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Repubblica di Venezia o Serenissima Repubblica di Venezia od anche l'appellativo semplice di Serenissima, assieme a quelli di Repubblica di San Marco e di Repubblica Veneta, è il nome di un antico Stato dell'Italia nordorientale che, includendo gran parte delle coste ed isole dell'Adriatico, si estendeva sino al Mediterraneo orientale e la cui capitale era Venezia.
Francesco Petrarca, in una lettera inviata ad un suo amico di Bologna nell'agosto del 1321, così descriveva la Serenissima Repubblica di Venezia: « [...] quale Città unico albergo ai giorni nostri di libertà, di giustizia, di pace, unico rifugio dei buoni e solo porto a cui, sbattute per ogni dove dalla tirannia e dalla guerra, possono riparare a salvezza le navi degli uomini che cercano di condurre tranquilla la vita: Città ricca d'oro ma più di nominanza, potente di forze ma più di virtù, sopra saldi marmi fondata ma sopra più solide basi di civile concordia ferma ed immobile e, meglio che dal mare ond'è cinta, dalla prudente sapienza dè figli suoi munita e fatta sicura » Le origini
La nascita del Ducato
La Repubblica nacque nel IX secolo, dai territori bizantini della Venetia maritima, dipendenti dall'Esarcato di Ravenna fino alla conquista di questa città da parte dei Longobardi nel 751.
La tradizione vuole che il primo doge, Paulicio Anafesto, fosse eletto nel 697 dai Venetici, tuttavia la nascita del ducato è da inquadrarsi nella riforma delle province italiche di Bisanzio, con la nomina a capo di queste di duces, cioè comandanti militari (di nomina imperiale per tramite dell'esarca ravennate), nel tentativo di arginare l'invasione longobarda.
La figura del dux bizantino, divenuto nei secoli doge, conquistò quindi una sempre maggiore autonomia, attuando una politica via via sempre più indipendente, spostando la sede da Eracliana (Eraclea) prima a Metamauco (Malamocco) e infine nell'810 a Rivus Altus (Rialto), l'odierna Venezia, città dalla posizione più difendibile, poiché situata al centro della laguna.
La conquista dell'elettività ducale e l'indipendenza
Nel 726 l'estensione all'Italia dei provvedimenti iconoclasti dell'imperatore Leone III provoca la reazione del Papa e il diffondersi di rivolte in tutti i territori bizantini d'occidente (come del resto in quelli d'oriente): nella Venezia il popolo e il clero in rivolta prevaricano il diritto imperiale alla nomina del Dux, tuttavia, nonostante la ribellione, la Venezia interviene a sostegno dell'Esarcato contro i Longobardi.
Tra il 737 e il 741 i Bizantini riportano il governo della provincia nelle mani di magistrati elettivi annuali, i Tribuni dei Militi, fino a che nel 742 l'imperatore concede al popolo la nomina del Dux.
La definitiva perdita bizantina di Ravenna, nel 751, e la conquista del regno longobardo da parte dei Franchi di Carlo Magno nel 774, con la successiva creazione del Sacro Romano Impero nella notte di Natale dell'anno 800, mutano definitivamente il contesto circondante il ducato di Venezia.
Franchi e Bizantini se ne contendono il dominio, mentre all'interno ci si divide tra il partito filofranco e quello filobizantino: nell'805 si ha la distruzione franca di Eracliana (mentre la sede ducale è trasferita a Metamauco); nell'806 il ducato si pone sotto la protezione di Carlo Magno, ma un blocco navale bizantino convince i Veneziani a riconoscere fedeltà all'imperatore d'Oriente; nell'809 l'esercito franco comandato da Pipino invade la Venetia e assedia Metamauco, mentre il Dux si rifugia nelle isole interne della laguna; nell'810 la flotta veneziana intrappola e distrugge quella franca nelle secche tra Metamauco e Popilia; nell'812 la capitale è definitivamente spostata a Rivoalto (Venezia).
Al sicuro nella nuova città il ducato veneziano rimane un'isola bizantina nel mare del medioevo feudale d'occidente.
Tuttavia nei due secoli successivi le istituzioni e la politica veneziane si distaccheranno progressivamente sempre più dalle vicende di un'impero sempre più lontano, la cui sovranità si farà sempre più meramente formale.
È in questo periodo che, a fianco dei tentativi di costituire un sistema politico su modello imperiale bizantino (con il tentativo di rendere ereditaria la carica ducale tramite l'adozione del sistema di associazione al trono di un erede "co-Dux"), si viene sviluppando un sistema di famiglie patrizie in concorrenza per il potere (segno ne sono le frequenti rivolte e deposizioni dei "Dogi", tonsurati, accecati ed esiliati), nucleo della futura oligarchia mercantile a capo dello Stato.
