cultura barocca
bovione2

OPERE DI ZEFIRIELE TOMASO BOVIO























RISPOSTA
DELL'ECCELLENTE DOTTOR
CLAUDIO GELLI
AD UN CERTO LIBRO CONTRA MEDICI RATIONALI
EX MALIS MORIBIUS, OPTIMA LEGES ORIUNTUR, PLATO
IN PADOVA, PER PIETRO PAOLO TOZZI
MDCXXVI

CON LICENZA DE' SUPERIORI



PAROLE
DI GALENO
NEL PRINCIPIO DEL SUO LIBRO
CHE TRATTA DELLE VIRTU' DELLE MEDICINE
PURGANTI
Per la medesima causa i Medici antichissimi non hebbero cura di riprendere & contraddire alle false, e cattive opinioni nella Medicina, per la quale anco i primi legislatori lasciarno i gravi delitti e sceleraggini impunite. Imperoche essendo in quelli tempi la malitia de gli huomini minore: come quelli, che non ardivano di far cose scelerate: nè alle cose manifestatamente vere senza rossore si opponevano: in che modo poteva alcuno ordinar pena a quei misfatti, che alcuno non haveva ancor commesso? & in che modo si potevan riprendere quelle opinioni, che niuno ancora haveva detto? Mà poiche per successione di tempi, la perversità dè gli huomini, tanto crebbe, che non si sono astenuti di fare & dire ogni ribalderia; i legislatori hanno fatto ogni diligenza per ritrovar molte & nuove maniere di pene, per castigare gli scelerati,& quelli, che sono amatori della verità, mettono ogni studio & opera sua per riprendere, e confutar le false opinioni de i Sofisti. Il che hora siamo come per forza & violenza constretti a fare, dovendo noi con vive ragioni reprobar le false imaginationi di quelli, che importunatamente & senza giudicio, corrompono la dottrina della natura, virtù,& uso de i medicamenti.



CLAUDIO
GELLI
A PRUDENTI LETTORI S.
Scrissi già un'anno passato, per essercitio mio, la presente Risposta, con animo di publicarla al Mondo: Mà havendo di me stesso humil concetto & bassa opinione, mi parve di pregare prima un caro amico mio, nel molto valore, et dottrina del quale, molto mi confidavo, che fusse contento di gratificarmi in leggerla & giudicarla; massimamente dove io rispondo ad alcune false ragioni, contra il modo di medicare, e preparare medicamenti, già molti secoli approvati et pratticati da maggior Filosofi,& Medici c'habbia havuto il Mondo; i quali con i suoi scritti immortali hanno talmente fondata e provata la vera Arte della Medicina degna di tal nome, che per tutti i secoli passati, gl'Imperatori, gli Regi, le Republiche, gli gran Prencipi,& ogni Provincia & parte del Mondo, l'hanno sempre molto stimata, e grandemente honorata. Letta dunque dall'amico mio,& diligentemente considerata questa mia risposta mi diss'egli, che con verissimi fondamenti,& salde ragioni a giuditio suo havevo a pieno confutato le sofisterie di quel Veronese, mà che però non mi consigliava a publicar questo mio scritto: primo perche egli intendeva da molte persone di giuditio, ch'havevano di quel Veronese letta quella invettiva contra Medici rationali, non esser degna di alcuna risposta, nè esservi persona alcuna prudente che habbia voluto perdervi tanto tempo in leggerla fin'al fine: scoprendosi nel principio di essa il cattivo stomaco c'hà il suo Autore contro la vera & leal Medicina,& il mal animo che tiene contra a molti Medici particolari; per il che offuscato l'intelletto del misero dalla passione e sdegno che lo tengono involto nelle tenebre dell'ignoranza non gli hanno lasciato veder lume alcuno di verità.
Onde giudicava che sofficiente risposta fosse l'opinione,& universal giuditio, che hà il Mondo di lui, et che il publicar'il presente mio scritto era un'honorar colui che da l'universal giuditio de gli huominij savij è reprobato, e dar reputatione a chi è nulla stimato.
Io che sempre molto stimai il giuditio di cosi caro,& honorato Amico, mi risolsi di seguir il suo consiglio,& posi questo mio scritto tra le mie inutili scritture.
