E' ormai ben noto che i Bizantini opposero una notevole resistenza agli ultimi invasori, servendosi sia della loro forte flotta da guerra sia di un complesso sistema di BARRIERE MILITARI erette attraverso mOlti anni a tutela della costa ligure, cioè dell'ultimo territorio nord-italico destinato a restare in loro possesso col nome di "Liguria Maritima".
Ed allora, a fronte della varietà di informazioni sul periodo bizantino per l'area di PORTO MAURIZIO (ONEGLIA) ed a fronte della citata penuria di dati sulla romanità del sito, si può contestare la CARTA IMPERIALE, teoricamente del IV secolo, che attribuiva un approdo al PORTO MAURIZIO.
L'Itinerario Marittimo, unico di fronte agli altri repertori cartografici imperiali, non indicò il Lucus Bormani ma il PORTUS MAURICII; questo documento cartografico segnava espressamente per i marinai gli scali portuali, con relative distanze "... Albingaunum portus . . . portus Maurici . . . Tabia fluvius (XII) ... Vintimilio plagia (XVI) ... "("It. Marit." p. 502): proprio questo discusso documento rappresenta un punto fisso da cui far partire varie discussioni sull'ORIGINE DI "PORTO MAURIZIO".
E' quindi fattibile ritenere sulla scorta di Nino Lamboglia (per quanto contestato dal Molle a p.44 della sua "Storia di Oneglia") che quel documento del IV secolo (propriamente l'"Itinerario Marittimo") sia stato manipolato nel VII secolo per soddisfare le esigenze nuove dei BIZANTINI bisognosi di una cartografia stradale e di portolani aggiornati.
Se ancora col Lamboglia si accetta il principio che il luogo abbia preso nome dall'imperatore bizantino MAURICIUS (TIBERIUS) si possono intendere svariati segnali topografici e storici, altrimenti indecifrabili attribuendo -come fatto da alcuni tuttora e storicamente fatto quasi ovvio- la paternità del toponimo al patrono della città, appunto S.MAURIZIO.
L'IMPERATORE MAURIZIO, nel difficile tentativo di continuare i buoni rapporti dei suoi predecessori con la Chiesa, non cessò di favorire l'attività missionaria verso quei reparti militari di Longobardi che, defezionando, passavano tra le fila bizantine abiurando dall'arianesimo e optando per il culto cristiano tenacemente sostenuto dalla corte di Bisanzio.
Dopo l'occupazione longobarda (589) da parte di Autari dell'isola di Comacina, nel ramo occidentale del lago di Como, e della fortezza di Crisopoli nella stessa isola, la Liguria bizantina finì per identificarsi con la piccola regione odierna e le sue città principali erano "Vintimilium", la "civitas Varicottis", "Vadum", la "civitas di Soana" (Savona), la capitale "Genova marittima" e a levante "Portus Veneris (Portovenere).
Essa faceva ormai parte dei sette grandi governatorati in cui era stata divisa dai Bizantini la PROVINCIA D'ITALIA: a capo di ognuno di essi stava un "Duca" detto anche "Magister equitum".
Il prestigio di Bisanzio e di Maurizio (grazie anche al ricordo delle straordinarie imprese militari di Giustiniano) era ancora grande.
L'imperatore, in forza degli ottimi rapporti con le grandi case barbare di Gallia e Spagna, potè garantirsi, specie con l'alleanza dei Franchi, una sudditanza almeno formale dei duchi longobardi (583) e procedere all'assimilazione di nuomerosi barbari nella compagine dell'Impero e tutto ciò oprando sempre in stretta collaborazione con la potente Chiesa.
Proprio sotto il regno di MAURIZIO, ad esempio, si riscontra di stanza a Genova (590) un numerus felicum Letorum cioè un grosso contingente militare composto non da greci, anatolici o -come solito per la Liguria- da truppe orientali ma costituito da discendenti degli Alamanni e dei Taifili stabilitisi in Emilia nel IV secolo.
Durante il dominio di questo Imperatore la "Liguria maritima" godette peraltro di una certa ripresa, cui sono forse da porre in relazione alcuni interventi pubblici o comunque di risanamento.
Per quanto ci informano l'archeologia e la stratigrafia, la facies generale del I strato di terreno a Ventimiglia romana documenta al livello I B tracce di rifacimenti bizantini del VI-VII secolo, con reperti di ceramica greca, mentre all'anteriore strato I C si hanno segni di distruzione con cenere e carbone (V-IV sec. d.C) ed allo strato superiore (I A) si trova l'"arena", cioè la duna di sabbia che nell'alto medioevo coprì la città romana.