La grande espansione
L'Adriatico e i commerci
I possedimenti veneziani intorno al 1000.
Nel basso medioevo, Venezia divenne estremamente ricca, grazie al controllo dei commerci con il Levante, e iniziò ad espandersi nel Mar Adriatico e oltre.
Questa fase d'espansione ebbe inizio a partire dall'anno 1000, quando la flotta guidata dal doge Pietro II Orseolo per combattere i pirati che opprimevano con le loro incursioni le coste veneziane ricevette la sottomissione delle città costiere istriane e dalmate e il successivo riconoscimento da parte dell'imperatore bizantino del titolo di duca d'Istria e Dalmazia.
Nel 1071 la lotta per le investiture tra Gregorio VII ed Enrico IV era già in atto, ma Venezia, rimanendo fedele alla sua politica di equilibrio tra le grandi potenze, non parteggiò né per il pontefice, né per l’imperatore.
Nel sud dell’Italia i Normanni erano diventati i veri protagonisti.
Dapprima i Veneziani avevano allacciato buoni rapporti con gli Altavilla; ma allorché essi cominciarono ad intervenire nell’Adriatico avvenne la rottura.
L’occupazione normanna di Durazzo e di Corfù indusse i Veneziani all’azione armata.
La guerra durò più di due anni e le operazioni navali e terrestri non furono favorevoli agli alleati veneto-bizantini.
Quando Roberto il Guiscardo moriva il suo esercito abbandonava le posizioni raggiunte per ritornare in Puglia.
Con la scomparsa del normanno, Venezia riuscì ad ottenere da Costantinopoli quanto aveva desiderato.
Il “crisobolo” (o bolla aurea) del maggio 1082, con cui l'Imperatore d'Oriente concedeva ai suoi mercanti ampi privilegi ed esenzioni in tutta la Romània: questa iniziale concessione venne poi successivamente più volte ampliata ed affiancata da altri atti con cui gli imperatori via via premiarono e poi pagarono il sostegno navale dei loro ex-sudditi.
Lo Stato da Màr
L'accresciuta potenza e l'alto numero di privilegi misero nel tempo in rotta Bizantini e Veneziani, portando ad un succedersi di contrasti che favorirono l'espansione commerciale genovese in Oriente.
Venezia non profuse molti sforzi per aiutare i Bizantini nelle prime tre crociate: intervenne per favorire la presa di Gerusalemme quando la prima crociata era già avviata; non partecipò ne alla seconda crociata tantomeno alla terza crociata che procurò notevoli vantaggi commerciali alle rivali Pisa e Genova.
Nel 1148 venne istituita la Promissio Ducale, il giuramento di fedeltà costituzionale del Doge, che da quel momento, continuamente rinnovata ad ogni nuova elezione, limitò progressivamente sempre più i poteri del principe, ponendo le basi di sviluppo delle altre istituzioni repubblicane.
Sotto il dogato di Enrico Dandolo, la flotta veneziana fu cruciale nel sacco di Costantinopoli, durante la quarta crociata del 1204.
Quella crociata pose fine all’impero Bizantino e originò l’Impero Latino d’Oriente, che assumeva le forme istituzionali caratteristiche della feudalità occidentale.
I territori dell'Impero bizantino vennero spartiti in quattro tra l’Imperatore Baldovino di Fiandra, il Marchese del Monferrato, i principi e i baroni franchi e la Serenissima.
Venezia guadagnò molti territori nel Mar Egeo, tra cui le isole di Creta ed Eubea, e numerosi porti e piazzaforti nel Peloponneso, oltre ad una posizione di preminenza nell'effimero Impero Latino creato dai crociati, dove venne riservato al doge veneziano il titolo di Signore di un quarto e mezzo dell'Impero Romano d'Oriente, oltre che la facoltà di nominare il Patriarca latino di Costantinopoli.
Nel 1297 la Serrata del Maggior Consiglio, precludendo a nuove famiglie l'accesso al governo dello Stato, diede a Venezia la definitiva forma di Repubblica oligarchica.
La Repubblica si espanse nei secoli successivi, anche dopo la ricostituzione dell'Impero Bizantino, in molte isole e territori dell'Adriatico e del Mar Mediterraneo, venendo a comprendere per secoli quasi tutte le coste orientali dell'Adriatico (interamente noto come "Golfo di Venezia"), ma anche le grandi isole di Creta ("Candia" per i veneti) e Cipro, gran parte delle isole greche e del Peloponneso ("Morea" per i veneti).
Le sue propaggini arrivano a più riprese fino al Bosforo.
Il complesso di questi vasti domini insulari e costieri venne a costituire quello che i veneziani chiamavano lo Stato da Màr (lett. lo "Stato di Mare", contrapposto ai "Domini di Terraferma" e al "Dogado").