Mà trovandomi poi in questi giorni nella visita d'un de più Illustri,& honorati Senatori di questa eccelsa Repubblica:& essendo ivi ricercò in che modo si risolvono le sofisterie,& false ragioni del sudetto Veronese, havendo io risposto,& chiaramente mostrato l'inganno,& falsità de' suoi argomenti, mi fù detto che sarebbe per bene, che tali risolutioni si facesero palesi al Mondo: per ritrovarsi molti inesperti, i quali per non esser versati in simil dottrine, restino ingannati; e lo sgannarli portarebbe molto honore alla vera,& leal Medicina,& di più vi aggiunge anco, che non poco si maravigliava, che alcuno de' Medici rationali non havesse fatto alcuna risposta a detto Veronese: havendo no sò che di apparenza le sue ragioni, io gli narrai l'opinione dell'Amico mio detta disopra, del che non si compiacendo quel nobilissimo,& honoratissimo Gentilhuomo mi essortò con molte ragioni a ripigliar il mio scritto,& darlo alla stampa: a fine, che il Mondo conosca, che non per mancamento di ingegno ò povertà di dottrina non vi sia stato alcuno, che molto prima di hora habbia confutato la sudetta invettiva,& saputo rispondere a quelle sofisterie, alle quali poiche si è conosciuto,& inteso huomini savij,& di molta riputatione desiderar risposta, a me non è parso di dover più tardare a publicare al Mondo ciò che già un'Anno passato da me fu notato, a fine che veduta la verità sia conosciuto il falso,& isgannati coloro, che senza il lume altrui non possono caminare per il dritto sentiero, che conduce alla vera intelligenza delle cose poste in dubbio da chi ragiona di cosa, che non intende,& tanto mi è paruto di avisare a cortesi lettori; accioche sappiano la cagione, che mi hà mosso a scrivere,& hora solamente publicare la presente mia Risposta.



RISPOSTA
DELL'ECCELLENTE
DOTTOR
CLAUDIO GELLI
AD UN CERTO LIBRO CONTRA MEDICI RATIONALI
EX MALIS MORIBUS, OPTIMAE LEGES ORIUNTUR èPLATO]
Benche io,& per età,& per dottrina, come quello, che hora son venuto dalla Scola,& dal Maestro mi conosca infimo,& minimo di tutti questi Eccellentissimi Medici c'hora si trovano nel celeberrimo Collegio dell'Inclita Città di Venetia: giudico nondimeno, che da niuno mi serà attribuito a temerità, o prosontione, se io (tacendo gl'altri) sono entrato in campo, per difender l'honore, pregio,& gloria della Republica de' Medici rationali, contra de' quali in questi giorni in certo Veronese hà havuto ardire di scriver un libro nel quale senz'alcun rispetto,& con ogni licenza di parole parla di loro, che peggio non fece Plinio, nè Cornelio Agrippa.
Et perche la Medicina è sempre dal principio del Mondo fin'hora stata arte Illustrissima, come quella di che il grande Iddio fù Auttore,& Inventore,& i primi Medici, benche falsamente reputati Dei: non posso credere che questo Auttore habbia havuto nel scriver questo libro altro proponimento che quello, che hebbe colui, che per far il suo nome immortale, abbrusciò il tempio di Diana.
Mà se alcuno si troverà, che si degni di legger questa mia difesa, sono certissimo, che giudicherà lui, non da ragione mà da sdegno mosso haver scritto, quanto hà scritto.
Certamente se un figliuolo vedesse il suo padre esser indegnamente trattato da qualunque si fosse persona, non potrebbe, nè doverebbe mancar di porgerli il suo debito aiuto,& soccorso.
Però essendo io figliuolo di questo Eccellentissimo,& Illustrissimo Collegio, mi parrebbe commettere troppo grave errore, se non pigliasse la giusta protettion di questi miei Padri, dalla cui verità,& valore depende la saluta corporale.
Il mio proponimento dunque è di calorosamente combatter contra costui,& defender la gloria de' Medici rationali contra le sue falsità, calunnie,& vane oppositioni, mostrando le sue ragioni esser sofistiche, nè proceder in modo alcuno da giuditio, mà da malevolenza, ch'egli porta a Medici rationali, per le cause che poco di sotto si diranno.
Et perche egli fà professione di riformar,& rinovar la Medicina,& introdur'un nuovo medicar, secondo il suo cervello: dimostrerò ogni suo proceder'esser pernicioso, senza ragione,& che porta gran danni a' corpi humani.
Mà, prima, ch'io venga alle prese con questo huomo, mi pare esser necessario il ragionar della persona sua, acciò dal mondo si sappia chi sia costui, che con tanto orgoglio si fà lecito di dire, quanto gli pare di quelli, a chi per suo debito doverebbe render ogni honore.
Io per sapere chi costui si fosse, havendo dal suo libro conosciuto, ch'era di Patria Veronese, e ch'è stato alquanti anni in Genova, ho fatto diligenza, con Veronesi, & Genovesi, diversi, per saper la qualità di sua persona,& molte cose ancora,& particolari ho saputo per lo suo libro, nella narratione.
Bench'l titolo solo basti a dar'a conoscer ad ogni uno, che sorte di huomo egli si sia.
