Ripr./inf. B. Durante

Le pagine scritte in Sudamerica dagli emigranti italiani fattisi imprenditori sono numerose e tra queste merita una citazione la vicenda del ligure GIOVANNI BATTISTA LAVARELLO che, dal 1859, si specializzò nel trasporto di connazionali, della valle dell'Orba soprattutto ma parimenti del cuneese, della Lombradia e delle "Riviera occidentale", in Argentina, avendo cura di trovar loro delle sistemazioni tanto vantaggiose da divenir consueta la frase che "...dove il Lavarello conduce emigranti non si patisce la fame ma si lavora e si guadagna...".
Il Lavarello (per alcuni, come
N. Cuneo, nativo di Camogli, per altri, quali il Surdich, originario di Recco), esperimentò un primo trasporto di emigranti servendosi di un brigantino norvegese ribattezzato Liguria: a questa prima esperienza altre ne seguirono tramite la fruizione di velieri come il G. B. Lavarello e l'Argentina (la sua compagnia non si limitò naturalmente solo a viaggi verso il Plata: per esempio si possiede un'adeguata relazione documentaria di un viaggio della nave Europa in Brasile)
Verso il 1860 il Lavarello era riuscito a conseguire sì ottima rinomanza per la competenza e l'onestà da meritarsi l'aperto favore del presidente argentino Bartolomé Mitre, peraltro quanto mai consapevole dell'importanza dell'emigrazione per l'ancora disabitata Argentina.
G. B. Lavarello, formatasi una fortuna quale patrone di cabotaggio creando e promuovendo sui fiumi l'impresa dei rimorchiatori (e nell'immagine si vede appunto proprio da un rimorchiatore del Lavarello la vista di un tramonto sul PARANA nell'Entre Rios), dopo che lo raggiunsero la moglie Balestra ed i figli si concentrò sull'attività di promotore dell'emigrazione in Argentina e per questo, tornato in Genova, fsi fece costruire nel cantiere Cadenaccio di Sestri Ponente il clipper Buenos Aires che fruiva di forza motrice mista a vela e ad elica e che, garantendo velocità considerevole in rapporto ai tempi, permetteva una ridotta durata del viaggio transoceanico.
Essendo capitano di marina proprio G.B. Lavarello condusse il Buenos Aires nelle acque del Plata (1/I/1864) e, successivamente, a questa nave affiancò il gemello Montevideo nel 1867: per la sua realizzazione si avvalse del contributo di capitali della tradizionale aristocrazia genovese (Marcello Durazzo, Nicolò De Mari), di imprenditori siderurgici (F. Rolla, G. Tassara), di ufficiali di marina (P. Giraud, E. Oviglio) ed ancora di esponenti dell'esportazione anglosassone di ferro e carbone.
Il Lavarello, al culmine della sua fortuna imprenditoriale, da collocare tra il 1874 ed il 1878, giunse a contare, 8 piroscafi per circa 6118 tonnellate, e fu in grado di competere vantaggiosamente con le analoghe iniziative straniere, istituendo il primo servizio regolare di vapori italiani tra Genova ed il Plata.
La decadenza dell'impresa Lavarello può datarsi dal disgraziato naufragio del piroscafo Nord America nel 1883: dallo scioglimento dell'azienda derivò l'istituzione de La Veloce mentre i figli di G. B.Lavarello tali Pietro ed Enrico crearono una nuova compagnia che seguiva le rotte dell'America Latina nel 1886 ma che fu posta in liquidazione già nel 1891.
Alla crisi concorse peraltro la tragica morte di G.B. Lavarello di cui nessuno tra i figli erditò né la personalità né la capacità; N. Cuneo così ne riassume la dipartita sulla base di documenti ufficiali: "Morì eroicamente al comando di un suo rimorchiatore. Navigava un giorno nel Rio, quasi 'mar afuera' (a fior d'acqua) e aveva già mollato il rimorchio di un grande veliero che s'inoltrava nell'Atlantico, quando vide cadere in acqua, nella direzione di Maldonado, un grosso pallone di esploratori francesi che al mattino si era alzato dalla spiaggia di Quilmes. Il capitano Lavarello ordinò maggiore pressione e si diresse verso il punto ove aveva visto cadere il pallone, per tentare il salvataggio dei naufraghi della navicella. Il tempo urgeva e il Lavarello comandò alle macchine uno sforzo maggiore e queste non resistettero. Ci fu uno scoppio; il rimorchiatore si impennò sulle acque e poi si inabissò nei flutti con il nobile camogliese e con l'equipaggio" (pp.311-312, nota 46).