Bartolomeo de Las Casas (1474 1566), detto anche l'"apostolo degli indios" (che qui vediamo riprodotto da un ritratto custodito alla Biblioteca Colombiana di Siviglia) fu figlio di un ricco proprietario spagnolo di piantagioni nei Caraibi. Rimasto colpito dalle durissime condizioni di vita e lavoro degli amerindiani schiavizzati si fece sacerdote per meglio assumerne le difese. Convinto che la "colonizzazione deve servire più agli infedeli che ai principi cristiani" esperimentò un particolare sistema di colonizzazione e civilizzazione degli indigeni ed al proposito ottenne nel 1520 un territorio di costa di 250 leghe, ma non ottenne i risultati attesi. Decise allora di difenedere gli Indios come predicatore e divenuto vescovo di Chiapas nel 1544 intensificò questa sua opera ottenendo però l'odio dei latifondisti spagnoli. Nonostante l'appoggio del papa fu costretto a ritornare in patria e discolparsi, con successo, da gravi accuse di eresia. Per l'età avanzata e le malattie non tornò poù in America ma continuò a difendere la causa degli Amerindiani al punto estremo che consigliò poi la tratta dei negri ritenendo che, per la loro robustezza, fossero meglio idonei degli Indios a sopportare il massacrante lavoro delle coltivazioni americani. Successivamente si opentì aspramente di questa sua affermazione sostenendo pubblicamente che la "cattività dei negri è ingiusta tanto quanto quella degli indiani"