Et perche egli è huomo di lingua,& libero, anzi licentioso nel parlare, essendo stato quì alquanti mesi, da lochi dove è stato, & dalle persone con chi hà praticato ho molte cose di lui risaputo, tal che mi pare essere informatissimo d'ogni cosa pertinente a questo valente huomo.
Io mi credeva dover'essere particolarmente instrutto dall'Eccellentissimo Dottor Donzellini per esser egli Veronese: mà ricercato da me, mi hà risposto, che non lo conosce. Il che mi ha confermato quanto da altri haveva inteso; perche sapendo lui essergli amico, dal suo silentio ho preso maggior'argomento che dal parlar di tutti gl'altri.
Questo Auttore è huomo di età sopra i sessanta anni, di complessione malinconica,& Saturnina, e di pelo negro, macilente,& senza carne: mà d'ingegno vivace,& pieno di spirito: mà dalla sua natività sfortunato in ogni sua attione,& di tenue facultà.
Però ne' primi suoi anni tentò diverse professioni, per riuscir a qualche honore,& acquistarsi onde potesse meglio vivere di quello che'l Patrimonio suo gli concedesse.
Diede (come egli stesso dice) opera alle leggi, mà per haver animo lontano da quella professione, si rivolse alla Militia,& si fece soldato.
Mà havendo al solito suo anco in questo mala fortuna, se ne ritornò a casa, spada, e cappa.
Essendo poi alle sue mani capitati alcuni libri di Alchimia, si diede in preda a quell'arte, alla quale havendo atteso per molti anni, non fece già perdita di facoltà, perche non haveva.
Questo utile solo ne ebbe, che si essercitò nell'arte distillatoria,& imparò a far molte cose pertinenti alla Medicina: con le quali si pensò di farsi medico; benche di tal'arte non ne havesse altra cognitione, nè mai abbia voluto impararla, se non quanto che leggendo
Arnaldo Villanova, che tratta dell'alchimia, hà letto anco di suoi libri di Medicina, isprezzando tutti gl'altri buoni Scrittori di tal'arte, come egli stesso dice nel suo libro.
Fece egli dunque prova di medicar nella Patria, mà non trovando di chi gli credesse, nè chi lo adoperasse, si credette'l suo non riuscir in Verona nascer per quel proverbio, nemo Propheta acceptus est in Patria. Pensò dunque al peregrinare.
Et havendo inteso per fama, genova esser Città nobilissima,& Illustrissima & ricchissima ancora, quella si elesse, dove andasse ad essercitar la sua Medicina: facendo egli professione di medicar solamente certi ma li disperati,& da quali i Medici ordinarij,& rationali non liberavano: massime che regnano in persone ricche, grandi,& delicate, che abhorriscono de' communi medicamenti.
Però con promettere gran cose, senza medicine,& con libertà di viver, usando solo certi suoi peculiarij medicamenti fatti per distilatione.
Fù pur introdotto alla medicatura da alcuni di quei Signori Genovesi; mà non riuscendo alla speranza, che di se dato haveva, in quella Città non fù per altro tenuto, che per un'empirico.
Talche fù finalmente sforzato a partir senza notabil guadagno,& se ne ritornò alla Patria, narrando haver fatto mirabili cure in Genova, volendo con tal modo insinuarsi nella medicatura in verona, andando anco, dove non era chiamato.
Mà essendo,& la persona,& la medicatura sua ributtata,& dannata da quelli Eccellentissimi Medici di verona, quali non lo admettevano al medicar in sua compagnia,& meno lodavano il medicar suo, presto si fece da tutti alieno.
Et vedendo con un ntal contrasto non poter far cosa buona, se ne venne a Venezia, credendosi per la gran libertà di questa Città, di poter riuscir'a qualche frutto.
Dunque con aiuto di alcuni speciali fù introdotto alla cura d'alcune infermità disperate, come gotte,& mal Francese, nelle quali che giovamento egli si habbia acquistato il fine lo dimostra.
Et perche in questa Città benissimo regolata, vi è una legge, che niuno può medicar, se non è di Collegio, over'almeno da lui approbato, fù egli avisato, che non si ingerisse nel medicar, se non hà prima licenza.
Però con una supplica si appresentò à Clarissimi Signori sopra la Sanità, i quali lo mandorno al Collegio de' Signori Medici: il quale per li suoi statuti non può licentiar alcuno al medicar, se non mostra il privilegio di esser Dottorato da publico Collegio, overo che sia da essi Signori Medici essaminato.
Mà havendo esso nella sua supplica data al detto Eccellentissimo Collegio, ch'egli non è Dottore, nè vuole esser Dottore& che quelli, che non approbaranno il suo Medicar fuori dell'uso commune, seranno maligni, pazzi,& ignoranti, parve che questo supplicante fosse tanto privo di ragione,& giuditio, che non essendo approbato d'altri Collegij, nè volendo esser'essaminato da questo, parlando anco con tanta arroganza, non dovesse in modo alcuno esser licentiato al medicar.
