NELL'IMMAGINE SOPRA PROPOSTA E TRATTA DA UNA SETTECENTESCA STAMPA DI SCUOLA FRANCESE SI VEDE IN VIA BALBI IL "COLLEGIO DEI GESUITI". DAL XVII SECOLO I GESUITI SI ERANO ANDATI A COLLOCARE IN GENOVA RICOPRENDOVI, COME IN TANTI ALTRI CENTRI DEL MONDO CATTOLICO, UN SIGNIFICATIVO RUOLO SOCIALE, CULTURALE ED EDUCATIVO CHE, PER QUANTO SOSTENUTO DA ILLUSTRI PATROCINATORI, IL FENOMENO ACCADEMICO NON ERA MAI RIUSCITO A SODDISFARE.
DA : GIOVAMBATTISTA PALATINO
LA CITTA' ERA PRIVA DI UNIVERSITA' E GLI STUDI SUPERIORI ERANO AMMINISTRATI SENZA PARTICOLARI APPROFONDIMENTI DA VARI ORDINI RELIGIOSI: LO STESSO ROMANZIERE BERNARDO MORANDO DOVETTE RECARSI A PARMA E PIACENZA PER APPROFONDIRE I SUOI INTERESSI LETTERARI. GLI STUDI NON CONNESSI ALL'ARTE DELLA MERCATURA ERANO RELEGATI IN SECONDO PIANO E MEDIAMENTE LA STESSA NOBILTA' DOVEVA ACCEDERE NEGLI STUDIA E NELLE UNIVERSITA' DI ALTRI CENTRI ITALIANI PER COMPLETARE LA PROPRIA FORMAZIONE INTELLETTUALE. DI QUESTO LIMITE DEL "DOMINIO GENOVESE" GIA' NEL '500 SI ERANO RESI CONSAPEVOLI ETTORE VERNAZZA E ANSALDO GRIMALDI CHE AVEVANO FATTO DEI LASCITI PER L'ISTITUZIONE DI QUATTRO CATTEDRE "UNIVERSITARIE" DI MEDICINA, DIRITTO, MATEMATICA E FILOSOFIA MORALE SI' DA IMPEDIRE QUELLA CHE OGGI SI CHIAMEREBBE LA "FUGA DEI CERVELLI" DA GENOVA E DALLA LIGURIA. I RISULTATI IMMEDIATI NON FURONO RILEVANTI MA IL LASCITO DEL GRIMALDI DIEDE FINALMENTE DEI FRUTTI A META' DEL SEICENTO. IL COLLEGIO DEI GESUITI, NONOSTANTE MOLTE PARTIGIANE RESISTENZE, ALMENO DAL 1604 ERA RIUSCITO AD AFFERMARSI COME UNA IMPORTANTE STRUTTURA CULTURALE, ATTIVANDO CORSI DI FILOSOFIA, MATEMATICA E CASI. PARECCHI SI PRONUNCIARONO NEL '600 SULL'ESIGENZA DI UN'UNIVERSITA' A GENOVA, DAPPRIMA ANSALDO CEBA' POI, NEL 1636, ANTON GIULIO BRIGNOLE SALE (VERSO IL 1620 ANDREA SPINOLA, UN PO' UTOPISTICAMENTE, AVEVA TEORIZZATO L'ISTITUZIONE ALMENO DI UNA CATTEDRA DI NAUTICA E DI UNA DI POLITICA, MA SENZA RISULTATI CONCRETI). IL "COLLEGIO DEI GESUITI" POTE' COMUNQUE AFFERMARSI PIENAMENTE TRA IL 1630 ED IL 1640 QUANDO EBBE L'APPOGGIO DEL GOVERNO (TRA CUI MOLTI ERANO GLI EX STUDENTI DEL COLLEGIO) CONTRO LE ULTIME E PALLIDE RESISTENZE CORPORATIVE DEL COLLEGIO DEI TEOLOGI E DI QUEI POCHI ORDINI CHE FIN AD ALLORA AVEVANO GESTITO L'ISTRUZIONE IN GENOVA. IL GOVERNO SPERAVA INFATTI CHE, DALLA COLLABORAZIONE CON LA COMPAGNIA, POTESSE DERIVARE UNA RINASCITA CULTURALE (PERALTRO GARANZIA IDEOLOGIA DI UNA STABILITA' ISTITUZIONALE): SI FACEVA PER CIO' GRAN CONTO SULL'OPERA DEGLI ORATORI GESUITI MA ANCHE SULLE CAPACITA' SCIENTIFICHE DEI SUOI TECNICI E DEI SUOI MATEMATICI (E DEL RESTO LA COMPAGNIA DEI GESUITI PAREVA