Incerto l’etimo della parola MASCHERA (qui una riproduzione da Storia del balletto di Antoine Goléa, Torino, 1969): probabilmente deriva dal lat. med. màsca, strega, tuttora utilizzato in tal senso nella Lingua piemontese. Si trova traccia dell’origine del termine nell’antico alto tedesco (leggi longobarde) e nel provenzale masc, stregone. Dal significato originale si giunge successivamente a quello di fantasma, larva, aspetto camuffato per incutere paura. L’evoluzione linguistica porta all’aggiunta di una ‘r’ facendo assumere al termine la forma dapprima di mascra e successivamente di mascara. Alcuni studiosi hanno suggerito una derivazione dell’etimo dalla locuzione araba maschara o mascharat, buffonata, burla, derivante dal verbo sachira, deridere, burlare, importata nel linguaggio medievale dalle crociate. Tuttavia tale vocabolo è già presente in alcuni testi anteriori alle crociate. Altri vedono un possibile accostamento con il termine pregallico baska da cui abbiamo il verbo francese rabacher, fare fracasso. Si è dunque probabilmente giunti ad una sorta di processo di assimilazione all’interno del significante ‘maschera’ sia dell’aspetto primordiale di ‘anima cattiva’ o ‘defunto’, sia di un aspetto goliardico e festoso.
Il discorso sulle maschere risulta piuttosto complesso, non solo per quanto concerne l'aspetto etimologico, ma anche in relazione alla componente funzionale e simbolica.
La funzione magica è evidente, sebbene i significati e le funzioni delle maschere variano a seconda dei contesti storici-culturali in cui esse sono state create.
Comune a innumerevoli popolazioni è l’utilizzo di tale simbolo sin dall’età arcaica, raramente sostituito, ma spesso affiancato da pitture corporali, tatuaggi o scarificazioni. Esso comporta un’efficace mezzo di comunicazione tra gli uomini e la divinità ed è strumento per alienarsi dalle convenzioni spazio-temporali, al fine di proiettarsi all’interno di un mondo ‘altro’, divino, rituale, mistico. Colui che indossa la maschera perde la propria identità per assumere quella dall’oggetto rituale rappresentata.
Durante il Paleolitico Superiore, come testimoniato da alcune pitture rupestri in Francia, nel Sahara e nell'Africa meridionale, le maschere furono associate a pratiche di magia omeopatica all’interno di danze antecedenti la caccia. Non indifferente è l’accostamento della maschera a riti guerrieri o ancor più a pratiche funerarie. Un esempio significativo dell’uso funerario della maschera è presente presso la civiltà Egizia (cfr. pratica dell’imbalsamazione), dove l’utilizzo di tali oggetti è attestato a partire dall'Antico regno, sino all’Epoca Romana (I secolo d.C.). Le maschere funerarie compaiono anche nelle tombe regali Micenee (cfr. tomba di Agamennone) e dall'ambito culturale fenicio si diffondono nelle zone occidentali d'influenza punica. Nella Grecia arcaica e classica la maschera non conserva la sua più diretta funzione funeraria, non viene più deposta sul volto del cadavere, ma resta pur sempre legata alla sfera della morte, dell'ira degli dei (maschere rituali di divinità nel loro aspetto irato, esibite dai sacerdoti, in particolare durante rituali misterici) o della natura selvaggia. Testimone illustre dell’utilizzo rituale della maschera è Virgilio, che in un passo delle Georgiche (Georgiche II, 380 sgg.) descrive le maschere indossate in onore di Bacco, in un clima celebrativo gioioso e spensierato, come “ora horrenda”. Tuttavia il rapporto fra maschera e morte si accentua nuovamente nel mondo ellenistico e all’interno dei culti misterici romani. La maschera di Sileno, ad esempio, diviene uno dei simboli per eccelenza della morte iniziatica (cfr. affreschi della Villa dei Misteri a Pompei); all’interno del contesto greco-romano possiamo così ritrovare l’interrelazione fra sacro e profano, attuata per mezzo dell’uso teatrale della maschera.
Importante è sottolineare brevemente come le numerose ricerche etnologiche hanno distinto le differenti funzioni della maschera all’interno delle varie aree continentali: in linea molto generale, la maschera è strumento con cui captare la forza soprannaturale degli spiriti e appropriarsene, utilizzandola a beneficio della comunità. Spesso è associata al culto degli antenati. Il soggetto umano o animale è il più diffuso, essa deve comunque assomigliare allo spirito sul quale si desidera agire, nascondendo colui che la indossa. Tuttavia la maschera non è un travestimento con il quale si cerca di nascondere la propria identità personale, l'uomo mascherato non vuole farsi passare per una divinità, ma è la divinità stessa che lo possiede temporaneamente e che agisce attraverso di lui. La maschera è dunque spesso un simulacro. La funzione sociale della maschera spazia dall’ambito funerario (strumento di comunicazione con lo spirito del defunto per evitare che questo nuoccia ai congiunti), ai rituali di iniziazione (utilizzate durante le danze propiziatorie, divengono oggetto di culto e ricevono offerte), alle cerimonie pubbliche (caccia, raccolta, investitura, ecc.), sino all’utilizzo da parte di alcuni membri delle cosiddette “società segrete” (associazioni, specialmente africane, in cui si riuniscono gli uomini per svolgere alcune attività comunitarie esclusive). Un forte punto di comunione tra le varie tipologie di maschere è il culto degli antenati delle tribù, spesso invocati per ottenere favori benevoli[da "Wikipedia, l'enciclopedia libera on line"]