Mà gli fu risposto, che essi non potevano concedergli tal licenza, per gli suoi statuti,& leggi, mà che andasse a i Clarissimi Signori sopra la Sanità, i quali senza esso Collegio, per propria auttorità potevano dargli tal licenza.
Si come già fecero a molti altri.
Di questa risolutione, restando pessimamente satisfatto, riputando una tal repulsa a lui esser poco honorevole, pensò di vendicarsi insieme contra Medici di genova, di verona,& di Venetia,& hà scritto quel libro al quale hora mi preparo per far risposta, over, se prima era da lui scritto, come mi pare d'intender, subito havuta la ripulsa si rissolse di publicarlo.
Et benche il titolo solo del libro, mà molto più i discorsi,& ragioni sue, sono tali, che fanno testimonio, a chi gli legge, quale egli si sia: nondimeno perche nel mondo sono più gli ignoranti, che gli intelligenti, acciò alcuno non resti con sinistra opinione di Medici rationali, per le false ragioni indotte da costui, mi è paruto di rispondergli, tutto che egli meriti di esser riputato indegno di risposta.
Massimamente che scrivendo contra Medici rationali si fà loro contrario:& il contrario di rationale è irrationale.
Se Luciano [autore greco, Luciano di Samosata] quando scrisse la vita di Lucio havesse havuto uno tal soggetto, quanto gran campo haverebbe egli havuto di mostrar la sua eloquenza, quanto haverebbe, trionfato, narrando tanta bella varietà di accidenti avvenuti a costui.
Haverebbe egli più diffusamente narrato tanti belli avvenimenti,& fatto maggior libro, dilettandosi, co'l suo bel stile di narrar tanta vaghezza di cose, che pure porge gran diletto. Talche à costui si potrebbe anco accommodar quei versi di Martiale.
Chirurgus fuerat, nunc est Vespillus Diaulus.
Coepit quo poterat Clinicus esse modo

Sarebbe hora mai tempo, che io venisse alle prese con costui, mà perche egli hà alcune altre virtù oltra le sudette, delle quali mi debbo servir nella risposta a i suoi argomenti, però son sforzato prima dichiararle,& poi verremo al principal scopo dell'opra.
Tiene costui gran cognitione quasi di tutte quelle arti, che sono vitiose, dannate,& infami.
Prima dell'Astrologia divinatoria superstitiosa; egli nondimeno dipende in tutto,& per tutto da quella, nè fa impresa,ò operation'alcuna, senza consigliarsi prima con le stelle. Di che facendone egli ne fa publica professione, non è bisogno farne altra prova.
E' anco onomantico,& tribuisse molto alla onomantia credendo che ne i nomi,& caratteri sia efficacia d'operar alcuna cosa. Di che hà fatto manifesta dimostrazione, quando per tal credenza si hà fatto mutar il nome, di che hà resa la causa dicendo che co'l primo nome, non ha mai potuto haver buona sorte,& peròche hà voluto mutar'il nome, per mutar sorte.
Benche si vede ch'ehli hà mutato in peggio, essendo,& d'animo, e di corpo, e di beni esterni più infelice che mai.
Si vede adunque ch'egli tribuisse efficacia, poiche vuole che'l primo nome lo habbia fatto misero,& sperava che'l secondo lo dovesse condur'alla felicità.
Mà tutti sanno, che i nomi,& caratteri non sono altro, che segni senza alcuna efficacia, oltre il suo significato. E vero che Platone tribuisse a i nomi, essortando i Padri a metter belli nomi a' suoi figliuoli, a fine che mossi da lo essempio de' grandi huomini, & virtuosi di chi portano il nome anco essi si diano all'imitation loro,& alla virtù, overo eccitati dal significato del nome cerchino d'esser tali, quali significa il nome suo come Eusebio, che significa timorato di Dio, Chrisostomo eloquente, Teofilo amator di Dio, Giustino,ò Giustina esser giusto,& nella religione nostra s'usano i nomi de' Santi,& Sante, per invitar all'imitation loro,& se si usa nomi tolti de pagani, sono tolti da i grand'huomini per virtù, ò per lettere, ò per valore, come Cesare, Camillo, Fabio, Scipione.
Non però concede Platone a i nomi efficacia alcuna, se non quanto si è detto.
Mà ritornando al primo proposito, dirà egli si vede pure per isperienza, che le figure,& caratteri hanno efficacia,& operano cose mirande.
Questo concedo io esser vero; ma non per virtù propria, si bene per operatione di demonij.