AI PIU' LA NECESSARIA APERTURA CULTURALE PER LA REALIZZAZIONE, FINALMENTE, DI UN'UNIVERSITA' A GENOVA: E NON A CASO LA PRESTIGIOSA SEDE DEL COLLEGIO SAREBBE POI DIVENTATA SEDE DELL'UNIVERSITA' AGLI STUDI DI GENOVA). LA MATURAZIONE DEL MENZIONATO LASCITO GRIMALDI SI EBBE NEL 1650 ED IN BASE AD ESSA PARVE QUASI SCONTATO CHE LE QUATTRO CATTEDRE CHE SE NE SAREBBERO POTUTE ORGANIZZARE AVREBBERO DOVUTO ESSER AFFIDATE ALLA COMPAGNIA. IN EFFETTI UNA SERIE DI IMPREVISTI PERMISERO L'ISTITUZIONE DI UNA SOLA CATTEDRA QUALLA DI MATEMATICA MA CIO' COSTITUI' IL RICONOSCIMENTO DI UNA SORTA DI AFFIDAMENTO CULTURALE CHE LA REPUBBLICA FACEVA AI GESUITI DELLA SUA GIOVENTU' NELL'ATTESA DI POTENZIARE LE CATTEDRE ED ISTITUIRE UNA UNIVERSITA'. PERALTRO NELL'AMBITO DEL COLLEGIO E NEL CONTESTO DELLA CATTEDRA DI MATEMATICA SI SEGNALARONO TALENTI ASSOLUTI TRA CUI GIOVA RICORDARE GIOVAN BATTISTA BALIANI DESTINATO A RAGGIUNGERE GRANDE FAMA EUROPEA. COME DOCENTE AL COLLEGIO DEI GESUITI (VISTI I SUOI RIFIUTI TEORICI DELL'ATOMISMO E DELLE LEGGI GALILEIANE DEL MOTO) GIUNSE PRESTO AD UNA POSIZIONE DI ASSOLUTO RILIEVO COME SPERIMENTALISTA SI' MA DI MATRICE NON CONNESSA AL GALILEISMO SI' DA FAR TEORIZZARE UN'AGOGNATA CONCILIABILITA' DELLE DOTTRINE DELLA CHIESA CON LA SCIENZA EMPIRICA. EPPURE, NONOSTANTE QUESTI PROPOSITI DI PARTENZA, UNO DEI FATTI CHE MAGGIORMENTE CARATTERIZZANO IL BALIANI FU IL FATTO CHE ACCOLSE COME DISCEPOLO IL CASSINI E PRESTO LO SCOPRI' COME PROMETTENTISSIMO SCIENZIATO, INDUBBIAMENTE CONNESSO ALLE TEORIE DI GALILEO: TANTO CHE LO STESSO BALIANI SI IMPEGNA' A INVIARLO PRESSO IL POTENTE E DOTTO SENATORE BOLOGNESE CESARE MALVASIA, ASTRONOMO SPERIMENTALISTA APERTO AI TEOREMI DI GALILEO, CHE APRI A CASSINI LA VIA A QUEI TRIONFI SCIENTIFICI CHE PASSANDO PER L'ARCHIGINNASIO DI BOLOGNA E LA CORTE DI ROMA LO CONDUSSERO A PARIGI FACENDOLO DIVENTARE IL "RE DELL'OSSERVATORIO ASTRONOMICO DI QUELLA CITTA'".
PER QUANTO CONCERNE IL PONENTE LIGURE I PADRI GESUITI COMPARVERO, STANDO AL MANOSCRITTO BOREA IN SANREMO NEL XVII SECOLO SULLA SCIA DELL'APOSTOLATO DI PADRE POGGI: IVI ISTITUIRONO LORO COLLEGIO, CHIESA (CUI POSSESSO RISALE AL 1623) E CASA, INAUGURANDO CON SUCCESSO UNA APPREZZATA E MODERNA ATTIVITA' DI INSEGNAMENTO.
DIVENNERO SGRADITI NELL'OPINIONE CORRENTE DOPO CHE SI LASCIARONO COINVOLGERE A PRO DI GENOVA DURANTE L'INSURREZIONE DI SANREMO DI META' XVIII SECOLO ED IN MERITO A CIO' NON PARE CASUALE CHE ASSIEME ALLA SOPPRESSIONE LA STESSA CONFISCA DELLA LORO CHIESA IN SANREMO NON ABBIA SUSCITATO ALCUNA REAZIONE DI SDEGNO POPOLARE NELLA CITTA'
Libro nel qual s'insegna a scrivere ogni sorte lettera...
