da "Sanremo romana"

Il manoscritto in questione è stato pubblicato dal citato De Pasquale in "Sanremo Romana".
Lo stesso manoscritto [custodito presso l'Archivio di Stato di Genova al n. 253 della "Pandetta della collezione dei manoscritti e libri rari" sotto la dicitura "Antichità di Sanremo (ms. forse dell'abate Bernardo Poch, sec. XVIII)] fu però studiato criticamente da Andrea Eremita in "Corso di Aggiornamento, Storia Locale II", presso I.T. C. Fermi di Ventimiglia, anno scolastico 1991-2 ("...sulla cima del monte Caggio si rinvenne un cumulo terroso di tipologia tronco - conica, alla cui base furono individuati i reperti di un castellaro... = nel 1992 l'esperto indagatore del passato e della sua topografia A. Eremita, sulla base di un mappale in "Archivio di Stato di Genova, Manoscritto n. 253", carte 37-8, ha individuato una descrizione anonima seicentesca del castellaro, a 8 gradoni, cui fu allegata una carta del luogo ed una sua ricostruzione ipotetica...": così venne registrato nella relazione del corso a cura di B. Durante con la supervisione critico-documentaria-iconografica di E. Eremita)].
Rimandandone la lettura integrale, conservativa e critica al lavoro del De Pasquale (appendice), del documento viene qui proposta, in grafia e morfologia modernizzate, la trascrizione che concerne la descrizione antiquaria del presunto castellaro del MONTE CAGGIO:
"...Nel suddetto ciglio [del Monte Caggio, verso levante] fatto a guisa di pigna si vede che all'intorno girano un mucchio di dirupati sassi e rovinate macerie e verso ponente e mezzogiorno più distintamente si vedono le soglie e fondamenta di otto muri tutti gli uni sopra gli altri e per quanto si veda di che siano stati impastati non si scerne però se di terra o calcina, mentre facendone la prova subito si tritola e in polvere si riduce. Molto bene però si distingue, in alcune parti, simili muri in tale luogo alti ancora sino a tre palmi, e distanti l'uno dall'altro 4 palmi e così successivamente l'uno all'altro sino al numero di 8 succedono che giudicheresti questo monte coronato con 8 corone di rozzi sassi. Il primo di questi 8 muri posa con le sue fondamenta in una piazza, quale verso ponente e mezzogiorno, e sostenuta da una ben regolata macerie di grossi sassi ivi artificiosamente lavorata e detta piazza si vede fatta dall'arte e in dette parti gira passi 98 e dalle fondamenta del primo muro sino al margine di essa piazza sono passi 12, in questo verso mezzogiorno si vedono le vestigia e mura di una casetta diroccata e in alcuna parte dette mura sono ancora all'altezza di cinque palmi in alcune altre tre; in essa piazza si vedono alcuni sassi lavorati dall'arte e si scorgono in qualche parte squadrati: ve n'è uno qual piano forma una tavola, ne sono altri ivi dispersi che forman sedili. Verso tramontana e levante non gira così detta piazza per incontrar ivi rupi grossissime, formando in qualche sito precipizi e in altri quasi aprendosi il seno aprono due caverne capaci di ricevere centinaia di persone [A. Eremita tentò un'ispezione all'area, riscontrando però che se vi esistevano delle grotte la loro ispezione poteva essere estremamente pericolosa per il rischio di frane e da giudicare quindi assolutamente sconsigliata] e difenderle da ogni ingiuria de tempi e restano più bassi dei suddetti muri. In detta piazza e nel sito ove si formano dette rupi vi sono le 8 macerie che ancora tante si contano dalle vestigia: l'una sopra l'altra e distanti l'uno dall'altro da quattro in cinque palmi, l'ottavo e ultimo muro questo forma una piazzetta quasi ovata (dissi quasi perché non è tonda perfetta e è di diametro passi 24)..."