Et che costui doni virtù à figure,& caratteri si conforma alle altre virtù sue, che mi resta dire, cioè ch'egli tiene commercio,& amicitia di spiriti, da i quali egli impara,& intende cose grandi, frà le quali è anco questa, che a lui hanno rivelato una montagna piena d'oro, la qual'anco disegna di cavar,& farsi ricco, poiche l'alchimia non gli è riuscita: talche da oro fittitio sarà passato al naturale.
Che egli habbia le virtù hora nominate, egli stesso lo dice a chi a lui piace.
Et lo hà anco scritto nel suo libro dove havendo nominato alquante infermità ordinarie, aggionge che ve ne sono poi altre, che hanno le sue cause nascoste, recondite,& oscure, come quelle che si fanno per malie, strigarie, herbarie, incantesimi,& arte demoniaca,& dice egli che sà curar anco queste. Dice il proverbio, niuno meglio solve il nodo di quello che lo hà fatto. Se costui sà,& può liberar dalle malie,& fatturamenti gli sà anco fare. Et perche non si fanno se non con opera,& aiuto de' spiriti, seguita ch'egli tenga stretta amicitia,& familiarità con spiriti. Virtù certo soprana,& degna di lui.
Io hò levato alquante volte la mano da questo scritto, temendo di avilirmi, nel ragionar di soggetto sì vano. Mà è pur necessario che la giustitia habbia luoco,& che il flagello [
Flagello, appunto l'opera del Bovio] sia flagellato,& gli ignoranti isgannati.
Quattro parti contiene il libro già detto.
La prima sono historie delle quali hà pieno il suo libro.
La seconda sono le maledicenze, calunnie, accusationi, querele, oltraggi,& sciocherie che dice contra Medici rationali.
La terza sono ragioni sofistiche contra'l modo di medicar rationale.
La quarta è il magnificar,& essaltar il modo suo novo co i suoi medicamenti heroici,& singolari.
Intorno alle historie che recita di sue curationi,& di contese havute con Medici rationali in Genova,& Verona, non dubito punto esser più vere le historie di Luciano, narrate nel suo libro De veris narrationibus, di quelle che costui narra.
Non è verismile che da Medici honorati a lui fosse stato concesso la libertà del dire ch'egli s'attribuisse, nè è cosa ragionavelo, ch'in Genova con quei grandi huomini un forastiero havesse ardire d'usar tai termini, senza pericolo di peggio.
Anzi son'informato che non si degnavano di ragionar con lui,& che lo havevano come per Ceretano.
In Verona poi, molto meno, dove i cervelli sono più gagliardi.
Et se pure gli fosse stato comportato qualche cosa qualche cosa ciò seria stato perche di lui non fanno conto alcuno.
Delle cure che dice haver fatte,& sue millantarie son menzogne, che quel poco, in che si è adoperato ne è riuscito tanto male, che ben spesso è stato a pericolo di levar delle busse.
Mà, che miracolo è, essendo egli tale si diletta di dir,& narrar cose vane.
Questo è il suo primo elemento, come l'Acqua delli pesci,& l'Aria de i uccelli, se le operationi sue fossero state tali, come egli le recita sarebbe stato in qualche consideratione.
Dove che in niun loco è stato ponto stimato: di che certo segno è che non ha mai trovato loco che lo tengo, nè fede stabile, e permanente.
Però sono le sue historie favole vane: si come sono quelle che quì vien riferito che và dicendo per Verona, che questo Collegio ha voluto accettarlo dentro, ma che egli non ha voluto.
Et quello che quì ha scritto in sue letere, che i Medici di Verona hanno cagliato,& che cominciano a medicar al modo suo,& che anco i Padoani inclinano al suo dogma, delle quali falsità non voglio altro testimonio, che la sua di lui conscienza. Et quanto a questa parte poteva cominciar il suo libro da questi versi essendo egli Poeta:
Encomium Zefiri cantabo,& nobile bellum
Le calunnie poi, che da i Medici rationali, chiamandogli assassini, ladri, votaborse, homicidiali, carnefici, avari, rubbatori, ignoranti &c. sono per vendetta contra di loro, nè da giuditio, mà da affetto,& rabbia, che hà nel cuore perche non hanno approbato il suo medicar, nè mai lo hanno voluto admettere al medicare in loro compagnia.
Hinc ille lachryma, però il poverino ha voluto isfogar l'animo,& sdegno suo.
Non considerando, quanto, così facendo si faceva conoscer per maligno.
Se io dicessi di lui quanto potrei dire, mi farei simile a lui in quello che lo riprendo.
Benche lo direi con verità, dove che egli ha detto con bugia.
Mà tutti ancora con chi ho parlato di lui de suoi Patrioti mi hanno detto, che sotto'l Sole non è la peggior lingua della sua,& che'l dir male di altrui è suo proprio cibo. Et che gli vien comportato perche è tenuto per tale. Mà dicono i Savij che tanto vale l'esser biasimato da un maligno, come l'esser lodato da un buono.