Il regno di MAURIZIO, in un clima sostanzialmente favorevole a Bisanzio, anche se destinato ad una rapida evoluzione negativa, induce a credere che sotto questo imperatore si sia tentato di ridare vita a parecchi centri liguri gravemente danneggiati e che, in linea più generale, si sia provveduto a rinvigorire o in qualche caso ristrutturare ex novo il sistema portuale di estrema importanza per una potenza militare come Bisanzio che anteponeva in molte circostanze allo stesso esercito la sua efficiente ed evoluta MARINA MILITARE.
Sulla linea di queste considerazioni è allora possibile portare più di un contributo sulla genesi di PORTO MAURIZIO.
Allo sbocco del torrente Prino ( e nell'area di BORGO PRINO) non son mancati rinvenimenti di romanità e si sarebbero scoperti i resti di un ponte adrianeo e per ultimo Ludovico mostrò di credere all'esistenza di un'iscrizione "TROPHEA AUGUSTI" individuata sul poggio di PORTO MAURIZIO.
Più in dettaglio è doveroso premette che gli Statuti di Porto Maurizio alla rubrica 46 ("de vicis reficiendis") ordinano "...stratam romanam et fublicame facere providere, ampliare, explanare et meliorare ab aque Unelie ad aquam Sancits Laurentii...".
Ed ancora, come registra anche il Molle a p.39, n.104 della sua citata opera, alla rubrica 58 ("De Fenestris") si legge "...domos contiguas stratae Romanae...".
Quindi ancora nell'età di mezzo sopravvivevano tracce di una strada romana e reperti di un ponte alle foce del Prino, come scoprì il Lamboglia (Resti di un ponte romano alla foce del torrente Prino, in "Rivista Ingauna Intemelia", 1934, p.66).
Il Giordano poi, secondo l'autorità del colonnello Elena Setti, sostenne esservi stata sul poggio di Porto Maurizio un'iscrizione TROPHEA CAESARIS (od AUGUSTI) da lui posta in relazione con quella della Turbia.
Non condivise tale giudizio il Molle (op. cit. p.31, n.82) e ritenne che si trattasse di un'invenzione settecentesca.
Però, nel 1600, il notaio di Cosio Giovanni Castaldi (autore di una sua opera "Liguria" rimasta manoscritta) alla carta 16, recto e verso, scrisse: "...Porto Morise - Borgo di 300 fuochi, bello per l'eminenza d'un monte vicino al mare dove egli è posto, ridotto al presente in fortezza reale con baloardi inespugnabili e la Repubblica vi mantiene un Presidio di soldati con un gentiluomo dei suoi cittadini e della Città, sotto nome di Capitano...Vien così nominato dal porto marittimo che era dalla parte del monte a levante, di cui si vede ancora un antico molo con una torre nella quale si legge in un marmo l'anno 1368 essere stato 120 piedi e dal nome del santo suo titolare".
Queste note sembrano confermare quanto il Lamboglia trascrisse nella sua Topografia storica dell'Ingaunia (p.77): non sembra affatto da escludere che il documento dell'Itinerario Marittimo del IV secolo sia stato corretto per inserirvi un un "PORTUS MAURICII" che fu potenziato da un imperatore bizantino e per un certo tempo ne prese il nome anche se ben presto ci si sarebbe dimenticati di questo monarca per ritenere che il toponimo sia poi stato considerato un omaggio al Patrono appunto il martiere della legione tebea S.MAURIZIO.
Non è facile dire per qual motivo i Bizantini abbiano abbandonato il sito di "Oneglia" per potenziare quello che verisimilmente era un minore insediamento della tarda romanità.
Non è però da escludere che "Oneglia" avesse ormai perso il suo attracco se questo -secondo la tecnica romana consueta dei "porti canale"- era stato realizzato sfruttando la foce dell'Impero.
Per linea comparativa non è affatto da escludere che tale corso d'acqua, come spesso accade ed è accaduto in Liguria occidentale, modificando per ragioni alluvionali la sua foce, poi spostata ad oriente verso il Borgo del Moro, avesse resa necessaria la realizzazione di un approdo alternativo più ad occidente.
