Francesco Stelluti nasce a Fabriano il 29 gennaio 1577 da Bernardino e Lucrezia Corradini. …Allor che notte i neri manti suoi
Persius Flaccus, Aulus, Persio tradotto in verso sciolto e dichiarato da Francesco Stelluti Accad. Linceo da Fabriano all'ill.mo et r.mo sig.re il sig. cardinale Barberino - In Roma : appresso Giacomo Mascardi, 1630 - 24, 218, 22 p. : ill. calcogr., 1 ritr. calcogr. ; 4o - Testo latino con italiano a fronte - Segn.: 4-24, "24 A-2G4 - Front. calcogr. inciso da Matthaus Greuter - Ritr. di Persio a c. 21v Bianca l'ultima c. - Localizzazioni: Biblioteca comunale dell'Archiginnasio - Bologna - BO - Biblioteca universitaria di Cagliari - Cagliari - Biblioteca nazionale centrale - Firenze - Biblioteca Trivulziana - Archivio storico civico - Milano - Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III - Napoli - Biblioteca comunale Giosue' Carducci - Citta' di Castello - Biblioteca Ludovico Jacobilli del Seminario vescovile - Foligno - PG - Biblioteca comunale Giosue' Carducci - Spoleto - PG - Biblioteca nazionale centrale Vittorio Emanuele II - Roma - Biblioteca romana e emeroteca - Roma - RM - Biblioteca universitaria Alessandrina - Roma - Biblioteca dell'Accademia delle scienze - Torino
Avviato agli studi giuridici si trasferisce a Roma giovanissimo.
Completati gli studi esercita la professione giuridica per tutta la vita, dedicandosi contemporaneamente agli studi letterari e a quelli scientifici.
Il 17 agosto 1603 fonda, insieme a Federico Cesi, Johannes van Heeck e Anastasio de Filiis, l’Accademia dei Lincei, all’interno della quale viene nominato Consigliere Maggiore con il compito di insegnare ai soci matematica, geometria e astronomia.
Viene anche nominato proponitor delle macchine e degli strumenti matematici e provisor e calculator sui moti delle stelle.
L’appellativo scelto dallo Stelluti per sé all'interno del sodalizio linceo è Tardigrado, che ben rispecchia la sua indole di uomo e studioso tranquillo, prudente e versatile.
Il suo astro protettore è Saturno, quale tutore della capacità di riflessione e di speculazione e il suo motto, Quo serius eo citius, non a caso sottolinea la convinzione secondo la quale solo con la riflessione è possibile arrivare alla Sapienza.
Nel 1604 è autore del saggio Logicae Physicae et Metaphysicae Brevissimum Compendium.
Tra il 1604 e il 1607, in seguito all’intervento del padre di Federico Cesi, i primi Lincei si disperdono e lo Stelluti torna a Fabriano, trasferendosi subito dopo alla corte Farnese a Parma per motivi di studio e lavoro.
Il van Heeck, suo grande amico, nel 1605 lo raggiunge a Parma, dopo le peregrinazioni europee in seguito all’uccisione di uno speziale di Scandriglia, incidente per il quale, senza l’intervento del Cesi e l’aiuto dello Stelluti, sarebbe rimasto imprigionato a vita nelle carceri romane .
Durante il soggiorno parmense dell’Illuminato (questo il nome linceo di van Heeck) lo Stelluti dipinge alcune delle belle e colorate tavole, contenute nei taccuini di viaggio del medico olandese, che raffigurano insetti, farfalle e fiori.
Nello stesso anno lo Stelluti riceve dal Senato romano, per sé e i suoi successori, la cittadinanza e il patriziato romano.
Superato il conflitto con il padre del Cesi i primi lincei tornano a riunirsi a Roma.
Nel 1610 lo Stelluti accompagna Federico Cesi a Napoli in occasione dell’iscrizione del "mago" Giovambattista Della Porta all’Accademia dei Lincei.
Nello stesso anno inizia con gli altri lincei la stesura del
Tesoro Messicano.
Nel 1612 Francesco Stelluti viene nominato procuratore e amministratore dell’Accademia, anche in virtù della sua preparazione in campo legislativo: in tale veste compera casali e terreni caratterizzati da scaturigini solforose per avviare gli esperimenti lincei.
Particolarmente impegnativo si rivela l’incarico di provvedere alla stampa delle pubblicazioni lincee e alla loro diffusione in Italia e in Europa.