In questa che è la terza parte mi convien distendere più a lungo, per esser, quella,, in che si ha creduto haver fatte dimostrationi alla Matematica,& confuso i Medici rationali, si che ha esclamato, come vittorioso,& con brutte,& dishoneste parole gli ha provocati,& insolentemente sgridati.
Ma qui ti voglio stricolar di maniera, che non potrai pigliar fiato.
Quì voglio scoprir la tua ignoranza in quella (a ponto professione che più ti glorij, che di ogn'altra9 qui voglio che ti cada la voce dalla lingua,& dalle mani l'arme, qui voglio che tu confessi il tuo dogma esser pieno d'errori,& che ti penti di esser'entrato in questo steccato,& che mi chiedi perdono del tuo ardire, a fin che con la tua vita ti lasci ritornare a casa, dove habbi a viver sempre, come in una prigione, per non haver fronte mai più di comparer intra la gente.
E' vero che serà non picciola difficoltà, perche dovendo nascer disputa sarebbe necessario, che tra le parti fosse convenienza ne' principij, ancorche nelle conclusioni si fosse discordanti: perchè, Contra negantes principia, non est disputandum.
Ma costui nega tutti i principij de' Medici Rationali.
Verbi gratia, questi mettono i quattro elementi esser principij delle cose corporee: mà i Spagirici per suoi principi pongono il solfo, il Mercurio,& il Sale.
Sia questo per essempio.
Stando le cose in questo modo, pare impossibile il disputar'insieme.
Ma io vedrò d'argomentar per principij communi a tutte due le parti,& ne i quali convengono insieme,& forsi saranno proprij alla Spagirica, talche co' suoi principij, non dubito ponto di convincerlo: si ch'egli stesso, si meravigliarà, come sia stato tanto cieco.
Dice questo grande huomo, questo rinovatore della Medicina che non una, ò due, ò tre Città, ma tutta Italia, imo tutta Christianità,a nzitutta Europa,& se non havesse havuto un poco di vergogna, haverebbe detto tutto il mondo.
benche poco di sotto,gettata ogni vergogna, dice tutto il mondo, per includer non solo Asia,& Africa, ma anco tutte le Isole, Taprobana, Temistitan, perù, America: i somma l'Indie, Orientali & Occidentali dal Polo Artico all'Antartico per longo, e per traverso, tutti (dice egli) sono in errore,& io solo l'intendo,& mi basta l'animo di cavar'il mondo di tanto errore.
Quid dignum tanto foret hic promissor hiatu.
Et perche poco di sotto dice, che non solo i Medici hora vivi, ma anco i morti,& a ponto quelli che hanno insegnata l'arte, sono in errore, viene a dire che non solo il mondo tutto, ma anco tutte l'età dal principio del mondo sin'hora sono ignoranti cosi anco Hippocrate, Galeno, tutti i Greci, Latini,& Arabi, antichi,& moderni, tutti sono ciechi,& balordi,& egli solo ha occhi,& vede.
Ma questa è pur bestemmia horrenda, che l'ha perdonata n'anche al suo caro,& amato
Alchimista Arnaldo, del quale dice, che lui solo de' Medici ha voluto leggere,& niun'altro.
Tutti fanno (dice egli) siropi, decottioni, preparationi, di salsa perilia, di china, di legno santo; nè sanno i poverelli ciò che si facciano, cavano i denari a' meschini infermi,& gli scarinficano con digiuni,& longhe diete, senza punto fargli giovamento,& la causa è l'ignoranza, perche non sanno ciò che si facciano.
Fanno, dice egli, le sue decottioni,e preparationi alla scoperta,& fanno bollir tanto, che per vapore ne esce tutta l'anima,& resta solo il corpo morto,& questo danno a' suoi infermi.
Ma come può un corpo morto haver virtù, nè viver se egli è morto?
Bisogna (dice il Maestro) metter sopra il capello,& far che'l recipiente riceva l'acuqa generata dal vapore, acciò non resti nel vaso bollente il corpo senza anima,& quella anima poi rimetter sopra il corpo morto,& vivificarlo,& poi così vivificato darlo a gl'infermi: cosi fanno i periti, ma questi ignoranti rubbano i denari,e struppiano gl'infermi.
Per glorificatione di questo suo tanto glorificato dogma, adduce quattro essempi,& isperienze. Della farina, del vino, dell'acqua di vita,& acqua di rosa: provando in questo modo la sua intentione.
Si come la prima farina che cade dal tamiso, overo buratto,& il primo vino, che si cava dalla uva mostata:& la prima acqua di vita, che si cava per lambico del vino,& la prima acqua rosa, che esce dalle rose, è miglior della seconda: così quel vapore che prima esala nella decottione,& fattura de' siropi,& acqua del legno santo, salsa e china,& la migliore, anzi la virtù,& l'anima del materiale, che si cuoce:& quello che resta nella decottione è cosa insipida, languida,e svanita:& però inutile.
