cultura barocca
Lavorio del Governo di Genova [tramite Riforme come quelle qui digitalizzate] per ripristinare il sistema penalistico del 1556 (1557) RIPR. DA ES. DI RACC. PRIV.: DELLI STATUTI CRIMINALI DI GENOVA LIBRI DUI, AGGIUNTOVI LE LEGGI CRIMINALI FATTE L'ANNO 1576 & I DECRETI, E DELIBERATIONI FATTE PRIMA & IN SIMILI MATERIE ET NELLA FINE IL BANDO O PROIBITIONE DELLE ARMI CON LA TAVOLA DELLI CAPITOLI, GENOVA, APPRESSO G. BARTOLI, 1590 (VOL. IN FOLIO, PP. 16-176-25)

Dopo la nuova Costituzione genovese del 1576 cambiarono le cose della giustizia rispetto Gli Statuti genovesi, editi nel 1557, sono stati pubblicati tradotti e commentati da B.Durante e F.Zara, sotto il titolo di Figliastri di Dio/ "a coda d'una bestia tratto", pei tipi della CooperS di Ventimiglia (ed. dicembre, 1996). La caratteristica di questi statuti [titolo per esteso Criminalium iurium ciuitatis Genuensis libri duo, excudebantur Genuae cura: & diligentia Antonij Beloni Ducalis typographi, 1557 mense Septembri 12, 90, 2 p. ; 2º (A cura di Nicola Senarega, Stefano Cattani e Pietro Giovanni Cibo Chiavica, i cui nomi appaiono nella prefazione - Iniziali xil. come quella proposta da cui prende corpo la prefazione - · Stemma di Genova stampato in rosso e nero sul frontespizio - Esemplare da Biblioteca privata)]. Il nuovo testo proponeva separazione e indipendenza fra potere giurisdizionale penale e di governo. In linea di massima i nuovi principi rispondevano a questo succinto quadro riepilogativo che si rifà all'analisi sia degli STATUTI CRIMINALI DI GENOVA editi dal Bartoli nel 1590 che dei CRIMINALIUM IURIUM CIVITATIS GENUAE..., stampati a Genova nel 1616 per i tipi del Pavoni:
ROTA CRIMINALE - secondo i dettami della COSTITUZIONE DEL 1576
1- L'amministrazione della giustizia criminale risultava assegnata solo al giudice ordinario che si esprimeva, in ambito cittadino, sotto la forma della ROTA CRIMINALE (per vari aspetti destinata ad accentrare in sè la gestione dei procedimenti avverso la GRANDE CRIMINALITA'
a scapito delle CURIE LOCALI).
La ROTA doveva esser composta da tre Giureconsulti esteri (Auditori criminali), senza parentela con cittadini genovesi, eletti dai Collegi (Camera e Senato) e dal Minor Consiglio all'interno di una lista su cui avrebbero preso informazioni due Governatori.
I GIUDICI ROTALI (secondo la nuova normativa) sarebbero rimasti in carica per un triennio e dei tre, uno a rotazione, avrebbe annualmente preso nome di Podestà (alla stessa stregua sarebbe poi stato eletto il Fiscale): la giurisdizione dei ROTALI si sarebbe quindi estesa sulla città e sulle tre Curiae di Val Bisagno, Val Polcevera e Voltri. Nel restante Dominio l'amministrazione della giustizia sarebbe spettata ai Giusdicenti locali (leggi fatte l'anno 1576 - Parte II, art. 12) nel rispetto di STATUTI e LEGGI LOCALI, salvo l'obbligo di inviare alla ROTA di Genova tutte le cause comportanti pena di morte, mutilazioni od anche condanna temporanea all'incatenamento sulle galere.
2-ROTA e Giusdicenti avrebbero dovuto procedere sempre secondo la forma del diritto senza più poter ricorrere al rito straordinario o sommario ("Ibidem" - art. 13)
3- Gli organi amministrativi e di governo non avrebbero più avuta facoltà di interferire negli affari dei giudici e per evitare contenziosi possibili l'art. 14 di queste "Nuove Leggi" abrogava quelle vecchie disposizioni da cui era sempre derivata larga competenza al Governo e specialmente al Collegio dei Procuratori (queste potenzialità di interferenza, nonostante le raccomandazioni degli Statuti Criminali del 1556, erano indubbie ed in verità si era fatto avviso, inutilmente, contro le intromissioni governative in materia penale piuttosto entro le vecchie costituzioni del 1363 e del 1413 sotto la rubrica "De prohibita intromissione iustitiae").
4- Secondo il citato art. 14 delle "Leggi Nuove" del 1576, meglio noto dalle sue parole iniziali come Lex Curabit, era sancito, fra Senato e giudici, un rapporto esclusivamente amministrativo, connesso ad un controllo esterno dei Senatori sul corretto operare della magistratura (Ibidem, art. 14 - Declaratio).
5- Unica eccezione ai dettami dell'articolo 14 era data dall'art.44 della "Prima parte del testo costituzionale" : infatti, verificandosi delitti di Lesa Maestà, quelli cioè avverso lo Stato (per esempio sotto forma di attentati all'integrità dello stesso, di sommosse ed insurrezioni) i due Collegi governativi, riuniti, avrebbero dovuto convocare il Presidente e i due Uditori della Rota onde prendere dei provvedimenti comunque eccezionali : due Governatori avrebbero quindi potuto esser nominati per assistere in questi casi ai lavori dei giudici rotali.