1540
DE GLI INSTRUMENTI
[1] Non è (come forsi parra à qualch'uno) superfluo ò inconveniente l'haver posto la tavola, & figura de tutti gli Instrumenti necessarii à un buono scrittore. Precioche, credo che nessuno negarà esser quasi impossibile far bene, & perfettamente qual si voglia essercitio senza l'instrumenti necessarii, & accomodati, & se ben par che siano cose note à ciascuno, noi non per questo devemo preterirle, essendo l'intento nostro in tutta questa opera (come credo che sia di ciascuno che compone in qual si voglia professione) insegnar, & giovare a quelli che non sanno, ne per questo crederei che si offendessero quei che sanno, ò ne devesi esser imputato.
[2] Dirò adunque trascorrendo brevemente sopra ciascuno instrumento quel poco che ci occorre, per satisfatione de i giovani, & principianti.
[3] Il Calamaro [strumento per antichissima costumanza simbolo dell'ATTIVITA' STUDENTESCA] si bene si può tenere di qualunque sorta, ò materia che non importa molto. Tuttavia quei di legno soglion sempre rasciugar l'inchiostro, & il meglio che si possa fare ê di piombo, perche lo conserva fresco & negro, Di forma vorria essere ne grande , ne piccolo, & con piede largo perche non si dibatta ogni volta che si piglia l'inchiostro, & il vaso che tiene l'inchiostro, tanto largo in bocca quanto in fondo, non molto alto.
[4] Devesi tenere coperto per la polvere che corrompe l'inchiostro, & con poca seta, ò scottone, avvertendo di non mettervi bambace, perche s'attacca sempre alla penna, & si corrompe, & marcisce troppo presto.
[5] L'inchiostro vuol essere ben negro, & che non corra troppo ne sia troppo tenace, il che viene da la gomma, & secondo che si conosce esser bisogno, si può temperare, & assettare. Per cio che essendo troppo corrente che suol far la lettera rognosa, se gli agionge della gomma arabica. Et essendo tropo tenace che non corra per troppa gomma, ò per essere stantile, se gli mette un pochetto di lescia chiara tanto che veggiate star bene. Et devesi mettere nel calamaro posatamente, & non debattendolo come fanno molti, acciò sia puro, & senza feccie, & sopratutto non vouol' essere stantile. Et però quelli, che attendeno a scriver bene, usano farsello da loro istessi, che lo fanno buono à lor modo, & facendone poco per volta acciò sia sempre fresco, che si fà facilmente. Onde anchor che sia cosa notissima non mi par fuor di proposito, ponere il modo di farlo.
[6] A far l'Inchiostro,
Pigliasi adunque tre oncie di galla, qual sia minuta, greve, & crespa, & soppestaretela grossamente. Di poi la metterete à molle in un mezzo boccale di vino, ô vero di acqua piovana, che è assai meglio, & lasciaretela cosi in infussione al sole per uno, o doi giorni. Di poi habbiate due oncie de cuperossa, ò di vetriolo Romano ben colorito, & pesto sottilmente, & rimenando molto con un bastone di fico la detta galla, mettetevela dentro, & lasciatevelo cosi al Sole per uno o doi altri giorni. Di poi rimenando di nuovo ogni cosa, ponetevi una oncia di gomma Arabica che sia chiara, & lustra, & ben pista, & lasciatelo cosi tutto il di. Et per farlo lustro, & bello, aggiongetevi alquanti pezzi di scoze di mele granate, & dateli un bollo al fuoco lentissimo. Di poi colatelo, & servatelo in un vaso di vetro, ò di piombo ben coperto, che sara perfetto.
[7] Le penne [d'epoca rinascimentale, un'evoluzione rispetto al materiale scrittorio d'epoca classica romana] per scrivere lettera cancellaresca verebbono esser d'ocha domestica, dure, & lustre & piu presto piccole che grosse, perché s'adoprano piu facilmente et con più velocità. Ne importa de che ala siano anchor che alcuni ci faccino gran differentia, perche si rompeno, et storceno sopra il calomo che vengano dritte, accio non stiano torte in mano, che faria impedimento grende á lo scrivere veloce, et uguale. Et si vogliono tenere nette da lo inchiostro, che ci resta scrivendo, perche impedisce l'altro che non corra. Et lastate tenerle continuamente in un vasetto con acqua che cuopra solo la temperatura. Perche la penno non vuol haver del secco in modo alcuno che fà la lettera rognosa, & smorta, & è difficilissimo à scriverci. Et però si deve guardare di non fregarle con panno, ò sotto le cenere calde, come fanno molti per farle tonde. Del temprarle si dirà più avanti.