Per secoli la Repubblica è stata primariamente uno stato composto di isole e fascie costiere, che costituivano il cosiddetto "Stato da Màr".
Solo limitate inclusioni di aree del retroterra lagunare erano state effettuate per costituire capisaldi difensivi contro l'espansione di città come Padova e Treviso.
All'inizio del XV secolo, i veneziani iniziarono tuttavia ad espandersi notevolmente anche nell'entroterra, in risposta alla minacciosa espansione di Gian Galeazzo Visconti, duca di Milano dal 1395.
Nel 1410, Venezia aveva già conquistato gran parte del Veneto, comprese importanti città come Verona e Padova.
La Repubblica arrivò a comprendere il territorio di quella che era stata la X regione augustea della penisola italica (Venetia et Histria).
Nel 1428 divennero veneziane pure le città lombarde di Bergamo, Brescia e Crema.
Un ruolo importante in queste campagne militari lo giocò il condottiero Bartolomeo Colleoni.
Nel 1489 fu annessa l'isola di Cipro, precedentemente uno stato crociato, ceduto dalla sua ultima sovrana, la veneziana Caterina Cornaro (in ven. "Cornèr").
Nel 1495 Venezia riuscí ad espellere Carlo VIII dall'Italia grazie alla battaglia di Fornovo, respingendo il primo di una serie di assalti francesi.
Temporaneamente ad inizio del XVI secolo furono venete pure Cremona, Forlì, Cesena, Monopoli ecc.
Con tale espansione i veneziani entrarono però in conflitto con lo Stato Pontificio per il controllo della Romagna.
Questo portò nel 1508 alla formazione della Lega di Cambrai contro Venezia, nella quale il Papa, Re di Francia, Imperatore del Sacro Romano Impero e il Re d'Aragona si unirono per distruggere Venezia.
Anche se nel 1509 i francesi furono vittoriosi nella Battaglia di Agnadello, le armate della lega dovettero arrestarsi ai margini della laguna: la coalizione si ruppe ben presto, e Venezia si ritrovò salva senza aver subito gravi perdite territoriali; la flotta fu però quasi completamente distrutta nella battaglia di Polesella alla fine di quell'anno, sotto il fuoco dell'artiglieria degli Estensi ormai rimasti soli nel fronteggiare Venezia.
La Repubblica dovette rinunciare ad esercitare la propria pressione politica sul piccolo ducato ma i confini rimasero assestati su quelli segnati alla fine della guerra del Sale nel 1484.
Il declino
Le guerre con i Turchi
Dall'inizio del XV secolo un altro pericolo minacciava la repubblica: l'espansione dell'Impero Ottomano nei Balcani e nel Mediterraneo orientale.
Nel secolo XVI il successore di Solimano sul trono ottomano, Selim II, riprese le ostilità nei confronti dei superstiti domini veneziani nell’oriente attaccando l’isola di Cipro, che cadde dopo una lunga ed eroica resistenza.
Venezia reagì inviando una flotta nell’Egeo e allacciando rapporti con Pio V allo scopo di creare una Lega cristiana per sostenere lo sforzo bellico della Serenissima.
La Lega venne conclusa il 25 maggio del 1571.
Essa vedeva riunite le forze di Venezia, Spagna, Papato e Impero, sotto la presidenza di Giovanni d'Austria, fratello di Filippo II re di Spagna.
Le duecentotrentasei navi cristiane riunitesi nel golfo di Lepanto si scontrarono con le duecentottantadue navi turche comandate da Capudan Alì Pascià.
Era il 7 ottobre del 1571 e la grande battaglia navale, combattuta da mezzogiorno al tramonto, si risolse con la vittoria della Lega cristiana.
Nonostante la vittoria di Lepanto, nel trattato di pace, Venezia si vide costretta a cedere agli ottomani l’isola di Cipro ed altri possedimenti.
Quel trattato iniziava la decadenza militare e marittima della Serenissima.
Nel XVII secolo, precisamente nel 1669, dopo un lungo conflitto, venne persa anche Creta.
Venezia riuscì tuttavia ancora a riconquistare nel 1699 la Morea, il quale fu, però, presto riconquistata, nel 1718, dall' Impero Ottomano.
Il Settecento
Nel XVIII secolo la Repubblica, non più potente come prima, si adagia in una politica di conservazione e neutralità.
Tuttavia la "Serenissima" - anche se ormai politicamente sulla via del tramonto - brillava ancora dal punto di vista del profilo culturale, basti ricordare al riguardo i nomi di Vivaldi, Goldoni e il Canaletto.
Verso la fine del secolo, poi, la vita pubblica era caduta preda di travagli politici interni provocati dalle nuove idee introdotte dalla Rivoluzione Francese.
