La chiamano anche amantilla, bardo selvatico, erba gatta, vallaricana e baddariana, ma per i botanici è semplicemente VALERIANA OFFICINALIS, presente nelle radure, nei boschi e lungo i declivi prativi delle Alpi e degli Appennini, sino a 2350-2400 metri di altitudine.
È una pianta erbacea, perenne, elegante, alta anche più di un metro, dal fusto eretto e robusto, cavo e scanalato, con foglie composte da dieci, quindici o venti foglioline, ora più larghe, ora più strette, di un bel verde intenso.
Alla sommità del fusto si apre un'ombrella compatta di fiorellini bianchi o rosa che si aprono in maggio-giugno, ben evidenti tra la vegetazione circostante.
Del resto tutta la pianta si fa notare se non altro per l'odore assai penetrante e non proprio gradevole che essa emana non appena la si sfiora o si tenta di raccoglierne i fiori. .
Ama i siti freschi, un poco umidi ed è presente in un'area piuttosto strana, che va dall'Europa verso l'Asia, raggiunge la Siberia e il Giappone e non scende a quote più basse.
Soltanto in Europa interessa, come abbiamo visto, la dorsale appenninica, ma poi diserta tutto il bacino del Mediterraneo.
La cosa è abbastanza misteriosa se si pensa che fu proprio un medico egiziano, nel IX secolo, a commentare per primo le virtù della valeriana, giuntagli forse dall'Estremo Oriente lungo la via della seta o delle spezie, oppure ad opera di qualche nomade tribù emigrata in Asia Minore e quindi spintasi fin sulle rive del Nilo.
Sta di fatto che già attorno al Mille, parlare di valeriana era come nominare un medicamento capace di guarire ogni sorta di infermità, una panacea dalle molte virtù, efficace soprattutto contro gli eccessi nervosi e il mal caduco, che oggi conosciamo come epilessia; si riteneva che quanti ne venivano colpiti potessero acquisire poteri divinatori, tanto da essere degni di ogni rispetto, quasi a sfiorare la superstizione, un po' come accadeva verso i posseduti dalla follia.
Credenze popolari, dicerie e leggende?
Certo, ma una cosa è storicamente accertata: la guarigione di Fabio Colonna, principe romano, che nel 1592 - come raccontano le cronache - era preda di gravi attacchi di epilessia, che cessarono dopo un'intensa cura a base di pozioni di valeriana.
Sta di fatto che questa pianta era tenuta in gran conto, anche perché la sua azione sedativa era valida anche contro la febbre e sostituiva quindi, il ben più efficace chinino che però a quel tempo era del tutto sconosciuto.
Millenni di storia, dunque, per questa pianticella alpina che ancora oggi, malgrado le sofisticate elaborazioni della chimica farmacologica, rimane uno dei validi e celebrati rimedi contro le forme d'ansia, d'angoscia e i lievi squilibri del sistema nervoso; senza contare che il suo uso non provoca sicuramente dannose conseguenze e correlazioni, come spesso accade con farmaci di sintesi.
Anche la valeriana, come tutte le specie aromatico-medicinali, è caratterizzata da un olio essenziale che ne determina, appunto, il caratteristico profumo e che in questo caso raggiunge la percentuale dello 0,5 per cento; contiene 'esteri' dal nome complicato che sono responsabili degli acidi contenuti nella Valeriana essiccata.
A parte queste precisazioni che hanno un interesse puramente scientifico, è interessante ricordare che la valeriana è uno degli esempi più straordinari di sinergismo di tutto il regno vegetale, ossia di azione combinata ed efficace fra tutti i suoi componenti, per cui ognuno di essi concorre a rendere più efficace l'apporto terapeutico di un altro elemento e, così di seguito, in una catena senza soluzione di continuità che ha meritato alla Valeriana l'attributo di meravigliosa droga.
Oltre a ciò la Valeriana è molto usata anche in veterinaria: i gatti amano particolarmente il suo aroma, le api la cercano e ne visitano i fiori quasi con frenesia e la sua radice, essiccata e messa negli armadi, allontana le tarme o tignole.
Nei suoi tessuti, oltre all'olio essenziale, già descritto, si trovano: acido valerianico; acido malico; acido tannico; alcaloidi: catinina; valerianina; valerina; mucillagine; gomma; resina; amido; zuccheri; enzimi: lipasi e ossidasi; fitocidi ad azione antibatterica. .
Quando si parla di VALERIANA, di solito si intende la VALERIANA OFFICINALIS che è anche la più diffusa nel nostro habitat montano e collinare, ma esistono ben centocinquanta specie nella famiglia delle Valerianacee riunite, appunto, nel genere Valeriana.
Ad ogni modo, quelle che vengono tenute in considerazione sotto il profilo terapeutico, ossia quelle comprese tra le officinali sono sei e le elenchiamo per ordine di importanza come validità curativa: Valeriana officinalis, che si raccoglie da marzo a maggio, da agosto a ottobre, presente in tutta la Penisola, Sicilia compresa; Valeriana palustre, ama i luoghi umidi dell'Italia settentrionale e vive anche in Abruzzo; in fiore da aprile a giugno; Valeriana grande, frequente in Lombardia e Veneto; si usa e si raccoglie come la officinalis; Valeriana celtica, predilige le pietraie delle Alpi piemontesi e lombarde; Valeriana saliunca, si trova sui pascoli alpini e appenninici; Valeriana marina, vive soprattutto sui pendii e negli sterpeti di collina, su suolo calcareo.
A parte l'uso di prodotti farmaceutici a base di VALERIANA da assumere contro l'ansia e per riportare il sistema nervoso affaticato a un giusto grado di equilibrio, si consigliano queste pozioni:
- TISANA: si prepara con due grammi di radice di valeriana messi in infusione in cento grammi di acqua bollente per un quarto d'ora; addolcire con miele e berne tre bicchieri al giorno contro ansia, stati depressivi e anche per indurre al sonno; .
- VINO AROMATICO: lasciare a macero per due settimane due grammi di radice ogni cento grammi di vino bianco secco e poi filtrare; berne un bicchierino dopo i pasti per evitare le difficoltà digestive dovute a isterismo, stati depressivi, angoscia; .
- SUCCO: spremendo la parte aerea fresca, raccolta da maggio a luglio, si ottiene un succo da ingerire nella dose di 2-3 grammi al giorno, con ottima azione sedativa. .