[8] Il Coltellino per temprarle hà da essere di buono acciaio, ben temprato, & ben arrotato, & affilato, & il manico vuol' essere grossetto & quadro, accio non si svolti in mano adoprandolo, & longo per trè volte il ferro & piu, et manco secondo la longhezza del ferro, pur che stia comodo, & fermo in mano, & il ferro vuol essere fermetto & non incavato, & che penda alquanto inante come qui è disegnato, con la costa non tonda, mà quadra, & alquanto tagliente per poterci rader le penne. Non tagliando con esso carta, ne cose agre, che li guastano il filo, ma tenendolo per questo effetto di temprar le penne.
[Quando il Palatino scriveva queste cose si era ormai definitivamente affermata la carta nella cui produzione si affermarono alcune casate genovesi come quella dei Doria (cartiera di Isolabona) e soprattutto quella dei Negrone (cartiere nell'agro di Voltri): le tavolette cerate (soprattutto in contesto pratico e nell'uso scolastico), il papiro e per ultima la pergamena erano state surrogati dalla carta infinitamente più idonea alle tecniche nuove della stampa: ma la cristianità continuava ad essere inferiore, e decisamente, al mondo classico per le strutture culturali di maggior rilievo, le "Biblioteche" che, come strutture pubbliche sarebbero comparse solo nel XVII secolo, cosa che rende d'avanguardia l'istituzione a Ventimiglia della Biblioteca Aprosiana.
Peraltro, nonostante la stampa, le biblioteche "moderne" in alcun modo potevano competere non solo con quei monumenti della conoscenza che furono la Biblioteca di Alessandria d'Egitto (con i suoi grandi bibliotecari) e la Biblioteca di Pergamo in Mesia ma neppure con le tante biblioteche pubbliche e private che a lungo furono vanto di Roma e del suo Impero [aperte al pubblico, provviste di ampie sale di conservazione e lettura oltre che di regolamenti interni, sempre ben esposti al pubblico dei fruitori un cui monumento è tuttora costituito dalla Biblioteca di Celso ad Efeso].
[9] Il Ditale che si tiene nel dito grosso per tagliare le penne, anchor, che si possa far senza esso, tuttavia è molto commodo, à chi l'usa adoperarlo, & vuol esser negro, acciò comparisca meglia la bianchezza de la penna, & la tagliatura d'essa.
[10] La Vernice che s'adopra volendo scriver bene, & netto, vuol' esser data leggiermente, perche la troppa non lassaria correre l'inchiostro. Et in luochi dove non se trovasse, ò per altro effetto, volendola fare da se stesso, si pongano delle scorze d'ova nette dalla sua pellicula di dentro à seccare nel forno, & faccisene polvere, & due parti di questa polvere s'accompagnino con una parte di polvere d'incenso ben pista, & setacciata l'una & l'altra, che darà perfettissima, & molto meglio di quella che si vende. E di poi ch'è scritto, & secco, volendo levare della charta, la verniceche ci poneste per rispetto del l'odore, fregatevi sopra mollica di pane, che se la tira tutta, come se non vi fosse mai stata posta.
[11] Il pie di Lepore s'adopra solo per distendere la vernice per la charta, acciò stia leggiera & uguale. & vuolsi tenere che scrivete una charta, che lo cuopra, accio il braccio non levi la vernice, & imbratti il foglio.
[12] La lucerna con quel suo cappelletto, serve per tener raccolto il lume, onde sia maggiore, & più chiaro, & non offenda la vista, & il lume vuol essere d'oglio, & non di sevo, ò cera perche non dibatta, & sia piu puro, ne bisogna cosi smoccarlo.
[13] Il Compasso, la Squadra, la Riga, il Rigatoio à uno & doe righe, le Molette par stringere la Riga falsa transprente sotto il foglio, serveno per scriver, misuratamente, & uguale, & per fermar la mano, come s'è detto in principio.
[14] Delle Forfice, Spago, Sugello &c. non accade dir cosa alcuna per esser notissima à quel che servono.
[15] Lo Specchio si tiene per conservar la vista & confortarla ne lo scriver continuo. Et è assai megglio di vetro, che d'acciaio.
[16] Lo stilo ch'è disegnato nel calamaro, è usato da molti quando scriveno con diligentia, per tenere ferma la charta innante à la penna, acciò non pigli vento, & si dibatta.