cultura barocca
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Il "magaglio" che vive quasi solo nella forma dialettale magaju sostanzialmente è una zappa, a forma più frequente di tridente e sulla sua origine quale grecismo, proprio per indicare uno strumento usuale nel ponente ligure, su cui già discusse con competenza estrema Giacomo Molle = quindi sotto voce relativa ne I dialetti italiani, dizionario etimologico, a cura di Manlio Cortellazzo e Carla mM, UTET, Torino, 1998 leggesi màgaiu, sm. (ligure occidentale: anche magàgiu, magàgliu, bagàgiu; siciliano magàghiu, magagghiumi). 'Zappa di ferro a due o tre rebbi con un lungo manico di legno' in siciliano anche 'bastone'e 'vite grossa'. Dal greco makella 'grossa zappa' bene reppresentata in tutta la Provenza (vedi carta attiva multimediale) e nelle Alpi Marittime (carta attiva multimediale) [vedi FEW = Walther von Wartbur, Franzosiches Etymologisches Worterbuch, Bonn-Leipzig-Tubingen-Basel, 1922 e seguenti e DEI = Carlo Battisti - Giovanni Alessio, Dizionario etimologico della lingua italiana, Barbèra, 190-1957....: vedi anche: Italo Calvino, donne e uomini e ragazzi a rivoltare la fascia della terra a sordi colpi di "magaiu" (il bidente a tre becchi) o, sempre col "magaiu", facendo girare l'acqua nel loro( in La strada di San Giovanni, Milano, 1990, p. 31)] ": grossomodo lo stesso principio è ripreso dal dialettologo Fiorenzo Toso che parla di grecismi diffusi dalla colonia focese di Marsiglia ( forse "magaju/bagagiu, 'zappa' attraverso il provenzale magalh ) non sempre distinguibili peraltro dal successivo apporto bizantino e neogreco (pag. 200, nota 17 nel saggio La Liguria in, a cura di Manlio Cortellazzo, Carla Mercato, Nicola De Blasi, Gianrenzo P. Clivio, I dialetti italiani, storia, struttura, uso, UTET, Torino, 2002 ).
Dai tempi antichi la makella - come qui ben si vede - fu accostata al latino ligo, -onis (zappa) alla maniera che anche si legge nel sommo Ambrogio Calepino sotto voce ligo autore e filologo citatissimo nel repertorio biblioteconomico aprosiano del 1673 intitolato Biblioteca Aprosiana....
Ne Le Opere e i Giorni [vedi qui di Daniele Hensius l' Introductio in Doctrina Operum et Dierum cum Indice Georgii Pasoris e pure le Lectiones Hesiodeae di Johann Georg Graeve latinizzato Graevius (Naumburg, 29 gennaio 1632 – Utrecht, 11 gennaio 1703) filologo olandese - allievo del celebre classicista Johann Friedrich Gronow corrispondente di Aprosio cui, definendo "il Ventimiglia" Sebasmiotate cioè "Reverendissimo", nel 1670 da Leida scrisse questa lettera, in merito alla ricezione di libri aprosiani, edita nella Biblioteca Aprosiana del 1673-, che insegnò eloquenza a Utrecht dal 1662 al 1703 e e curò edizioni di Luciano di Samostata, Catullo, Properzio, Floro e Svetonio, ma soprattutto di Cicerone, del quale pubblicò le "Lettere"] il grande poeta greco Esiodo tratta della makella (sopra verso 470). Nella sua traduzione di questa opera esiodea Ettore Romagnoli scrisse ="Volgi la prece a Giove terrestre e alla pura Demètra, perché sian gravi, quando maturano, i chicchi del grano,/ quando tu prima ad arare cominci, e la stiva all’estremo/ manico impugni, e il dorso dei bovi col pungolo incalzi,/ mentre il cavicchio tendon le cinghie. E ti segua un ragazzo/ [470] alto cosí, con la mazza, che appresti fatica agli uccelli,/ coprendo la semenza. Ché l’ordine è cosa fra tutte/ ottima pei mortali: fra tutte il disordine è tristo./ Si curveranno a terra le spighe, cosí, pel rigoglio,/ se dell’Olimpo il Sire vuol dare buon esito ad esse/... ": in definitiva egli segue l'ipotesi dello "Scaligero" di mazza per spaccare, però già contestata dal Salmasio. Ed infatti sulla base del Salmasio -e delle sue indagini sulla coltivazione e seminagione il Clericus avalla l'interpretazione di ligo, ligonis che si legge nella traduzione latina entro l'opera del Graevius ed altri filologi e che viene ribadita nell'indice filologico: termine zappa che compare nella maggior parte delle traduzioni antiche e moderne.
Analizzando la stampa seconda a corredo del libro si potrebbe anche pensare ad una scorretta disposizione dei numeri indicanti i vari strumenti se, al numero 10 , non comparisse invece la sminue (latinamente bidens = bidente): a titolo soltanto documentario, rierendosi qui a tempi "recenti (XVIII sec.)nell'opera di Cosimo Trinci (XVII - XVIII sec.), "L'agricoltore sperimentato..." [Venezia 1796: VI ed. accresciuta della celebre opera di agronomia "L'agricoltore sperimentato, opera di Cosimo Trinci", pubblicato da Per Salvatore, e Gian-Dom. Marescandoli, 1726] fra i tanti testi digitalizzati qui sotto esposti nell'indice compare il Trattato sopra la coltivazione delle viti descritto da M. Bidet uffiziale della Casa Reale aggiutovi un trattato sulla stessa materia di M. Bussato da Ravenna ove a fondo di pagina 310, consigliandosi per certi yrattamenti del terreno la nota rimanda a questa tavola effigiante una zappa bidente.
in merito invece alle IMMAGINI DEL QUI PROPOSTO TESTO RIPORTANTE LE OPERE DEL GRECO ESIODO, che sono di XVII-XVIII sec., si deve allora ritenere che al disegnatore e all'incisore sia stato trasmessa l'immagine di un ligo non essendovi idea, specie tra questi autori stranieri, della vera tipologia di quello strumento che era andato a costituire il Magaju anche se sulla base di alcune indagini, moderne e non, sarebbero esistiti
COME SI VEDE IN QUESTO VALIDISSIMO SITO SULLA ROMANITA'
tipi di zappa dentata

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