Possedendo doti di abile diplomatico, come è testimoniato nel ricco carteggio cogli altri lincei, a lui è affidata la missione di seguire e organizzare a Napoli la seconda sede dell’Accademia, posta nella città partenopea e presieduta da Giovambattista Della Porta.
Nel 1617 lo Stelluti pubblica Il Pegaso, epitalamio nelle nozze di Federico Cesi e Isabella Salviati.
L’anno seguente scrive un’ode in onore di Olimpia Aldobrandini.
Dal 1618 al 1624 vive ad Acquasparta, mentre nel 1625 collabora alla redazione dell’ Apiario.
Nel 1627 completa la traduzione del Persio e cura la redazione del Tesoro Messicano e delle Tabulae phitosophicae del Cesi, già all’epoca ammalato.
Dopo la morte di Federico Cesi, nel 1630 si trasferisce a Roma vivendo per lunghi periodi presso la famiglia Cesi.
In questo delicato momento per l'Accademia, Stelluti si adopera per salvaguardare il patrimonio dell’Accademia e di continuarne le attività, soprattutto le pubblicazioni.
E’ merito suo se vengono proseguite le ricerche scientifiche da parte dei soci lincei e se viene evitata la dispersione del patrimonio librario e del museo naturalistico dell’Accademia, anche grazie all'intervento di Cassiano dal Pozzo che acquista con fondi personali le ricche collezioni lincee-cesiane.
Nel 1632 pubblica il Parnaso, canzone nelle nozze di Gio. Federico Cesi con Giulia Veronica Sforza Manzoli e nel 1635 scrive a penna il Trattato del legno fossile, pubblicandolo nel 1637 contemporaneamente alla riduzione in tavole sinottiche Della fisonomia di tutto il corpo humano di Giovambattista Della Porta.
L’introduzione dello Stelluti alle tavole del Della Porta rivela, come sottolinea la studiosa Tiziana Gazzini:
“lo spiccato interesse di Stelluti per l’uomo, non meno vivace dell’attenzione che egli nutriva verso la natura. […] L’attenzione dimostrata da Francesco Stelluti per l’opera di Della Porta, accanto alla ammirata devozione nutrita per Galilei, rappresentano indizi preziosi alla ricostruzione della figura del Linceo fabrianese nel quadro dell’Accademia e dell’intero secolo. […] Della porta è la ‘magia naturale’, la Fisiognomica, ecc., Galilei il ‘metodo sperimentale’. Stelluti, specchio fedele dell’Accademia riflette queste due anime.” In tal senso lo Stelluti, come avverte la studiosa, va collocato non tanto “tra magia e scienza”, “tra passato e futuro”, ma più opportunamente “tra scienze dell’uomo e scienze della natura. Tra Psicologia e Matematica. Tra futuribile e futuro.” (Tiziana Gazzini, L’uomo di Saturno, in Francesco Stelluti linceo da Fabriano, Fabriano 1986, p. 298).
La poesia è un altro grande interesse dello Stelluti, per il quale, come sostiene Renzo Armezzani
“l’osservazione della natura è sempre sorretta da una emozione estetica; il dato osservato oltre che alla mente indagatrice parla alla sensibilità dell’uomo aperto al richiamo della bellezza. Per lo Stelluti il mondo è pieno di colori, di sapori, di odori, è uno spettacolo che l’uomo deve saper comprendere ma di cui deve anche saper godere. […] Il mondo per lo Stelluti è non solo oggetto di scienza e motivo di rappresentazioni artistiche, ma anche teatro in cui avvengono fantastici avvenimenti straordinari e fatti inconsueti, che affascinano l’immaginazione”
(Renzo Armezzani, Tra scienza poesia magia, p. 379-381).
L’indole lirica dello Stelluti è ben testimoniata da alcuni dei suoi versi
Torna la notte e veste
Di tenebrose bende,
ma perché il vel celeste
a discoprirne prende,
carico di mille rai, bella si rende…
stendeva in terra, al ciel lo sguardo apriva
per osservar la possa e i movimenti
di quei benchè remoti astri lucenti…
Nel 1651 lo Stelluti cura la pubblicazione del Tesoro Messicano e delle Tabulae phitosophicae del Cesi.
FRANCESCO STELLUTI a Roma nel 1653, mentre è ospite nel palazzo del duca Paolo Sforza, secondo marito di Olimpia Cesi, figlia di Federico.
[COMITATO NAZIONALE PER IL IV CENTENARIO DELLA FONDAZIONE DELLA ACCADEMIA DEI LINCEI]