CARLO RIDOLFI

RIDOLFI, CARLO (anche scritto RIDOLFO nei repertori del ‘600: Lonigo-Vicenza 1595/ Venezia 1658)> Pittore, letterato ed incisore venne spesso citato dall’Aprosio nelle sue opere. Per 18 anni allievo a Venezia dell’Aliense fu un continuatore della tradizione veneta di imitazione veronesiana e tintorettiana, dipingendo molti quadri di argomento religioso di cui però rimangono solo le due “Adorazioni dei Magi” (in S.Giacomo di Rialto e in S.Giovanni Elemosinario) e la “Visitazione di Ognissanti” tutti nella città lagunare (ove pure si conservano uan “Sacra Famiglia” e “Venere e Amore”). Aprosio lo conobbe a Venezia verso gli anni ’40 del XVII sec.ed oltre che i risultati pittorici ne apprezzò (come si legge ne La Biblioteca Aprosiana , Bologna, pei Manolessi, 1673, pp.583-589) la qualità di storico d’arte espletata nell’opera Le Meraviglie dell’Arte overo gl’Illustri Pittori Veneti e dello stato, ove sono raccolte le opere insigni, i Costumi, ed i Ritratti loro. Con la narrazione della Historie, delle Favole e delle Moralità da quelli dipinte (edizione in II volumi, stampati rispettivamente nel 1646 e nel 1648: Aprosio ricevette in dono il tomo II, pubblicato in 4° in Venezia ad opera di G.B.Sgava). Sempre dal “Catalogo” aprosiano del 1673 (p. 586) si apprende che Carlo Ridolfi avrebbe fatto il ritratto d’Aprosio tra gennaio e marzo del 1648 per celebrare la loro amicizia in previsione della partenza d’Angelico da Venezia per la Liguria. Stando però all’iscrizione in alto nel dipinto, sul lato sinistro del frate il quadro sarebbe però stato terminato nel 1647 (non si tratta di una svista: il quadro era stato concepito per commemorare Aprosio ai suoi 40 anni -forse in realtà un dono di compleanno?- come detta un’altra scritta: la conclusione tardiva dell’opera nel 1648 avrebbe stonato con l’evento e con la datazione della scritta). L’allusione iconografica dell’insieme (con il cartiglio “nec non mors”) vorrebbe alludere alla sopravvivenza dell’Aprosio nel dipinto e quindi nella grande opera della sua “Libraria”, capace per la sua importanza di astrarre il suo creatore dall’oblio del tempo (di Ridolfi oltre a questo lavoro, Aprosio deteneva anche due altre tele [una “Crucifissione” ed un “Cristo coronato di spine e la Vergine dolente”, poi conservate nella “Sagrestia” del convento e quindi giudicate perdute]: La Biblioteca Aprosiana, cit. p.587-588> B.DURANTE , Il ritratto aprosiano di Carlo Ridolfi cit., in “II Quaderno dell’Aprosiana-Miscellanea di Studi”, Nuova Serie, II, 1994, pp. 24 - 25)