SENATUS CONSULTUM DE BACCANALIBUS Francavilla sorse tra il 1000 ed 1100 .
(1) [Q(uintus)] Marcius L(uci) f(ilius), S(purius) Postumius L(uci) f(ilius) co(n)s(ules) senatum consoluerunt n(onis) Octob(ribus), apud aedem (2) Duelonai. Sc(ribundo) arf(uerunt) M(arcus) Claudi(us) M(arci) f(ilius), L(ucius) Valeri(us) P(ubli) f(ilius), Q(uintus) Minuci(us) C(ai) f(ilius)
De Bacanalibus quei foideratei (3) esent, ita exdeicendum censuere:
"Neiquis eorum [B]acanal habuise velet. seiques (4) esent, quei sibei deicerent necesus ese Bacanal habere, eeis utei ad pr(aitorem) urbanum (5) Romam venirent, deque eeis rebus, ubei eorum v[e]r[b]a audita esent, utei senatus (6) noster decerneret, dum ne minus senator[i]bus C adesent, [quom e]a res cosoleretur. (7) Bacas vir nequis adiese velet ceivis Romanus neve nominus Latini neve socium (8) quisquam, nisei pr(aitorem) urbanum adiesent, isque [d]e senatuos sententiad, dum ne (9) minus senatoribus C adesent, quom ea res cosoleretur, iousisent.
Ce[n]suere.
(10)| sacerdos nequis uir eset. Magister neque uir neque mulier quisquam eset. (11) neve pecuniam quisquam eorum comoine[m h]abuise velet. Neve magistratum, (12) neve pro magistratu[d], neque virum [neque mul]ierem qui[s]quam fecise velet. (13) Neve post hac inter sed conioura[se nev]e comvovise neve conspondise (14) neve conpromesise velet, neve quisquam fidem inter sed dedise velet. (15) Sacra in [o]quoltod ne quisquam fecise velet. Neve in poplicod neve in (16) preivatod neve exstrad urbem sacra quisquam fecise velet, nisei (17) pr(aitorem) urbanum adieset, isque de senatuos sententiad, dum ne minus (18) senatoribus C adesent, quom ea res cosoleretur, iousisent.
Censuere.
(19) Homines plous V oinvorsei virei atque mulieres sacra ne quisquam (20) fecise velet, neve inter ibei virei plous duobus, mulieribus plous tribus (21) arfuise velent, nisei de pr(aitoris) urbani senatuosque sententiad, utei suprad (22) scriptum est."
Haice utei in coventionid exdeicatis ne minus trinum (23) noundinum, senatuosque sententiam utei scientes esetis, eorum (24) sententia ita fuit: "Sei ques esent, quei arvorsum ead fecisent, quam suprad (25) scriptum est, eeis rem caputalem faciendam censuere". atque utei (26) hoce in tabolam ahenam inceideretis, ita senatus aiquom censuit, (27) uteique eam figier ioubeatis, ubei facilumed gnoscier potisit. Atque (28) utei ea Bacanalia, sei qua sunt, exstrad quam sei quid ibei sacri est, (29) ita utei suprad scriptum est, in diebus X, quibus vobeis tabelai datai (30) erunt, faciatis utei dismota sient.
In agro Teurano.
SENATUS CONSULTUM DE BACCANALIBUS
(1) Q. Marcius Luci filius, Spurius Postumius Luci filius consules senatum consuluerunt Nonis Octobribus apud aedem (2) Bellonae. Scribendo adfuerunt M. Claudius Marci filius, L. Valerius Publi filius, Q. Minucius Gai filius.
De Bacchanalibus, qui foederati (3) essent, ita edicendum censuere:
"Ne quis eorum Bacchanal habuisse vellet. Si qui (4) essent, qui sibi dicerent necesse esse Bacchanal habere, ei ut ad praetorem urbanum (5) Romam venirent, deque eis rebus, ubi eorum verba audita essent, ut senatus (6) noster decerneret, dum ne minus senatoribus centum adessent, cum ea res consuleretur. (7) Bacchas vir ne quis adisse vellet civis Romanus neve nominis Latini neve sociorum (8) quisquam, nisi praetorem urbanum adissent, isque de senatus sententia, dum ne (9) minus senatoribus centum adessent, cum ea res consuleretur, iussissent.
