Tamarix gallica è la specie più diffusa in Italia come pianta ornamentale; è nota, oltre che col nome di Tamerice comune, anche con i nomi volgari di cipressina, tamarisco e scopa marina; si presenta come alberetto o arbusto, con il tronco eretto o, nelle zone ventose dei litorali marini, incurvato, con la corteccia del fusto e dei rami di colore cinerino e con profonde incisioni; la chioma, di forma irregolare, è di un bel colore verde glauco; i germogli sono di colore bruno-violaceo, con foglioline squamose ad apice acuto, ovato-lanceolate, ricoprenti quasi totalmente i rami; i fiori, piccolissimi e numerosi, di colore biancastro o rosa, sono riuniti in spighe terminali, con fioritura nei mesi da maggio a luglio; i singoli fiori sono costituiti da una corolla di 5 petali giallini o rosati, con 5 stami sporgenti e un pistillo con ovario supero, sormontato da 3 stili filiformi; il frutto si presenta come una capsula ingrossata alla base e sottile all'apice, con base triangolare.
Dalla corteccia si estraggono sostanze tanniche: ma più che quale pianta medicamentosa deve la fama ai grandi poeti che l'hanno cantata da Virgilio che nelle Bucoliche scrive "non omnis arbusta iuuant humilesque myricae" ("Non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici") a Giovanni Pascoli che intitola la sua prima raccolta di poesie Myricae
a Gabriele D'Annunzio che ne La pioggia nel pineto scrive: ..."piove su le tamerici/salmastre ed arse..." per giungere alla
"Fine dell'infanzia" della raccolta Ossi di seppia di Eugenio Montale, ove leggesi: ..."non erano che poche case/di annosi mattoni, scarlatte,/e scarse capellature di tamerici pallide..."
(il testo è recuperato da "Wikipedia, l'enciclopedia libera on line che correttamente avvisa come siano da recepire solo a titolo informativo e non pratico le notazioni medicamentose attribute alla pianta in assenza della consultazione di uno specialista)
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