riproduz. - inform. B. Durante

Così scrive Luca Lo Basso in un suo bel volume (pp.84-87) donde è anche ripresa l'immagine sopra proposta di una "tartana napoletana":
"Bastimento polifunzionale del Mediterraneo, la TARTANA ... difficilmente superava la lunghezza di 20-25 metri, poteva avere una larghezza attorno ai 7 metri e un'altezza misurata dalla linea di costruzione di metri 392.
Normalmente era armata con un solo albero piuttosto alto e verticale, spostato leggermente verso proravia, munito d'asta di fiocco portante un grande fiocco.
Talvolta, il piano velico poteva prevedere, oltre alla vela latina, una gabbiola, oppure delle vele supplementari per l'andatura con vento in poppa.
La prua a volta e la lunga serpe la facevano assomigliare ad uno SCIABECCO, ma la TARTANA aveva forma meno slanciata e dimensioni inferiori, anche se con forte insellatura.
Nave tipicamente da carico, era utilizzata talvolta anche per le attivita corsare; nonostante la sua lentezza, risultava pero agile e vantava soprattutto notevoli capacita di carico.
Per tutti questi motivi risulta essere il tipo di imbarcazione piu utilizzata nella navigazione mediterranea del secolo XVIII, e quindi più citata nei documenti, dove tuttavia viene spesso confusa con il LEUDO e talvolta anche con il PINCO.
Le TARTANE LIGURI non erano molto grandi: quasi sempre di portata inferiore alle 100 tonnellate, la loro lunghezza non superava i 15 metri.
Nel 1703, la
S. Giacomo di un padrone sauremese aveva una portata di circa 88 tonnellate, era lunga 13,13 metri e aveva tre alberi.
La TARTANA costruita a Varazze nel 1748 dal mastro costruttore Giuseppe Craviotto era lunga 14,14 metri, larga 6 e con un puntale di 2,23 metri, della portata di circa 1.400 cantari (67 tonn.); commissionata dal padrone Silvestro Marengo di Moneglia, era costata in tutto lire genovesi 2.800.
Questo tipo di unità mercantile
(la TARTANA), usata anche per la "corsa" e per la pesca, veniva costruita in diversi luoghi della Riviera di Ponente.
Una discreta attività costruttiva è attestata negli atti notarili riguardanti le comunità di RIVA DI TAGGIA e di SANTO STEFANO.
Il 24 maggio 1693, i mastri taggiaschi Giovanni Antonio Barla e Matteo Soldo si impegnarono davanti al notaio De Siffredi a costruire una tartana di chiglia lunga palmi 40 e mezzo (9,72 m), altezza di palmi 8 e mezzo (2,04 m) e larghezza conforme a discrezione del mastro.
L' opera morta viene promessa tutta in legno di rovere, mentre l' opera viva in pino.
Parte della costruzione fu eseguita nel luogo della Chiappa, giurisdizione di Taggia (si tratta deli' odierna spiaggia di Arma a ponente della foce dell'Argentina), mentre il completamento fu fatto sullo "scaro" di Riva.
Il costo dell' intera operazione fu di lire genovesi 540.
In quegli anni si costruiva anche sullo scalo di Santo Stefano.
Nel 1707 era attivo in quel luogo il mastro Bernardo Solinerio di Varazze, il quale costruì al padron Antonio Garibaldi una TARTANA di lunghezza di chiglia di 8,14 metri, larghezza massima metri 3 e altezza metri 1,92, per un costo di lire 525.
Sempre nello stesso anno, sullo scalo di Riva, su commissione di Cristoforo Filippi q. Antonio Maria, fu costruita una TARTANA dal maestro Giovanni Palmarino di San Remo
di gode tredeci brutta di longhezza, parmi diecisette in coperta, palmi nove e mezzo di altezza di tutt' opera da incominciarla con il suo schiffo a proportione del bastimento, conforme così maestro Giovanni promette e si obbliga di dar principio a questa fabbrica di tartana subito che avrà fornito e terminato la tartana o sia vascello a Padrone Costanzo Bosio in S. Remo con terminarla poi suddetta tartana e schiffo a Padrone Cristofaro fra mezzo il mese di marzo prossimo di tutto ponto in pace e senza lite con chi ancora il detto Maestro Giovanni sia tenuto et obbligato come promette e si obbliga provvedersi in sue proprie spese di fatto il legname di detto bastimento o sia tartana fatto che di tavole per il pagliolo e sentina e tavola di schiffo, a quali cosa sarà ottenuto provvedere detto Padrone Cristoforo Filippi che così pure promette e si obbliga [...] sarà però ancora tenuto et obbligato detto Cristofaro di mandarla a prendere la robba, cioè croame e tavole in S. Remo o pure a Loano dove converrà il detto Maestro Giovanni e per la spesa di detto porto di tavole e corame per doverlo condurre in detto luogo della Riva sarà tenuto il Padrone Cristofaro a sue spese che così. [...] E questa fabbrica di tartana e schiffo con tutte le suddette obbligationi il suddetto Maestro Giovanni ha promesso e promette farla, costruirla e terminarla per il prezzo di £ 675 moneta di Genova corrente a conto de' quali il medesimo ha confessato e confessa di haver havuto e ricevuto sì come ha e riceve da suddetto Padrone Cristofaro che pose in contanti £ 200 [...] poi si obbliga pagarlo nelli modi rifferiti cioè £ 100 quando il detto Giovanni incomincierà la suddetta tartana cioè nel giorno che metterà su la prima roda il resto così di £ 200 alla metta del lavoro et il compimento sino alla suddetta somma di £ 675 promette pagarlo subito che sarà finito [...]. Sotto tutto patto che detto Padrone Cristofaro sia tenuto et obbligato nel tempo della fabbrica di esso leudo o sia tartana a dover consignare a maestro Giovanni tre mezzarole di vino, provvisione di olio rubbi due e mezza mina di grano".
Pochi anni dopo - esattamente nel 1713 -, ancora il maestro Matteo Soldo, questa volta assieme al figlio Giovanni Antonio, a Giovanni Battista Gazzano e a Domenico Rocco Di Lorenzo, tutti di Taggia, promettevano davanti al solito notaio di costruire una TARTANA di lunghezza di chiglia goe 14 (10,36 m) per conto di Virgilio Filippi q. Giacomo del luogo di Santo Stefano.
Anche in questa occasione lo scafo fu costruito sulla spiaggia di Arma, nella solita località Chiappa, mentre il completamento fu effettuato a Santo Stefano.
Il prezzo convenuto fra le parti fu di soldi 4 moneta di Genova per ciascuna goa di legname impiegato.