Nondimeno lasciano andar'a male i Medici,& speciali, quella virtù,& anima;& ritengono quel corpo morto,& quello danno a suoi infermi, senz'alcun frutto.
Io credo che costui sappia qualche cosa, mà non di quelle, ch'è ben'il saperle: si ben di quelle che non è ben'il saperle,& è male il saperle.
prima io dico che questo dogma del quale egli và tanto superbo,& altiero, non è su trovato, nè inventione; ma lo ha imparato da uno Chirurgo da me ben conosciuto, co'l quale hebbe già grande famigliarità,& prattica,& perche è peritissimo delle distillationi gli insegnò questo suo segreto.
Et benche questi due facciano gran professione della falsa filosofia di tramutar, disgiongere,& rifar metalli perfetti, imperfetti, puri, impuri, minerali, e mezi minerali, di putrefattioni, calcinationi, salificationi, estrattioni, congelationi, tramutationi, augumenti,& simil cose pertinenti alla Filosofia.
Io nondimeno, che di tal cose non faccio alcuna professione,& son giovine,& novitio, hora venuto di studio dico che concedendogli tutto'l resto, in questo sono di alrgo ingannati.
Il che hora intendo far chiaro: lasciando dunque hora a parte tutto quello, che pertiene alla Pyrotechnia, dico trovarsi tre operationi, communi alla Medicina,& alla Spagirica.
< name=19>Queste sono, decottione, separatione, e destillatione, tra loro differenti in modo, di fine,& di effetto.
La decottione si fa mettendo in vino, acqua commune, acqua lambiccata,ò altro liquore, i materiali che sono ogni sorte di vegetabile,& a simplice foco,ò balneo mariae, si fa a bollir a lento, mezano, o forte fuoco, più tempo, o minore, secondo che le cose paiono maggior, o minor decottione.
Il fine di questa è il far che la virtù de' materiali entri nel liquore: che si beve poi, così semplice, e fresco, over con aggionta di mele,ò zucchero si serva per quel tempo che non si ha copia di semplici.
La separatione è,, quando una sostanza si separa dall'altra, la sottile dalla grossa:& questo a due modi, ò con calore, ò senza, se si fà con calore si chiama semplice separatione come quando si fanno i sughi dalle herbe, radici, o frutti pesti,& poi al torchio pressi, se con calore si chiama destillatione.
Sono diversi gradi di calore, che si usano secondo i diversi materiali, più densi, o meeno,& secondo la loro sostanza.
Talche dal calor del Sole per i mezi si ascende al fuoco, necessario, nella operation de' metalli, e minerali.
Dunque per la decottione la virtù resta nel liquore: nella separatione simplice, resta nel sugo:& nella distillatione nel vapore,& acqua da lui generata.
Et si come nella destillatione quello che resta in fondo, et quello nella che nella separatione resta cavato il sugo è di nulla, ò poca virtù cosi quello che vapora nella decottione, e il liquor fatto vapore, nè più virtù porta fuora di quella che si trova haver in se, restando il rimanente liquore pieno della sua virtù.
Come mostra l'effetto, che quanto più dura la cottura, il liquore si fà più gagliardo di virtù: come si conosce al gusto,& massime in materie dure,& grosse come è il legno santo.
Dove che chi mettesse il capello, e recipiente al vaso quando si coce'l Guaiaco: l'acqua del suo vapore non haverebbe più virtù in se, di quello che nella separation di sughi ha il corpo,& parte terrestre rimanente,& nella destillatione quell'herba,ò liquore che dopò la destillatione rimane al fondo. Talche hanno proportione tra di loro queste tre cose, l'acqua destillata, il sugo separato,& il decotto, perche tutti e tre hanno la virtù inetta,& finalmente hanno tra loro proportione quelle altre tre cose, il materiale della destillatione, il corpo terreo, onde è cavato il sugo,& il vapore uscito dalla decottione, perche tutti tre hanno, ò nulla o poca virtù.
Mà dirà costui, che non stà la proportione, perche al rimanente della destillatione,& separatione, non è proportionata la vaporatione della decottione; mà la cosa decotta, che rimane fatta la decottione.
Rispondo che qui sono due proportioni, una di sostanza,& l'altra delle virtù,& questo ho fatto io, non quella.
Et dico che quanto alle sostanze il rimanente della decottione, è proportionato al rimanente della separatione, e destillatione.
mà quanto alla virtù non già perche'l rimanente della decottione, come si vede che di herbe decotte si fà empiastri,ò cataplasmi virtuosi,& del legno santo decotto si può far ribollendo, nova acqua, che sempre haverà notabile virtù & si mette anco sopra le gomme, tossi, dolori gallici,& a posteme fredde il detto legno decotto,& fà buona operatione.
