I Bizantini, che non avevano bloccata l'avanzata longobarda del 568, protessero la "Liguria Maritima" istituendovi dei loro distretti e installandovi quartieri militari in contatto con questi ORGANISMI EREMITICI, utili per confortare i soldati e vantaggiosi per accattivare al trono imperiale le simpatie degli indigeni agevolando le conversioni di massa dei disertori Longobardi di fede ariana decisi ad entrare nell'esercito greco (non è da trascurare come sulla ROCCA DI CAMPOMARZIO in valle Argentina siano riconoscibili fra i REPERTI DEL CASTELLO BIZANTINO (più visibile nell''800 -cui appartengono queste immagini- che ai giorni odierni benché per una ricostruzione topografica del sito siano stati fondamentali i saggi di scavo dell'Ist.Intern. di Studi Liguri nella prima metà di questo secolo ("Riv. Ing.Intem.",I,1951,p.71)] i resti di una chiesa intitolata ad un "San Giorgio" di tradizione bizantina: non pare un caso che questo ""S.Giorgio"" greco avesse i connotati del protettore dei "milites" o soldati siti nei quartieri del "limes" di Bisanzio, cioè della linea di fortificazioni greca della "Liguria costiera").
La "*BALMA EREMITICA" (che rimanda al significato di "grotta, riparo, luogo protetto e solitario per asceti") come luogo di preghiera e meditazione si era già diffusa per la Liguria con l'esperienza di S.Onorato che, come scritto, nel V sec., traendo spunto dalla tradizione ascetica egiziana, aveva dato prove di vita contemplativa in una grotta a Nord di Tolone, quella detta di ""Santo Baumo d'Agay"". Dal tempo della loro dominazione (VI sec.) i Bizantini si sovrapposero a questa espressione religiosa (non estranea alla loro tradizione) e vi innestarono fidati monaci orientali. Col tempo "*Alma" divenne lo sviluppo morfo-linguistico di "*Balma": questo compare proprio nell'area dell'Argentina, dove la località costiera di "Arma di Taggia" cela nel toponimo il ricordo di insediamenti ascetici che vi trovarono riparo verso il VI sec., sotto la protezione del castello greco di Taggia, sfruttando per la semplice vita degli eremiti piccole grotte e modesti ripari naturali.
Sia nella valle del Nervia che in quella dell'Argentina [come del resto in altre convalli e siti del circondario e forse nella genesi primordiale o comunque nella ristrutturazione bisantina del castello di Dolceacqua era stata strutturata una base monastica orientale intitolata ad un S. Giorgio greco successivamente replicato ell'erezione della romanica chiesa di S. Giorgio)] si scoprono testimonianze toponomastiche (e qualche volta archeologiche) di un presumibile complesso di insediamenti religiosi anacoretici lungo un sistema di Grotte e/o antichi ripari naturali, già utilizzati da uomini di un passato remoto.
Per la VALLE del Nervia [oltre grandi cavità di notevole interesse speleologico, come l'Abisso del Pietravecchia, la Tana di Badalucco, la Tana Giacheira, la Grotta grande di Buggio, la Tana degli Strassasacchi ecc.] si ricorda il Vallone delle Arme di Buggio, ove sono cavernette, grotte e ripari.
Sulla sponda destra del Nervia troviamo i reperti di ulteriori "*Balme" : in modo da fronteggiare la Cima della Crovairola (fra Vallecrosia e S.Biagio, che fu un castelliere ligure" e forse sede d'un'azienda estrattiva romana) si individua l'altura originaria della città di Nervia dove, ai tempi dell'espansione urbanistica dell'Impero, furono edificate abitazioni su parche residenze liguri o d'età repubblicana.
Per ampio spazio, da questo luogo (Colla Sgarba) fino ai limiti del Rio Seborrino (che alimentava gli acquedotti della città romana) ed oltre ancora, giungendo ai siti di Siestro, S.Giacomo e Maule-Maure, sorgevano parecchi ripari nella roccia, adatti alla frugale esistenza ascetica (a fine'800 a "Colla Sgarba" si ricordava l'esistenza di una caverna frequentata da eremiti nominata u sgarbu du preive, cioè "il buco, antro o meglio ancora il riparo del prete", oggi trasformata in magazzino agricolo).
Sempre in Val Nervia a Camporosso si scopre il toponimo Almablanca cui, per breve tratto oltre il Nervia, in qualche modo corrisponde in maniera speculare il nome di Almantiqua (ARMANTICA): ed in tutti e due i casi si allude all'idea del ricovero a costruzione o forse, in modo ancora più corretto, della "grotta scavata" (il termine Barma, da cui è derivato Arma-Alma indica una "grotta artificiale chiusa con un muro" e, per quanto si deduce dai documenti del XIII sec., si comprende che l'Almantiqua era distinta da ripari artificiali ormai diruti.
Nell' area di Camporosso nel '200 era significativo il toponimo Almablanca in cui, secondo un documento del 30-IV-1261 dal notaio di Amandolesio (doc.376) si trovavano beni del latifondista Oberto Intraversati: il nome blanca era dovuto al fatto che il riparo era collegato al complesso delle "Terre Bianche" (ad Terram Blancam=doc.14) dove verso il 1260 stavano colture ad alberi, gerbidi di una o diverse famiglie Alamano e Macarius ("Alamano" è un etimo germanico, nel senso di "abitante dell'Alemagna" e dal III sec. all'epoca medievale il nome ebbe lo scopo geopolitico di segnalare "uomini di varie stirpi nell'insieme" disposti, secondo relazioni di parentela, su una determinata area geografica.