Su tutto l'arco ponentino i corsi d'acqua dalla portata irregolare, caratterizzati da piene alternatesi a periodi di siccità, hanno spesso finito con lo stravolgere la tpografia delle linee di costa rendendone difficile la lettura geo-topografica: questo si riscontra analizzando sia il ROIA che il NERVIA nel territorio ventimigliese [dove gli spostamenti d'alveo hanno determinato l'evolversi o il decadere di PORTI CANALE e dove i detriti alluvionali delle piene hanno finito col formare all'interno dei letti, sproppositatamente grandi, vere e proprie ISOLE ora destinate a decadere, seppur dopo lunghi periodi di tempo, ora tanto stabili da costituire vere e proprie entità territoriali sedi di complessi demici come nel caso di ISOLABONA in val Nervia].
Le caratteristiche dei corsi d'acqua e della linea di costa hanno comunque condizionato tutte le località tra Ventimiglia ed Imperia: per esempio BORDIGHERA trae il nome da una palude la quale nel medioevo coprì una zona costiera che al contrario nella romanità era occupata da insediamenti e strutture varie.
Il torrente IMPERO non è sfuggito a questa regola e la grande massa di detriti alluvionali trasportati da monte a valle nei periodi di piena ha parimenti modificato il letto del torrente creando in esso delle isole oppure alterandone la foce.
Presso l'ARCHIVIO DI STATO DI GENOVA si ricava da un manoscritto cinquecentesco una CARTOGRAFIA DEL TORRENTE IMPERO che spiega di per sè il fatto che per secoli onde raggiungere le due rive si dovette ricorrere all'ausilio di un'IMBARCAZIONE FLUVIALE E DI UN TRAGHETTATORE.
Anche se l'ostacolo venne poi superato in forza della realizzazione dell'ARGINATURA DEL TORRENTE e della REALIZZAZIONE DI UN PONTE, risalendo a tempi recenti, si riesce a leggere, seppur provvisoriamente e non in maniera speculare, l'antica topografia dell'area quasi solo nella contingenza di grossi momenti alluvionali come in occasione del piovoso periodo ottobre-novembre del 1907 quando si formò una DUNA DI MATERIALE DI RIPORTO [documentata fotograficamente, in A.S.I., già Archivio ex Comune di Oneglia] che finì per ostacolare il deflusso delle acque alla foce, deviandone il naturale percorso.
Ancora per linea comparativa, questo fenomeno alluvionale dei primi del secolo può essere proposto a modello-esempio di analoghi processi verificatisi in tempi anche molto antichi nel corso e soprattutto alla foce dell'IMPERO, eventi naturali capaci, in determinate situazioni climatiche ed in assenza di adeguate strutture di intervento riparativo, di vanificare funzioni peculiari, come quelle dell'approdo a sistema di PORTO CANALE (come fu anche quello del porto romano di ONEGLIA), che è meccanismo di attracco comodo da sfruttare ma per la cui funzionalità è vitale una particolare conformazione del fiume o torrente che si immette nel mare, sì da formare un'ansa tranquilla e profonda entro cui, dal ramo che permette alle acque fluviali di scorrere nel mare, possano trovar riparo le navi o le imbarcazioni senza correre pericolo di incagliarsi sui detriti alluvionali.
Fra tante, l'ipotesi da privilegiare è che l'approdo onegliese sia degradato proprio per uno di questi eventi climatico-alluvionali e che -data anche l'evidente necessità di impiegare uno sforzo di restauro tecnicamente ed economicamente sconveniente- i Bizantini (pur sempre avvezzi ad operare in tutta quella parte d'Italia che non fosse l'Esarcato o la Pentapoli con la mentalità pragmatica dell'esercito d'occupazione) abbiano prediletto la soluzione più celere e strategicamente utile di trovare nella prossimità del sito di Oneglia un attracco alternativo, peraltro facilmente individuabile nel sito che sarebbe poi stato occupato da PORTO MAURIZIO.
L'area del PORTO MAURIZIO peraltro, ad un'indagine topografica e di computo strategico, non solo rispondeva alle esigneze di un approdo ma soddisfaceva anche alle funzioni di base militare, locata nello stesso areale di Oneglia e quindi parimenti in rapporto sinergico con il sito di CLAVI (TORRAZZA) a sua volta in rapporto tanto col complesso del CASTELEVECCHIO quanto soprattutto col sistema di frontiera rappresentato dai complessi demici di PIEVE DI TECO e di ARMO emblematicamente a guardia di un punto storico di penetrazione da settentrione come la VIA DEL NAVA [e tutto ciò secondo una sorta di ulteriori parallelismi per cui PORTO stava a TAGGIA e questa a VENTIMIGLIA come, nel rispettivo retroterra, TORRAZZA stava a CAMPOMARZIO e questo al CASTELLO DI DOLCEACQUA e, come tra l'altro, tutte e tre queste postazioni risultavano in parallelismo tra loro e i siti di costa quanto tra loro e i terminali delle rispettive valli di pertinenza, valli che furono i tre percorsi fondamentali mare-monti dell'occidente ligure: la VIA DEL NERVIA, quella dell'ARGENTINA e la DIRETTRICE DEL NAVA*.
