dottrina dello stato svincolata da ogni fondamento teologico.
Secondo Groot, il diritto naturale è comune a tutti i popoli proprio perché si fonda sulla natura umana. E' questa che spinge gli individui ad unirsi ed a obbedire ad alcune norme fondamentali, quali il rispetto della vita e dei beni altrui, il restituire i debiti, il mantenere i patti, il risarcire i danni. Siccome la natura è opera di Dio, il diritto naturale è, e non può non essere, conforme alla volontà divina. Tuttavia, il dato fondamentale, per Groot, è che il diritto si fonda sulla natura umana, che tutti riconoscono, e non sulla Parola di Dio, che non tutti i popoli conoscono.
Da qui la celebre affermazione che fece scandalo: il diritto naturale sarebbe valido e rispettato "anche se Dio non esistesse" ( etsi Deus non daretur ).
Groot si permise di aggiungere che nemmeno Dio potrebbe cambiare il diritto naturale, avendo egli creato la natura umana come immutabile.
Dal diritto naturale derivano sia il diritto civile, cioè le leggi di ogni stato, sia qualcosa di ancora più importante (dati i tempi): il diritto delle genti.
E' evidente che a questo punto Groot afferma un principio universale molto importante, asserendo che esiste un diritto internazionale (come diremmo noi oggi) non ancora scritto e codificato, che tuttavia dovrebbe essere rispettato da tutti gli stati.
Tale diritto delle genti dovrebbe avere validità sia in pace che in guerra, e persino stabilire quando una guerra dovrebbe essere fatta, perché "giusta", particolarmente giusta perché mossa in difesa del diritto stesso. Il ragionamento sulla guerra porta Groot ad una catalogazione che distingue tre tipi di guerra: pubblica, privata, mista. La guerra pubblica è quella condotta dal governo. Quella privata è quella condotta da chiunque non sia investito da un potere sovrano; quella mista vede contrapposti un governo ed un privato privo di sovranità.
Anche Groot, come Althaus, conviene che la summa potestatis civilis sia in qualche modo poggiante su una volontà popolare. Ma, dato questo assunto generico, Groot avanzò riserve e distinguo sul diritto del popolo a deporre sovrani dispotici o governi incapaci. Di fatto, restrinse la casistica a momenti estremi del tutto eccezionali, consapevole, forse, della potenzialità estremistica ed eversiva, in una parola demagogica, insita nelle affermazioni di Althaus.