La Caduta
Nonostante la propria dichiarata neutralità durante la campagna d'Italia condotta dalla Francia rivoluzionaria, la Repubblica venne invasa dalle truppe francesi di Napoleone Bonaparte (1797), che occupano la terraferma, giungendo ai margini della laguna.
A seguito delle minacce francesi di entrare in città, nella seduta del 12 maggio 1797, il Doge e i magistrati depongono le insegne del comando, mentre il Maggior Consiglio abdica e dichiara decaduta la Repubblica, istituendo il governo di una Municipalità provvisoria, nel terrore generale di rivolta suscitato dalle salve di saluto dei fedeli soldati "schiavoni" (istriani e dalmati), che obbediscono all'ordine di evacuazione impartito per evitare scontri.
Napoleone entra così a Venezia senza quasi che sia sparato un solo colpo, se non una salva d'artiglieria ordinata dal Forte di Sant'Andrea (che non era ancora stato avvisato della resa) che distrusse la fregata francese "Le Liberateur d'Italie" mentre tentava di forzare l'ingresso in laguna.
Poco dopo anche l'Istria e la Dalmazia, ormai caduta la madrepatria, si consegnano ai francesi.
Durante i moti del 1848, ci fu un breve tentativo di restaurare l'antica repubblica (sia pure nella prospettiva dell'unione col Regno di Sardegna).
La città insorse contro gli austriaci il 17 marzo 1848 e, con la guida di Daniele Manin e Niccolò Tommaseo, fu proclamata la Repubblica di San Marco, che, nel generale fallimento dei moti insurrezionali della penisola, resistette all'assedio austriaco fino al 22 agosto 1849.
Governo
La sovranità apparteneva formalmente all'Arengo (il popolo veneziano), che la esercitava nel momento dell'approvazione del Doge, eletto con un complicato sistema, elaborato per impedire brogli: nelle epoche più antiche l'approvazione rappresentava una vera e propria conferma da parte dei cittadini liberi dell'elezione del "Dux" veneto-bizantino da parte dei patrizi e del clero, poi, con il progressivo instaurarsi della forma oligarchica della Repubblica, il residuo dell'antico potere venne a sedimentarsi nella tradizionale acclamazione del popolo al nuovo Doge.
Il Doge rappresentava formalmente la sovranità e la maestà della Repubblica, ma aveva scarso potere (essenzialmente il diritto di guidare in guerra l'esercito e la flotta) ed era coadiuvato e controllato nelle proprie funzioni da sei consiglieri, coi quali costituiva il Minor Consiglio (o Serenissima Signoria).
La sovranità risiedeva invece nel Maggior Consiglio, l'organo fondamentale dello Stato (esso rappresentava fino alla "Serrata del Maggior Consiglio" i notabili della città, poi i membri della sola aristocrazia), al quale appartenevano di diritto i membri maschi e maggiorenni delle grandi famiglie patrizie, mediamente circa un migliaio di individui.
Il Maggior Consiglio esercitava poi la propria sovranità attraverso dei Consigli minori di sua emanazione: il Collegio, cioè il governo della Repubblica, il Senato (o Consiglio dei Pregadi), responsabile per la politica estera, il Consiglio dei Dieci, responsabile della sicurezza dello Stato, e i tribunali della Quarantia.
In particolare il Consiglio dei Dieci venne nel tempo a costituirsi come un organismo quasi onnipotente, baluardo delle istituzioni repubblicane e dell'ordinamento oligarchico.
L'aristocrazia veneziana era una categoria sociale relativamente aperta: ad essa si poteva accedere per grandi meriti e servigi offerti alla Repubblica. In pochi casi, per rimpinguare le finanze in tempo di guerra, la Repubblica vendette l'iscrizione al "libro d'oro" dell'aristocrazia.
L'aristocrazia non era solo una classe di privilegiati, ma anche di servitori professionisti dello Stato, educati nell'università di Padova.
Infatti i nobili veneziani lavoravano nell'amministrazione anche come segretari di ufficio, contabili, capitani di porto, e anche giudici.
Per impedire il concentrarsi del potere in poche mani, garantire un certo ricambio e consentire al maggior numero di aristocratici di avere un impiego, tutte queste cariche erano di breve durata, spesso di un solo anno.
Erano spesso mal pagate, tanto che molti nobili sopravvivevano grazie alla assistenza pubblica per gli aristocratici poveri.
Un capitolo a parte merita l'amministrazione della Giustizia, ammirata per secoli in tutto il mondo tanto da meritare alla Repubblica il titolo di Serenissima, proprio per la maniera equilibrata di fare giustizia.