Dal primo medioevo, nella generale trasformazione di una penisola, variamente contesa tra LONGOBARDI, CAROLINGI e SARACENI [mentre la CHIESA DI ROMA andava affermando la sua straordinaria importanza sociale oltre che RELIGIOSA].
Sempre per via comparativa si può notare che la posizione geografica di PORTO MAURIZIO ha molte affinità con quella di VENTIMIGLIA.
Entrambi i siti sono posti infatti su un ganglio di percorsi ove si intrecciana e ei intrecciavano la STRADA COSTIERA e le VIE MARENCHE che regolavano il traffico per l'oltregiogo (rispettivamente quella del NAVA e quella della STRADA ROMEA DEL NERVIA.
Siffatta logistica faceva combaciare molteplici aspetti delle due località e finì col determinarne sia le fortune (grantite dal traffico in tempo di pace) sia i problemi (emblematicamente docuti alla pressione sabauda per raggiungere un approdo al mare o comunque controllare il traffico di quei percorsiI.
Dal XII-XIII secolo sia Ventimiglia che Porto Maurizio entrarono come basi importanti nel grande fenomeno dei percorsi dei PELLEGRINAGGI DI FEDE.
Per quanto l'argomento meriti approfondimenti v'è anzi da dire che data la posizione è attestato, per RAGIONI STORICHE, il graduale venir meno dei PELLEGRINAGGI IN TERRASANTA che notoriamente facevano leva sul sistema portuale e ricettivo di GENOVA mentre per molto più tempo, nella CULTURA DEVOZIONALE CRISTIANA, perdurarono il PELLEGRINAGGI AL SANTUARIO SPAGNOLO DI S.GIACOMO DI COMPOSTELA.
PORTO MAURIZIO al pari di VENTIMIGLIA era geograficamente avvantaggiato visto che i rispettivi PORTI potevano servire tanto i viandanti per l'OLTREOCEANO (magari più che PELLEGRINI dei COMMERCIANTI o dei CROCIATI ancora impegnati nel proseguio delle campagne contro ARABI e poi TURCHI) quanto i "PELLEGRINI PER SANTIAGO" visto che VENTIMIGLIA soprattutto, ma anche PORTO MAURIZIO, erano relativamente prossimi agli approdi della PROVENZA ed a quelle BASI PROVENZALI da dove prendeva via il I TRAGITTO PER SANTIAGO DI COMPOSTELA.
Inoltre le due località si sarebbero presto trovate in una posizione ideale sia per gli spostamenti tra ROMA ed AVIGNONE dopo che la CURIA PAPALE fu ai primi del XIV secolo costretta a prendere sede in questa cittadina francese: altresì la posizione dei porti di VENTIMIGLIA e PORTO MAURIZIO continuava ad essere eccellente per quanti, dalle SPAGNA, dalla FRANCIA o dallo stesso NORD-OVEST EUROPEO, ambivano a far PELLEGRINAGGIO verso OSTIA e quindi ROMA in conformità ai dettati sanciti da papa Bonifacio VIII nei dettami del suo GIUBILEO DEL 1300.
E' assodata la TIPOLOGIA E TOPOGRAFIA DEGLI OSPITALI DI VENTIMIGLIA E CIRCONDARIO: si è anzi ricostruita la significanza della STRADA MARENCA DEL NERVIA e parimenti si è notato che questa aveva il suo naturale eferente ben oltre la "Padania" ma sin al territorio di SUSA, all'abbazia della novalesa e quindi ad uno di quei grandi OSPITALI DI TRANSIZIONE TRA AREE GEOGRAFICHE DISTINTE che era l'OSPEDALE DEL CENISIO.
Anche PORTO MAURIZIO, come detto, aveva alle sue spalle una STRADA MARENCA (peraltro riprodotta ancora nel XVIII secolo in una CARTA del suo "Atlante del Dominio di Genova da M.Vinzoni) e ad essa i tragitti dall'area di susina potevano pervenire in contemporanea con quelli sul territorio ventimigliese.
Al terminale meridionale di questa strada, sula mare, dovevano esservi degli OSPEDALI simili a quanto segnalato per VENTIMIGLIA: essi dovevano funzionare sia per COMMERCIANTI, che per CAVALIERI che per PELLEGRINI.