OLIVICOLTURA

Nei primi capitoli della sua Storia di Oneglia, G. Molle sviluppò un discorso condividibile sulla diffusione dell' olivicoltura in Liguria Occidentale sin dall'antichità, sin dalle penetrazioni, commerciali e non, dei coloni Greci di Marsiglia: non solo il ritrovamento di anfore olearie massaliote nel Ponente ligure hanno suggerito allo storico la convinzione di un'intensa commercializzazione dell'olio d'oliva su tutta la costa ligure ma il fatto che nell'agro intemelio si sia conservato, un attrezzo agricolo ligure tuttora in uso, il MAGAGLIO, nome di ascendenza greco-classica e coloniale, ha spinto il MOLLE ad IPOTIZZARE anche un' INTRODUZIONE GRECO MASSALIOTA DELL'OLIVICOLTURA, forse non solo del tipo da combustione e della variante colombara tra i Liguri occidentali
Gli Statuti del borgo di Apricale in Val Nervia e vari rogiti del notaio di Amandolesio dimostrano che la coltivazione degli olivi era abbastanza diffusa nella Liguria ponentina del XIII sec. anche se molti elementi inducono a far credere che la diffusione dell'olivicoltura nel Ponente ligure (nella romanità verisimilmente si produceva solo un OLIO DA COMBUSTIONE (usato in particolare per lucerne e ) sia in gran parte da ascrivere, verso la fine del I millennio cristiano, all'opera agronomica dei Benedettini (che ne fecero dapprima una sorta di monopolio all'interno del sistema della grangia) di Pedona prima e di Novalesa poi ( B. DURANTE - M. DE APOLLONIA, Albintimilium...cit., p. 221 e nota ) L'olivicoltura divenne comunque già a metà del '200 attività agricola "aperta" in Val Nervia per assumere rapidamente una rilevanza storica in tutto il ponente, sin a diventare una monocoltura da esportazione col conseguente rischio che, per carestie o cattivi raccolti o malattie delle piante, le comunità, senza altre fonti di guadagno si dovessero impoverire con indebitamenti gravi.
Attorno all'olivicoltura fiorì un'attività manifatturiera complessa in cui tutto era sfruttato, fin alle sanse ed ai residui, con una regolamentazione capillare che spesso coinvolgeva gli operatori di mulini e frantoi, che potevano essere "ad acqua" (sfruttando la forza idrica incanalata nei "gombi") od "a sangue", secondo la prevalente tecnica romana, sfruttando la fatica di animali adattati a far ruotare i meccanismi delle macine con la loro forza muscolare: un pò in tutti i paesi delle valli sorgono enormi testimonianze della "civiltà e della cultura dell'olio" di cui Dolceacqua costituisce certo un esempio storico di primaria importanza (ma non si dimentichi la tradizione storica di tanti altri siti di rilevante attività molitorio in queste ed altre contrade, come in valle Argentina: da Pompeiana a Castellaro a Molini di Triora).