Essa si basava su un ridotto ruolo degli avvocati, su giudici non di carriera (aristocratici nominati per 1 o 2 anni, anche nelle alte gerarchie), e soprattutto per il modo di applicare le leggi al singolo caso concreto, che teneva conto delle decisioni precedenti (giurisprudenza) ma soprattutto mirava a realizzare la giustizia sostanziale, anche negando la applicabilità di certe leggi se queste ledevano i principi superiori di giustizia, ossia la verità, il buon senso, la fede e l'equilibrio naturale delle cose.
Le istituzioni del Governo della Repubblica di Venezia erano strutturate in otto livelli.
Alla base c’era il Maggior Consiglio al vertice il Doge e gli Inquisitori di Stato.
I livelli di potere erano così strutturati:
I Livello
1a) - Maggior Consiglio, composto nel 1500 da più di 2000 e nel 1797 da circa 1000 patrizi veneti.
1b) - A pari livello, centinaia di nomine negli Uffici Minori, eletti dal Maggior Consiglio (1a)
II Livello
2a) - Senato, composto da 120 patrizi, eletti dal Maggior Consiglio (1a)
2b) - Consiglio dei Quaranta o Quarantia, composto da patrizi, eletti dal Maggior Consiglio (1a).
2c) - Governatori e Comandanti , eletti dal Maggior Consiglio (1a).
2d) - Commissari e vari Comitati , eletti dal Senato (2a) III Livello
3a) - Consiglio dei Dieci, con la “Zonta”, composto da patrizi, eletti dal Maggior Consiglio (1a).
3b) - Capi della “Quarantia”, nel numero di 3 patrizi, eletti dal Consiglio dei Quaranta (2b).
3c) - Ambasciatori, eletti dal Senato (2a)
3d) - Savi di Terra Ferma , nel numero di 5 patrizi, eletti dal Senato (2a)
3e) - Savi agli Ordini, nel numero di 5 patrizi, eletti dal Senato (2a)
IV Livello
4a) - Savi Grandi , nel numero di 6 patrizi, eletti dal Senato (2a)
4b) - Consiglieri ducali , nel numero di 6 patrizi, eletti dal Maggior Consiglio (1a).
V Livello
5a) - Capi del Consiglio dei Dieci, nel numero di 3 patrizi, eletti dallo stesso Consiglio (3a)
VI Livello
6a) - Inquisitori di Stato, nel numero di 3 patrizi, eletti dai 6 Consiglieri ducali (5b) e dai 3 Capi del Consiglio dei Dieci.
VII Livello
7a) - Procuratori di San Marco, nel numero di 9 patrizi, 3 "de supra", 3 "de citra" e 3"de ultra" eletti dal Maggior Consiglio (1a).
VIII Livello
8a) - il Doge , eletto dal Maggior Consiglio (1a).
Nella Repubblica di Venezia venivano considerati organi supremi: il Doge, i 9 Procuratori di San Marco, i 3 Inquisitori di Stato, i 3 Capi del Consiglio dei Dieci, i 6 Consiglieri Ducali, i 6 Savii Grandi. Il Doge supremo magistrato della Repubblica, era eletto a vita e dal momento dell'elezione, che avveniva con un complicatissimo sistema di votazioni e ballottaggi (estrazioni a sorte), e dell'incoronazione davanti al popolo, con la pronuncia della Promissione Ducale, risiedeva nel Palazzo Ducale, ricevendo onori e circondandosi di un cerimoniale fastoso e solenne che doveva manifestare la gloria e la potenza della Repubblica. Doveva tuttavia provvedere da sé al sostentamento proprio e della propria famiglia; i suoi unici poteri consistevano nella nomina del Primicerio e dei Canonici della Basilica di San Marco e la facoltà di condurre in guerra l'armata. Numerosi erano i simboli propri della dignità dogale:
il Corno Ducale, corona del doge, riprendeva la foggia del berretto frigio, antico copricapo dei militari bizantini, ricordando l'antica origine di governatore militare imperiale.
la Cuffia, simile a quella indossata dal Papa, veniva portata al disotto del Corno Ducale ed era annualmente intessuta e donata dalle monache del convento di San Zaccaria.
il Manto Dorato, simbolo della maestà e opulenza di Venezia. la Spada Cerimoniale, la Sedia e l'Ombrello, il Cero Benedetto, le Sei Trombe d'Argento e gli Otto Gonfaloni che accomagnavano il Doge nelle processioni solenni per perpetua concessione di papa Alessandro III nel 1177, assieme all'uso di un Anello Benedetto per la cerimonia dello Sposalizio del Mare.
