cultura barocca
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GENZANO , ove DOMENICO ANTONIO GANDOLFO andò a ricoprire la carica di PRIORE del locale CONVENTO AGOSTINIANO DELLA SS. ANNUNZIATA sorge sulle pendici che dal bordo del cratere del LAGO DI NEMI scendono fino alla Via Appia.
L'origine del nome di Genzano è tuttora fonte di discussione tra gli studiosi.
Per alcuni questo poggio, parte dell'ampia cinta del Lago, rivestita di folti boschi, proseguimento del nemus aricinum, era dedicato alla dea Cinzia Cynthia Fanum, il cui culto era unito a quello di Diana nemorense.
Qui sostavano e si raccoglievano i pellegrini provenienti dai vicini distretti e, poi dall'Appia attraverso il diverticolo, scendevano sulle rive del lago nel TEMPIO DI DIANA.
Per gli altri la presenza, poi, sul colle della tribus o gens Cynthia, originaria e custode del culto dà valore e significato alla tradizione e alla derivazione del nome Genzano.
La sua storia, come castrum Gentianum, dopo le epoche albana e romana è quella di tutti gli altri castelli romani.
La località, dove già nel XII secolo era stata eretta una torre dai Gandolfi, signori di Castel Gandolfo, venne data in possesso da Papa Lucio III, nel 1183, ai monaci cistercensi dell'Abbazia delle Tre Fontane che, nel 1235 vi edificarono un grande Castello fortificato attorno al quale crebbe poi lentamente il paese.
Donato dall'antipapa Clemente VII a Giordano Orsini nel 1378, quale compenso per i servigi ricevuti, Genzano conobbe in seguito, per lo più, l'alterno dominio dei monaci cistercensi e dei Colonna fino al 1563, anno in cui il castello fu ceduto da Marcantonio Colonna a Fabrizio Massimi e da questi a Giuliano Cesarini, alla cui famiglia appartiene ancora oggi.
Col tempo dall'alto del bordo craterico Genzano scese per diramarsi verso il basso.
La caratteristica quadrata piazza del Plebiscito, oggi Piazza Frasconi attraversata dall'Appia, unisce il vecchio borgo al centro della nuova cittadina.
La Piazza fu disegnata dal genzanese Giovanni Iacobini, nel periodo in cui donna Livia Cesarini decise di concedere gratuitamente il terreno a chiunque, allora, avesse voluto costruire.
Doveva essere un poeta lo Iacobini, perché da poeta più che da ingegnere tracciò il piano regolatore di Genzano.
A Giuliano Sforza Cesarini, oltre all'attuale aspetto del palazzo baronale, si devono la Chiesa di S. Maria della Cima, il convento e la Chiesa dei Cappuccini, posta ove anticamente sorgeva il tempio di Virbio, come pure le famose e deliziose Olmate, lunghi viali di olmi, piantati nel 1643 per dedicarle al nome della consorte Carolina Shirley.
Da allora Genzano incominciò la sua ascesa fino a diventare soggiorno e ritrovo del mondo artistico.
Leone XII, nel 1828, la volle elevare al grado di città.
Indubbiamente Genzano ebbe molto dalla casa Sforza Cesarini; l'unica d'altra parte che seppe comprendere l'anima e il carattere degli abitanti.
Belle le tre ampie vie, che s'aprono a ventaglio o come una mano aperta spiegata verso l'alto, con l'artistica fontana di S. Sebastiano che ne rappresenta il palmo, in Piazza 4 Novembre.
La fontana, che è il centro del paese, è a forma esagonale, getta acqua da tre mascheroni, sormontata da una colonna su cui sono scolpiti pampini e grappoli d'uva, anche questi, come l'Infiorata, simbolo della tradizione agreste dei Genzanesi.
Pittoresca la Via Belardi (ex Via Livia) o Via dell'Infiorata, che ha per sfondo la facciata del vecchio Duomo, detto S. Maria della Cima, a cui si accede dopo una rampa di ripiani aventi ai lati due artistiche fontanelle di travertino con gli stemmi di Clemente XIII e di Clemente XIV.
















E Domenico Antonio Gandolfo a sua volta potè apprezzare una delle più celebrate manifestazioni floreali d'Italia allorquando durante il suo soggiorno sui "Colli Romani" e specificatamente a Genzano ebbe occasione di ammirare i primi esperimenti di feste floreali nelle città (con la consuetudine di allestire tappeti di fiori per la festa del Corpus Domini) secondo un'esperienza tipicamente barocca e nata a Roma nella prima metà del '600 ma passata presto nei Colli Romani per l'influenza di G. L. Bernini che aveva profondi legami con tale zona e che fu il perfezionatore di questo tipo di feste barocche. In effetti l'origine dei "quadri di fiori" si rimanda ad una festa nella basilica vaticana realizzata da Benedetto Drei, responsabile della "Floreria" vaticana, con la cooperazione del figlio Pietro: per la finalizzazione del mosaico floreale vennero utilizzati (era il 29 giugno 1625, festa di S. Pietro e S. Paolo Patroni di Roma) "fiori frondati e minuzzati".
Quindi nel 1633 altro quadro floreale venne finalizzato da Stefano Speranza che era un collaboratore del Bernini e, morto il Drei, fu proprio il Bernini che ne prese il posto nel gestire siffatta opera d'arte e con tanto ingegno che da Roma quest'attività prese a diffondersi specie proprio a Genzano, ove continuò ancora nel XVIII secolo, come si ricava da un manoscritto anonimo del 1824 conservato presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma: la tradizione si mantenne viva quasi per tutto l'800 con un'interruzione nel XX secolo in cui la tradizione dell'Infiorata riprese in occasione del Congresso Eucaristico Interdiocesiano del 1922, che ebbe sede Genzano: da allora la grande festa si è svolta annualmente fin ai giorni attuali con interruzioni negli anni 1932, 1934, 1935 e nel tragico periodo della II guerra mondiale.