Le massime autorità cittadine di Albintimilium erano i duoviri; ce ne sono noti 2: Quintus Mantius Placidus e Marcus Coelius Crescens [nella lapide di quest'ultimo, egli per prima cosa è detto quaestor: la sua è la più completa carriera municipale che al momento si conosca di un personaggio di Ventimiglia romana: iscrizione già custodita al museo archeologico di Monaco, vedi CIL, V, 7824].
Le loro lapidi su buon marmo a lettere eleganti si datano di fine I sec. d.C.
I duoviri (duoviri iure dicundo) rappresentavano la principale carica municipale: tra tali magistrati, di durata annuale, vigeva il criterio della collegialità e dell'intercessio (opposizione), per cui l'opera
giuridico-amministrativa procedere con parallelismo.
Potevano far leva tra gli uomini della città in casi di necessità e di guidarli alla guerra; convocavano il senato locale e le assemblee.
Esercitavano la giurisdizione civile e penale; curavano l'amministrazione finanziaria e rispondevano col loro patrimonio di eventuali danni recati al municipium dalla loro gestione: per ciò dovevano prestare cauzione.
Gli aediles (duoviri aediles) svolgevano a Ventimiglia nella romanità imperiale compiti di polizia con il diritto "di infliggere, di pignora capere, di esercitare una coercitio materiale soprattutto su persone di classe inferiore": sovrintendevano alle costruzioni, ai mercati, ai giochi e alle feste pubbliche ed all'opra della militia vigilum i quali oltre che contro gli incendi lottavano contro le esasperazioni della prostituzione e del gioco d'azzardo.
Oltre Marcus Atilius Alpinus per cui fu questo il massimo onore municipale, sono ricordati i 2 personaggi di cui si è detto prima Marcus Coelius Crescens e Quintus Mantius Placidus.
Un appartenente all'ordo decurionum fu Marcus Avelius Paternus la cui iscrizione funeraria si data a fine del I sec. d.C.: M(arco) Avelio M(arci) f(ilio) Fal(erna tribu)/ Paterno dec(urioni) qui/ vi(xit) an(nos) XVIII m(enses) X dies XIX/ M(arcus) Avelius M(arci) f(ilius) Marcellus et Comi/sia Tranquillina pa/rentes filio pientissimo [iscrizione trovata a Nervia, necropoli occidentale, alla metà del 1800: ora in museo archeologico "G. Rossi"> Lastra marmorea di discrete dimensioni a belle lettere di buona età, I - II secolo]
I Decurioni erano tipici delle colonie romane e latine, dei municipi, delle prefetture, delle città libere, federate e stipendiarie ed anche dei fora e conciliabula.
Per queste città, che avevano autonomia amministrativa
interna, era sancito dalla costituzione o statuto il diritto di avere
un'assemblea per curare gli interessi cittadini e amministrare le finanze.
Il Senato decurionale era l'organo per cui si esprimeva il
pubblico volere ed era strumento fondamentale di controllo sui magistrati.
Avevano competenze che erano estese a tutti i rami dell'amministrazione: in tempi tardi nominavano i magistrati ed i sacerdoti al posto dei comizi.
Esercitavano la giurisdizione come organo d'appello contro le condanne sancite di duoviri e edili.
Erano in numero di 100 e la loro lectio (scelta) era fatta
ogni 5 anni dai duoviri iure dicundo come avveniva
a Roma per la scelta dei senatori: non raggiungendosi il numero, lo si
completava per cooptatio (elezione completante) o per
nomina imperiale.
All'ordo decurionum aspiravano in pratica solo i componenti della
più alta classe sociale cittadina: l'ordo splendissimus, gli honestiores.
I vantaggi pubblici e sociali dei decurioni, l'ostentazione di peculiari insegne, il privilegio di posti d'eccellenza nelle cerimonie e nei giochi era bilanciato da oneri (munera personalia, patrimonii, mixta) sì che parecchi in tempi diversi si sottrassero alla nomina [Secondo la Lex Municipi Tarentini (I.L.S., 6086, cc. 26-29) e la Lex Coloniae Iuliae Genetivae (I.L.S., 6087, cap. XCI) i decurioni dovevano fissare domicilio in città o nel raggio di mille passi dal centro urbano entro un quinquennio dall'elezione: Marcus Avelius Paternus era tenuto a risiedere nella città nervina o nelle vicinanze anche se la definizione di decurione potrebbe, in senso onorifico, stare per appartenente a famiglia dell'ordine dei decurioni].
Negli organismi municipali con l'ordo decurionum
si sviluppò l'ordo Seviralium et Augustalium la cui formazione fu da collegare al culto dell'imperatore.
I Seviri Augustales erano 6 cittadini con peculiari insegne e prerogative: toga listata di porpora, bisellium ( = bisellio, "sedia d'onore a due posti" ma per una persona sola), 2 littori di scorta.
Visto che i decurioni presero l'uso di decretare a vita tali onori per quanti
ricopersero il sevirato, si venne formando una specie
di ordine sociale, che si irrobustì per il fatto che vi si potè essere
ascritti (anche senza aver ricoperto l'ufficio di seviri) per il tramite di deliberazioni della
curia: nell'ordo Augustalium si identificò un'agiata
borghesia, impossibilitata per vari limiti (nascita, professione o censo non
sufficiente) ad entrare nell'ordine dei decurioni.
Come in tutta la romanità imperiale gli Augustales furono certo
pure ad Albintimilium": la realtà teorica ne testimonia l'esistenza.
Ma non si scoprirono documenti: in effetti il Rossi propose una
prova riscattando l'originalità di una lapide votiva (presunto I-II sec.) [ operazione poca credibile tanto il Rossi fu discutibile nel ricucire, in un marmo così mutilo, l'origine intemelia del dedicante] già definita falsa da Giovanni Francesco Muratori e nella quale egli lesse vivir aug(ustales).
Delle varie consorterie, società ed ordini che dovettero esistere in
Albintimilium" l'epigrafia ha dato notizia in un frammento
di scoperta recente, dei Socii XX libertatis cioè dei funzionari della corporazione, od associazione parastatale, preposta all'esazione della tassa che si doveva pagare al pubblico per il passaggio di uno schiavo alla condizione di liberto, quella che apriva poi la strada allo stato di uomo libero e quindi di cittadino romano a tutti gli effetti.
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