La Serenissima Signoria e il Minor Consiglio
Isituito fin dal 1178, il Minor Consiglio si componeva dei sei Consiglieri ducali (uno per ciascuno dei Sestieri della città): era il più antico organo collegiale della Repubblica, creato per coadiuvare e sorvegliare l'operato del Doge, limitarne i poteri e curarne la corrispondenza. Il più anziano dei sei consiglieri sostituiva il "Serenissimo Principe" nei casi d'assenza o di impedimento. Nel corso del tempo, e per gli stessi motivi che avevano portato all'istituzione dei consiglieri ducali, al Minor Consiglio vennero affiancati i Tre Capi della Quarantia, fino ad esserne cooptati. Queste 9 personalità costituivano, insieme al Doge, il vertice dello Stato e andavano sotto il nome di Serenissima Signoria, termine che era andato nel tempo a sostituire la più antica espressione di Commune Veneciarum.
Il Collegio dei Savi e il Pieno Collegio
Il Collegio dei Savi o semplicemente Collegio fu istituito 1380 e costituiva in pratica il consiglio dei ministri della Repubblica. Si componeva di:
sei Savi Grandi;
cinque Savi agli Ordini;
cinque Savi di Terraferma;
che disponeva in materia di politica estera, finanze e affari militari, stabilendo l'agenda dei lavori del Senato: nei casi in cui veniva presieduto dalla Signoria il Collegio assumeva il nome di Pieno Collegio.
Il Senato
Istituito nel 1229 e noto anche come Consiglio dei Pregadi (lett. di coloro che venivano "pregati" di fornire il proprio consiglio al Doge), il Senato della Repubblica si componeva del Collegio (presieduto dalla Signoria) e di sessanta senatori, cui si aggiunsero successivamente, nel 1279, altri sessanta membri che costituivano la cosiddetta Zonta (lett. "aggiunta", da cui l'odierno italiano "giunta"). A questi potevano aggiungersi funzionari, ambasciatori, comandanti militari, di volta in volta convocati per riferire delle loro missioni o per fornire il proprio parere nelle questioni trattate. Il Senato era infatti l'organo deliberativo della Repubblica, che si occupava di discutere della politica estera e dei problemi correnti, per i quali si configurava come un organismo decisionale più snello rispetto al Maggior Consiglio.
Tra i magistrati principali vi erano:
Procuratori di San Marco, responsabili della basilica marciana, del suo ingente patrimonio e della sua giurisdizione.
Avogadori de Comùn, avvocati dello Stato, responsabili della salvaguardia dei beni del Comune e dell'osservanza degli statuti, con il potere di sospendere i provvedimenti incostituzionali.
Savi alla Mercanzia, cinque magistrati responsabili dell'indirizzo economico delle attività mercantili.
Camerlenghi, cassieri dello Stato.
Provveditori:
Provveditori all'Arsenale
Provveditori alle Fortezze
Provveditori ai Viveri
Provveditori all'Artiglieria
Provveditori alle Acque, responsabili dell'irregimentazione delle acque fluviali e della protezione della conterminazione lagunare.
Provveditori agli Ori e agli Argenti, sorveglianti tutti i deposi di preziosi dello Stato.
Provveditori alla Moneta, responsabili della sorveglianza della circolazione aurea e monetaria.
Provveditori alla Zecca, responsabili della direzione della Zecca.
Provveditori ai Banchi, responsabili della vigilanza sull'attivita dei Banchi.
Provveditori alle Camere, responsabili dell'amministrazione finanziaria delle città di terraferma.
Provveditori ai Monasteri, responsabili della sorveglianza sul clero regolare.
Tra i principali comandanti militari vi erano:
Capitano Generale da Màr, comandante generale della flotta.
Capitano Generale di Terraferma, comandante generale delle forze di terra.
Capitano del Golfo, comandante della flotta nel Golfo di Venezia (definizione estesa dai Veneziani all'intero Mare Adriatico).
Il Consiglio dei Dieci e i Tre Inquisitori di Stato
Venne inizialmente istituito in via temporanea nel 1310 in seguito alla fallita congiura di Bajamonte Tiepolo venne più volte prorogato fino a divenire nel 1334 un organo stabile del governo della repubblica. Composto da dieci membri con incarico annuale, aveva ampi poteri al fine di garantire la sicurezza della repubblica e del suo governo. Nel 1539 venne creata la figura dei Tre inquisitori di Stato, organo dotato dei medesimi poteri del Consiglio dei X, cui si affiancava, ma capace di maggiore rapidità e segretezza, date le ridotte dimensioni. L'attività di tali organi era legata in particolare all'uso delle Denuzie Segrete: queste, rigorosamente non anonime (queste ultime dovevano essere immediatamente distrutte), erano la base per molte delle indagini sulla sicurezza dello Stato e potevano essere lasciate dai cittadini in appositi raccoglitori detti Bocche di Leone o delle Denunzie sparsi per la città di Venezia e aventi sovente forma di testa di leone a fauci spalancate (sono tuttora rintracciabili e alcune sono facilmente visibili all'interno del Palazzo Ducale).