Censuere.
(10) Sacerdos ne quis vir esset. magister neque vir neque mulier quisquam esset. (11) Neve pecuniam quisquam eorum communem habuisse vellet. Neve magistratum (12) neve pro magistratu neque virum neque mulierem quisquam fecisse vellet. (13) Neve posthac inter se coniurasse neve convovisse neve conspondisse (14) neve compromisisse vellet, neve quisquam fidem inter se dedisse vellet. (15) Sacra in occulto ne quisquam fecisse vellet. Neve in publico neve in (16) privato neve extra urbem sacra quisquam fecisse vellet, nisi (17) praetorem urbanum adisset isque de senatus sententia, dum ne minus (18) senatoribus centum adessent, cum ea res consuleretur, iussissent.
Censuere.
(19) Homines plus quinque universi, viri atque mulieres, sacra ne quisquam (20) fecisse vellet, neve interibi viri plus duobus, mulieribus plus tribus (21) adfuisse vellent, nisi de praetoris urbani senatusque sententia, ut supra (22) scriptum est."
Haec ut in contione edicatis ne minus trinum (23) nundinum, senatusque sententiam ut scientes essetis, eorum (24) sententia ita fuit: "Si qui essent, qui adversum ea fecissent, quam supra (25) scriptum est, eis rem capitalem faciendam censuere"; atque ut (26) hoc in tabulam aeneam incideretis, ita senatus aequum censuit, (27) utque eam figi iubeatis, ubi facillime nosci possit. Atque (28) ut ea Bacchanalia, si qua sunt, extra quam si quid ibi sacri est, (29) ita ut supra scriptum est, in diebus decem, quibus vobis tabellae datae (30) erunt, faciatis, ut dimota sint.
Traduzione:
Quinto Marzio (figlio di Lucio) e Spurio Postumio (figlio di Lucio) consoli, il 7 ottobre, hanno consultato il Senato nel tempio di Bellona.
Hanno assistito, alla redazione (del senatoconsulto) Marco Claudio (figlio di Marco), Lucio Valerio (figlio di Publio), Quinto Minucio (figlio di Caio).
Hanno ritenuto opportuno di ordinare agli alleati quanto segue riguardo ai baccanali.
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Nessuno di loro voglia avere un baccanale. Se vi sono di quelli che dicono che per loro è necessario avere un baccanale, vengano a Roma dal Pretore urbano e, una volta ascoltate le loro parole, decida, intorno a queste cose, il nostro Senato, purché mentre si discute di ciò siano presenti non meno di cento senatori.
Nessun uomo, cittadino romano o latino, né alcun alleato voglia accostarsi alle Baccanti se non andrà dal Pretore urbano il quale delibererà secondo la sentenza del Senato, purché siano presenti non meno di cento senatori, mentre si discute di ciò.
(Hanno decretato)
Nessun uomo sia sacerdote. Nessun uomo né donna sia capo dei sacrifici. Né alcuno di loro voglia avere in comune denaro e nessuno voglia nominare uomo o donna magistrato.
Né oltre a ciò, vogliano vincolarsi con giuramento, voto, promessa o obblighi né vogliano promettersi aiuto reciproco.
Nessuno voglia celebrare riti sacri in segreto; nessuno voglia celebrare riti sacri in pubblico o in privato, né fuori la città se non andrà dal Pretore urbano il quale delibererà secondo la sentenza del Senato, purché mentre si discute di ciò siano presenti cento senatori.
(Hanno decretato)
Nessuno voglia celebrare riti sacri ai quali assistano più di cinque persone, due maschi e tre femmine, se non dietro deliberazioni del Pretore urbano e del Senato, come é stato scritto sopra.