6- Il capo della polizia o Bargello, secondo le Leggi del 1576, sarebbe poi stato nominato dalla Rota e non più dal governo: così pure gli alabardieri di scorta, i notai giudiziari, due denuntiatores nominati per parrocchia, col compito di avvisare la Rota dei delitti ivi perpetrati.
7- Le sentenze (trattate in particolare ai capi 16, 17 e 18 delle "Leggi Nuove") dovevano essere fatte da almeno due giudici, ed erano valide anche contraddicendole il Podestà. Erano inappellabili ma i condannati in contumacia entro due anni, costituendosi nel giro di dieci giorni, avevano facoltà di interporre appello. L'esecuzione delle pene capitali o corporali non doveva essere immediata ma sospesa per un certo periodo (tre giorni per la Città, 15 per il Dominio, 20 per la Corsica) onde favorire la presentazione di domande di Grazia (secondo il cap.45 delle "Leggi Nuove" le domande di Grazia si rivolgevano al Doge ed ai Collegi (Camera e Senato): si concedevano con due terzi dei voti essendo intercorsa pacificazione tra reo e parte lesa; pei crimini meno gravi erano approvate coi due terzi dei voti del "Minor Consiglio"; pei delitti di "Lesa Maestà" occorreva invece l'unanimità dei voti di "Collegi [Camera e Senato] e Consiglietto" sempre che ciò avvenisse ex magna causa & ob bonum publicum). 8- Fra le altre novità delle "Leggi Nuove del 1576" merita d'essere menzionata l'istituzione dei Protettori dei poveri carcerati (cap.21), l'obbligo per due "Governatori" (o "Procuratori") di far visita alle carceri almeno con cadenza mensile (cap.22). Un certo peso hanno inoltre le abrogazioni di alcuni titoli degli Statuti Criminali che limitavano la libertà di matrimonio e l'immunità ecclesiastica (cap.23).

Il governo genovese, di fronte a tale innovazione costituzionale, intraprese "un lavorio continuo e pressante per arrivare a superare le disposizioni costituzionali, rimettendo in piedi il sistema penalistico ante quo". A riguardo di questo "lavorio", dapprima abbastanza delicato poi sempre più intenso, pare chiarificante la Relazione alla legge di riforma criminale approvata dal Maggior Consiglio il 27 novembre 1587 ove si legge:" Ognuno può manifestatamente conoscere che la giustizia criminale in questa città, almeno da alcuni anni in qua, è debilitata non poco, anzi se dir si può, lacerata grandemente; cosa degna più presto di commiserazione che di meraviglia poscia che le leggi ultimamente riformate (la Costituzione del 1576) abdicandovi ogni sopraintendenza da chi amministra la Repubblica e chi è membro suo, l'ha totalmente commessa in mano di tre Dottori che in essa non hanno alcuno interesse e verisimilmente non molto amore (in Archivio di Stato di Genova, Archivio Segreto - Propositionum, Mazzo q, n. 198).
Da questa sanzione derivò il testo qui integralmente riprodotto, già riduttivo, di ALCUNE RIFORME O CAPITOLI CIRCA LA GIUSTIZIA CRIMINALE DI GENOVA (approvato il 30 giugno 1587 in "Minor Consiglio"> nuovamente discusso e revisionato fino alla definita approvazione del "Maggior Consiglio al settembre del 1587"> 42 art. per 10 pp., "Dal Palazzo Ducale à 27 di Novembre 1587/ Nella Cancelleria del N. Gio. Giacomo Merello Cancelliere e Segretario/ "[pubblicati e banditi a suono di tromba in Banchi di Genova] "da Gieronimo Bavastro cintraco publico" > in folio a stampa senza indicatori tipografici): "Essendo la giustitia la vera base, e fondamento di tutti li stati, come che castiga i rei, salva i buoni, & conserva il suo ad ogn'uno; & vedendo il Serenissimo Sig. Duce, gli Eccellentissimi Gevernatori, & Illustrissimi Procuratori della nostra Repubblica, che essa giustitia almen criminale in questa città di Genova è da anni in quà molto debilitata, e sconquassata, e che perciò assai delitti se ne vanno quasi impuniti à gloria de tristi, e scelerati, & a danno e pregiuditio dell'universale; Et desiderando lor Signorie Serenissime di andarla fortificando in maniera, che un giorno consegua il vero, e la città insieme riceva quel frutto, che dalla buona amministratione della giustitia si deve aspettare, hanno per ora coll'intervento del minore, e maggior consiglio, e per li dovuti termini fatte le seguenti riforme, ò capitoli, e deliberato, statuito, & decretato in conformità di essi da durare per un saggio tre anni prossimi d'avvenire. E prima che la giustitia criminale resti appoggiata alla Rota, come è al presente senza però pregiudicio d'ogni facoltà, & balia che per le leggi compete al Serenissimo Senato, & à gl'Illustrissimi Procuratori, & ad ambi li Serenissimi Collegi [interventi ascritti al Senato contro la criminalità organizzata = vedi qui le norme sulle armi, specialmente sulle "armi proibite"], & parimente senza derrogare à quell'auttorità che hanno li altri Magistrati della città".
Una valenza non dissimile ebbero poi le RIFORME PER LA GIUSTIZIA CRIMINALE - qui integralmente digitalizzate - edite nel 1605 per i tipi del genovese tipografo Pavoni - dalla cui lettura si evince un ulteriore passo avanti del Governo nelle sue distinte emanazioni nel controllo dei Giudici Rotali.