Il Consiglio dei X aveva inoltre la sorveglianza sulle attività del clero secolare.
Il Tribunale Supremo della Quarantia
Distintosi nel corso del tempo nei differenti rami della Quarantia Criminale e della Quarantia Civil Vecchia e Nuova, costituiva il corpo giudiziario della Città-Stato in ordine all'appello sulle sentenze dei giudici minori (tra i quali i cosiddetti Signori della Notte.
Il Maggior Consiglio
Era l'organo sovrano dello Stato veneziano e, a partire dalla Serrata del 1297, vi appartenevano di diritto tutti i membri maschi e maggiorenni delle famiglie patrizie (cioè quelle iscritte nel Libro d'Oro della nobiltà cittadina): tale assemblea coincideva in pratica con la Repubblica stessa, avendo competenza illimitata in qualunque materia e procedendo all'elezione di tutti gli altri consigli e magistrature.
Gli Organi dell'Amministrazione - Il Gran Cancelliere e la burocrazia
Supremo capo dell'corpo di funzionari e burocrati dello Stato, il Gran Cancelliere nelle cerimonie pubbliche e in particolar modo durante le processioni solenni aveva il primato in onore subito dopo il Doge, precedendo senatori e magistrati. Parallelamente all'esclusivizzazione del potere da parte dell'aristocrazia, infatti, andò a svilupparsi nel corpo dello Stato, un sistema burocratico e amministrativo le cui cariche di segretario o cancelliere, erano riservate ai cittadini non nobili e le cui prerogative onorifiche andavano ad affiancarsi a quelle dei magistrati, in una sorta di meccanismo di compensazione tra magistrati/nobili e funzionari/cittadini.
Amministrazione delle Colonie
Nel corso della loro espansione i Veneziani costituirono in tutto il Mediterraneo Orientale una serie di colonie, cioè di stabili insediamenti commerciali di propri cittadini, spesso separati dal resto delle città ospitanti e cinti da mura, che godevano di particolari privilegi e autonomie concesse dagli Stati ospitanti (particolarmente dall'Impero d'Oriente).
Dal 1204 al 1261 il Podestà di Costantinopoli, cioè della colonia di Costantinopoli, fu il rappresentante del governo veneziano in tutta la Romània: assistito da un consiglio di sei membri, da 5 giudici e 2 camerarii (per le questioni economiche), da lui dipendevano tutti i cittadini veneziani in oriente, tutti i possedimenti e le colonie compresa Candia.
Dal 1277 in poi la colonia sul Corno d'Oro fu retta dal Bailo di Costantinopoli (carica biennale).
In generale il bailo o balio (dal latino baiolus, portatore, reggitore) era un ambasciatore residente con autorità su una colonia e sui cittadini veneziani presenti nella nazione o territorio ad essa collegato.
Baili veneziani risiettero a Acri, Tiro, Aleppo, Laodicea, Patrasso, Tenedo, Cipro, Negroponte e Aiazzo.
Con il passare del tempo i baili vennero sostituiti dalla figura del console, cioè del funzionario incaricato di amministrare la colonia e di rappresentare gli interessi dei mercanti.
La rappresentanza dipolomatica venne invece affidata ad ambasciatori appositamente inviati.
Unica eccezione rimase il caso di Costantinopoli, dove dal 1322 il bailo aveva, come in precedenza il podestà, la giurisdizione generale su tutto l'oriente, si trattasse di colonie o possedimenti.
Consoli veneziani risiedettero a Corfù, Zante, Cefalonia, Santa Maura, Cerigo, Giannina, Prevesa, Arta, Lepanto, Patrasso, Nauplia, Atene, Tessalonica.
Altri ancora risiedettero in Occidente, come a Cadiece e altrove.
Numerosissime località minori furono sede di viceconsoli.
Sempre col trascorrere del tempo tutte queste cariche divennero prerogativa dei cittadini, mentre il solo Bailo di Costantinopoli fu scelto tra i nobili.