Maccario-Macario è invece il risultato d'una elaborazione della voce greco-bizantina Makarios nel senso di "beato, felice" e pare da collegare ai processi di evangelizzazione, con cognominizzazioni di massa, ad opera degli eremiti orientali su gruppi di barbari od indigeni (i Greci col termine "macarismo" indicavano anche la "Beatitudine Evangelica" sì che in alcuni casi la diffusione del gruppo onomastico "Macario-Maccario" potrebbe essere da connettere con l'influsso in queste zone di San Macario l'Egiziano, uno fra i più significativi rappresentanti del monachesimo egiziano e dell'ascetismo cristiano).
Nella valle Argentina prescindendo dalla "Grotta dell'Arma" luogo tipico del paleolitico medio (il sito forse più caratteristico per insediamenti eremitici d'epoca greco-bizantina), dalla piccola grotta sepolcrale eneolitica sovrastante Badalucco denominata "Tana Bertrand" ed ancora da una stazione epipaleolitica di cacciatori individuata presso "Monte Ceppo" è opportuno precisare che le restanti conosciute località preistoriche son state tutte scoperte nell'alta valle.
questa affermazione proemiale non esclude certo l'eventualità di altri ritrovamenti, anche in media e bassa vallE, e soprattutto la definizione di "stazioni preistoriche", attesa anche la caratteristica del toponimo *Arma-Alma, non può escludere che diversi fra questi ripari siano stati occupati da anacoreti.
Intanto è da precisare che tra epipaleolitico e neolitico l'uomo nomade e cacciatore della valle Argentina prese a sistemarsi in ripari naturali progressivamente migliorati dalla sua operosità.
Il sito più antico (visitato forse per un millennio e quindi da escludere dall'esperienza "balmitica" degli anacoreti) è da ravvedere nel Riparo di Loreto in cui son stati trovati reperti di industrie ceramiche e litiche datate dal medio neolitico alla prima età del bronzo. Qui (v. G.P.LAJOLO, Triora, in "Riviera dei Fiori, 1992, n.4,pp.7-10) si son trovati frammenti di un'olla e di un orciolo, forse da attribuire ai manifatti ceramici della "civiltà di Chassey" come parrebbero confermare altri indizi, fra cui un coltello in selce bionda ed un "frammento di ascia levigata verde" proveniente con una certa probabilità dal complesso del Meracantour (contadini e pastori erano questi uomini di Loreto, anche se la difficoltà di oculate indagini stratigrafiche impedisce di regolamentare in senso causale e cronologico tutti i reperti, tra cui un vaso camapaniforme scoperto isolato fra altre espressioni manifatturiere).
Poi è da menzionare la "Tana della volpe" ove si son trovate tracce di un'utilizzazione abbastanza lunga come sito di sepoltura dal neolitico medio all'epoca dei castellari liguri all'alba della dominazione romana (qui fu importante il ritrovamento di frammenti ceramici di tipo Rossiglione).
Si ricorda poi l'"Arma della Gastea" o "Arma Mamela" in cui sono stati scoperti frammenti di un baso a bocca quadrata e conchiglie marine databili al bronzo medio (si è data l'interpretazione scientifica che tutto ciò rappresenti il corredo funerario di varie sepolture databili con continuità fra cinquemila e tremila anni). Col contributo critico di E.Azaretti (Storia dei nomi *Balma/*Alma, in "Riv. Ingauna Intemelia", N.S.,1984, 3-4, p.74) è però opportuno ricordare che in questo caso "...il 'gastea' derivi dal ted. medio 'Kasto' (REW 4682) che ha dato in altri dialetti 'gastu' o angolo della stalla limitato da una staccionata in cui si tenevano agnelli e capretti da allattare", questo spiega anche mamela o "capezzolo di animali": l'arma era dunque una stalla per pecore o capre...".
Residui ossei di tracce di inumazione e combustioni (oltre che residui di corredi sepolcrali della cultura megalitica provenzale, i quali avvicinati ai materiali scoperti dalla Crowfort nella "Tana Bertrand" attesterebbero l'esistenza di simile cultura in valle Argentina) sono state individuate nell'Arma della Gra' dI Marmo che, ancora secondo l'Azaretti (p.74), risulterebbe formato da una contaminazione del lat. med. *CRO(T)IA ("grata") che dà in dialetto "°gra"; "marna" "roccia calcarea argillosa" sembra quindi voce aggiunta tardi da cartografi od archeologi, alterata poi, da quanti non conoscono la parola, in "gra de Marmu" ("di Marmo").
Sono poi da ricordare varie altri esiti Arma su cui v'è ancora da studiare ma che, per la conformazione ed il toponimo, possono benissimo rimandare ad insediamenti eremitici, pur provvisori, di cui si son perdute tracce significative.
Citiamo l'"Arma Serrata" cioè "chiusa" di Triora, l'"Arma Pisciusa" cioè "con scolo d'acqua" presso Realdo, l'"Arma del Pertuso" o "del buco" (valle del Capriolo in alta valle Argentina) l'"Arma del Bogiàs" o "Bogiàs", cioè del "grosso rospo" presso "Borniga di Triora". IMMAGINE DA "T.O. DE NEGRI"