Il Senato, ha ritenuto opportuno che annunziate queste cose in assemblea nel termine di ventiquattro giorni, che siate a conoscenza della sua deliberazione: se vi saranno di quelli che agiranno in modo contrario a quanto è stato scritto sopra, è stata decretata per loro la pena di morte, che incidiate ciò su una tavola di bronzo da far affiggere dove possa essere facilmente conosciuta e che così come è stato scritto, nel termine di dieci giorni, da quando vi avrà consegnata la lettera, siano distrutti nell'agro Teurano i Baccanali, se ve ne è alcuno, eccetto il caso in cui vi sia qualcosa di sacro.
(Tradotta dal Prof. Puccio Giuseppe il 9 novembre 1969 a cura del comune di Tiriolo)
I primi dati storici sicuri sono strettamente legati alla figura di San Cremete , un eremita che, durante la dominazione araba, viveva sulla piattaforma rocciosa nella zona chiamata Placa, quella comunemente nota come "A Badiazza" e che si trova nei pressi del bivio Novara - Moio.
Quando il conte Ruggero d'Altavilla passò in questa zona con il suo seguito, Cremete gli chiese un aiuto per costruire un Monastero sulla rocca dove egli conduceva la sua vita solitaria. Il Conte Ruggero acconsentì e tra il 1090 ed il 1100 fu ultimato il Monastero di S. Salvatore di Placa dove si stabilirono i monaci dell'ordine Basiliano .
Il Monastero fiorì a lungo, risultando ben noto anche ad Angelico Aprosio che ne fa cenno nelle sue opere.
La catastrofe seguita al terremoto del 1693 che sconvolse paesi e città della Sicilia Orientale, determinò fra l'altro la completa distruzione dell'antico Monastero Basiliano.
Dopo un peregrinare di quasi trent'anni dalla catastrofe tra le comunità di Francavilla prima, e di Castiglione poi, su consiglio delle monache Benedettine di Randazzo di cui era confessore straordinario, l'allora Abate Padre Gregorio Sanfilippo, decise di trasferire la sua comunità in tale città, dove acquistato il terreno in località " Rocca " su una collina a mezzogiorno dell'abitato entro le mura di cinta, iniziò la costruzione del Monastero e della relativa Chiesa.
La costruzione del nuovo complesso monastico ebbe inizio nell'anno 1760 su progetto del grande architetto catanese G. B. Vaccarini, che era fra l'altro Abate commendatario del Monastero
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La lapide collocata sulla porta centrale della Chiesa ricorda tale avvenimento e l'anno di inizio dei lavori che si protrassero per oltre un sessantennio.
Intorno ad esso si formeranno poi degli agglomerati di case. In un primo momento si trattava solo di insediamenti di gruppi di contadini che lavoravano per i monaci in quanto, si racconta che Ruggero avesse stabilito che fossero proprietà del Convento tutte le terre che si vedevano dall'altura su cui esso era posto.
Ritornando a parlare del monastero originario occorre che su una collina distante 3 Km in linea d'aria dalla zona Placa, fu costruito in posizione strategica il Castello Feudale, in modo che costituisse un punto di riferimento e di salvezza per la popolazione.
Si suppone che la costruzione del castello sia avvenuta tra il 1120 ed il 1180 , in quanto alcuni storici lo fanno risalire al tempo di Guglielmo I D'Altavilla "il Malo" (1120 - 1166 ); per altri invece esso venne edificato sotto il regno di Guglielmo II detto il "Buono" (1153 - 1189 ), figlio del precedente.
Oggi l'antico Castello feudale è ridotto ad un cumulo di macerie.
Le pietre sono saldate con calce malfitana molto usata dagli antichi e di cui esiste ancora una cava nel territorio di Francavilla.
Dal lato est, i ruderi sono rappresentati da grosse ed alte mura, che svettano monumentali sul ciglione sovrastante la ripida parete del colle. Resta inoltre la saldatura muraria tra la linea del ciglione e l'alta muratura.
Tra i ruderi della divisione interna, in un cortile, si trovano gli avanzi di una grande cisterna che doveva essere di primaria utilità per i presidiatori del luogo.