Informatizzazione a c. di B. Durante

RITRATTO DI ULISSE ALDROVANDI (1522 - 1605)
"Iniziato verso la metà del XVI secolo, l'allestimento del MUSEO (o "teatro", o "microcosmo di natura") assorbì buona parte delle energie di ULISSE ALDROVANDI.
La grande impresa di catalogazione della realtà naturale, la verifica continua e minuziosa delle descrizioni della stessa fornite dagli autori antichi, presupponevano la visione diretta - "co' proprii occhi" - delle "cose di natura".
Ma quello che si apriva dinanzi allo studioso della seconda metà del Cinquecento era un mondo decisamente più vasto e più vario rispetto a quello degli antichi.
Le scoperte geografiche andavano rivelando realtà naturali del tutto nuove delle quali era ovviamente impossibile avere una completa conoscenza diretta. Così, non potendo "andare in tutti e luoghi", Aldrovandi puntò sul trasferimento e la ricostituzione della realtà naturale di ogni terra lontana o vicina all'interno delle sue mura domestiche. Sul finire della propria esistenza poteva dichiarare con orgoglio di possedere 18.000 "diversità di cose naturali" e 7000 "piante essiccate in quindici volumi". Aldrovandi dispose per testamento che il museo e l'intero patrimonio scientifico che aveva accumulato nel corso della propria vita andassero in eredità al Senato di Bologna affinché "tante sue fatiche seguissero dopo la sua morte in onore et utile della città". Era l'ulteriore testimonianza della dimensione pubblica che aveva costantemente dato alla propria attività scientifica: pubblica perché finalizzata "a Utile e beneficio de l'huomo" e perché costruita e alimentata con il sostegno e la collaborazione di numerosi studiosi di tutta l'Europa. Nel 1617 il museo ricevette quindi collocazione in sei stanze del Palazzo Pubblico ove rimase fino al 1742, quando ne venne disposto il trasferimento nei locali dell'Istituto delle Scienze di Palazzo Poggi .
Nel corso dell'Ottocento la collezione fu in gran parte smembrata e distribuita tra musei e biblioteche non solo cittadini.
Nel 1907 il Comitato promotore delle onoranze per il terzo centenario della morte di Aldrovandi provò a restituire unità a una pur piccola parte del Museo riunendo in un unico ambiente, quello attuale, reperti naturalistici, manoscritti, attualmente conservati nella Biblioteca Universitaria di Bologna, acquerelli, disegni, matrici xilografiche.
Del museo erano parte integrante i 17 volumi che raccoglievano migliaia di raffigurazioni di animali, piante, minerali, e mostri (parzialmente esposti nelle vetrine orizzontali) e i 14 armadi, le Pinachoteche, contenenti le matrici xilografiche (in mostra nelle scansie superiori) tratte da parte di tali raffigurazioni. Una completa e ordinata raccolta di animali, piante e minerali, costituita da pezzi reali o da una loro raffigurazione (parzialmente esposta nelle 8 teche), era per Aldrovandi uno strumento indispensabile nella sua attività di ricerca e di insegnamento presso l'Università. Impegnato, con un metodo di ricerca principalmente fondato sull'uso degli "occhi corporei", a correggere i "migliaia di errori" che avevano fino ad allora caratterizzato la conoscenza delle piante, degli animali e dei minerali, Aldrovandi affidò alle figure un ruolo assolutamente centrale nell'ambito della ricerca: esse servivano a mostrare le "cose di natura" nella loro interezza e nel loro stato ottimale e conferivano così ai reperti conservati nel Museo piena validità scientifica.
Inoltre quelle stesse figure che, eseguite a tempera o all'acquerello su foglio da una serie di artisti tra i quali Jacopo Ligozzi (1547-1627), Giovanni Neri, Cornelio Schwindt, permettevano ad Aldrovandi di vedere tutta la realtà naturale, riprodotte con la tecnica xilografica nei volumi a stampa (grazie soprattutto all'opera dell'incisore Cristoforo Coriolano), riuscivano nell'intento di 'far vedere' tale realtà a tutti i lettori e di fornire, traducendo le parole in cose, una compiuta dimostrazione di quanto esposto nel testo scritto".