Amministrazione dei Possedimenti marittimi
Venezia, nelle prime fasi dell'espansione, organizzò parte dei suoi domini secondo le modalità del rapporto feudale di signoria-vassallaggio, con obbligo di omaggio alla Repubblica e impegno a favorirne il commercio:
il Ducato di Nasso, istituito nelle isole egee, dove fu incentivato l'intervento "privatistico" delle famiglie nobili in cambio della signoria sui possedimenti conquistati:
Nasso, Paro e Milo ducato dei Sanudo,
Andro feudo dei Dandolo,
Tino, Miconio, Serifo e Ceo feudo dei Ghisi,
Santorini feudo dei Barozzi,
Stampalia feudo dei Querini;
il Ducato di Durazzo;
i feudi di Corfù (fino al 1213);
i feudi di Cefalonia;
i feudi di Zante;
il Granducato di Lemno ai Navigajoso.
i Marchesati di Cerigo e Cerigotto;
il Ducato di Candia, il cui territorio a partire dal 1212 fu diviso in feudi, raccolti in sei regioni, ciascuna assegnata a coloni di uno dei sei sestieri di Venezia. Il governo autonomo dell'isola venne inoltre organizzato su modello della madrepatria, attraverso un sistema di assemblee, fino a quando, in seguito all'ultima e più grave di una serie di rivolte (1274, 1277, 1283-1299,1341), nel 1363 Creta non perse la sua autonomia e venne direttamente governata dalla Repubblica.
Col titolo di castellano erano invece designati i governatori militari delle fortezze, come le due importanti città di Corone e Modone, principali basi d'accesso per il controllo dell'Egeo e definite Venetiarum Ocellae (gli occhi di Venezia).
In seguito i possedimenti veneziani passarono sempre più sotto il controllo di Provveditori o Provveditore Generale, cioè di funzionari della Repubblica inviati nei territori sotto la diretta amministrazione di Venezia (ad esempio la Morea fu retta da provveditori nel periodo 1685-1715).
Amministrazione dei Possedimenti di Terraferma
Le principali città della terraferma, come Padova, Vicenza, Verona, Brescia, Bergamo, erano rette da una coppia di funzionari: un Podestà e da un Capitano, il primo responsabile civile, il secondo responsabile militare e per l'ordine pubblico. Nei centri minori, quali Crema, Rovigo, Treviso, Feltre e Belluno erano invece un Rettore, responsabile unico civile e militare.
Il Friuli, invece, era invece considerato un territorio autonomo, governato da un Provveditore Generale (similmente ai domini marittimi), da cui dipendevano i vari rettori.
L'amministrazione della Serenissima si assicurava comunque di rispettare le leggi ed i costumi delle varie città, a lei vincolate da un giuramento di fedeltà: la nobiltà locale ed i rappresentanti delle corporazioni affiancavano infatti i magistrati veneziani, con diritto di voto nei giudizi, salvo alcuni settori ben definiti questo secondo la legge del luogo. In caso di contrasti era possibile il ricorso in appello al tribunale della Quarantia.
Principali possedimenti di terraferma furono i territori di:
Padova;
Treviso;
Vicenza;
Verona;
Brescia;
Bergamo;
Cremona;
Crema;
il Friuli;
il Polesine.
Monetazione
Ducato d'oro del doge Michele Steno (1400-1413)Per la rilevante importanza commerciale dello Stato veneziano, grande fu la diffusione e l'influenza della sua produzione monetaria in Europa e nel bacino del Mediterraneo. Le monete veneziane erano caratterizzate dal recare sul dritto l'effige del doge regnante recante lo stendardo e inginocchiato davanti a San Marco. Il conio a partire dal Cinquecento avveniva in un apposito edificio affacciato sul molo marciano, la sansoviniana Zecca, sulla cui attività vigilava rigidamente il Supremo Tribunale della Quarantia.
Nel corso della millenaria storia della Repubblica vennero coniati numerosi tipi di monete, i più importanti dei quali furono:
il Ducato d'argento o Matapan - un grosso coniato a partire dal 1202, sotto il ducato di Enrico Dandolo;
il Soldo d'argento - coniato a partire dal ducato di Francesco Dandolo (1328-1339);
la Lira d'argento - coniata a partire dal 1472, sotto il doge Nicolò Tron, per il valore iniziale di 20 soldi (6.52 g con titolo di 948/1000) e il nome di lira Tron o Trono, fu la prima lira emessa in Italia: il nome derivava dal latino libra;
lo Zecchino d'argento - coniato a partire dal XVII secolo;
il Ducato d'Oro o Zecchino - coniato a partire dal 1284, sotto il doge Giovanni Dandolo, il ducato d'oro aveva medesimo peso e titolo del fiorino di Firenze e a partire dal ducato di Francesco Venier (1554 – 1559) prese a chiamarsi Zecchino per la particolare purezza del titolo.
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Zorzi, Alvise, La Repubblica del Leone. Storia di Venezia, Euroclub, Milano, 2001. ISBN 8845291367
Zuffi, Stefano; Devitini, Alessia; Castria Francesca, Venezia, Leonardo Arte editori, Milano, 1999. ISBN 8878131237
[tratto da voce "Venezia" da "Wikipedia - enciclopedia libera on line"]
SOPRA ESEMPLARE DA BIBLIOTECA PRIVATA: INCISIONE IN LEGNO