Dove che'l rimanente della destillatione, e separatione, è poco meno privo d'ogni virtù.
Però è proportionato non quanto alla sostanza, mà quanto alla virtù, all'acqua del vapor della decottione: la quale ha tanto poca virtù, che'l Fracastoro nel suo libro de morbi contagiosi, curando il Gallico in puttini, che hanno preso'l male dalle balie, o madre, ordina la detta acqua di legno santo distillata, per non haver sapor cattivo, nè molesto, altrimente i puttini non la beverebbono:& si come non ha sapor'anco non hà virtù che sia notabile,& pure ne canta che in simili bambini che hanno il mal recente gli guarisce.
Mà tanto differente virtù è nella decottione del Guaiaco,& nell'acqua distillata di esso Guaiaco, quanto è maggior'il mal Gallico vecchio ne gl'adulti, congionto con dolori, gomme, ulcere,& altri accidenti di quella poca infettione che si trova ne' putti.
Però il decotto è quello che hà la virtù intera,& l'acqua destillata debile,& diluta.
Nè qui intendo di servirmi dell'autorità del Fracastoro, che so dal nostro valente huomo essere sprezzata: mà si bene dell'isperienza della quale parlando Galeno disse, che la Medicina rationale camina con due gambe, una è la ragione,& l'altra l'isperienza, la quale è fondata nel senso, il quale chi niega, diceva Aristotile, che merita esser castigato per la pena del senso, come sarebbe a dire, che chi negasse il fuoco, esser caldo, bisognarebbe gettarlo nel fuoco, acciò conoscesse co'l senso quello che niega con la bocca.
Hora si tocca con mano ogni giorno, che la decottione del Guaiaco fatta secondo il modo de' Medici rationali, libera gl'huomini dal Gallico,& l'acqua destillata dal detto decotto già fatto, libera i bambini infetti.
E anco chiaro che quanta differenza è tra la malignità del male ne' grandi vecchia,& congionta con molti cattivi accidenti,& quella de i fanciulli, nova, debile,& senza accidenti, tanta differenza debbe esser trà la virtù del decotto fatto secondo la regola de' rationali,& l'acqua destillata da esso decotto, la quale quanta sia è manifesto.
Oltra ch'è da considerare, che altra, e maggior virtù è nell'acqua destillata dal decotto gia fatto, che non è nell'acqua nata dal vapore della prima decottione, della qual parla il nostro prelibato,& vuole che si pigli col capello; perche la prima essalatione nel far decotto, ha poca virtù,ò nulla,& è come vapor di acqua: mà la seconda essalatione fatta dal decotto perfetto ha virtù maggiore, perche secondo la regola da noi data di sopra della destillatione, il vapor della destillatione porta la virtù del materiale, mà nella decottione resta nel liquor decotto. Onde appare qui esser tre cose per virtù ordinate, una maggior dell'altra.
Maggior virtù è nel decotto, minor nell'acqua della sua destillatione,& molto poi minor nell'acqua nata dal vapor, mentre si fà la prima decottione: il quale il nostro Spagirico vuole che porti l'anima spirito,& vigore,& che tutto il resto sia corpo morto. Il che quanto sia grosso errore, egli stesso, benche cieco, hormai può vedere.
Non è dubbio alcuno, che'l legno santo è duro, grosso, denso,& grave: però non è atto ad ascendere.
Et se mi mi direte, che ha parte pingue,& spirituosa,& sottile,& che quella ascenda.
Rispondo che le parti più sottili del Guaiaco è più grosso dell'acqua,& che l'acqua è più facile a passar in vapore: come si vede ch'ogni picciol calor lo converte in vapore. Dove che il legno vuole gran forza di calore.
Applicando hora a proposito questa nostra distinzione verissima è tale, ch'egli stesso, benchè da sè non l'habbia veduta (intesala però), concederà,& ogni altro che non voglia esser'ostinato, e pertinace:& se la negarà con la bocca, la concederà col cuore: dico la ragione,& fondamento suo esser falso,& quelle sue quattro isperienze nulla giovargli, anzi non sar'al proposito,& lui haver' equivocato,& confuso quelle tre cose, decottione, separatione,& destillatione:& volendo reprobare la decottione, piglia l'altre due in argomento, che non vanno al scopo: chi non vede l'isperienza della farina, del vino esser separatione? Et quella dell'acqua di vita,& acqua rosata: esser destillatione? Mà essendo cose diverse, quello che conviene a una, non convien all'altra, nè si può da una argomentar all'altra Rotta è l'alta colonna:& il suo grande,& forte Achile è ito a terra,& presto vi andrà anche l'Hercole.
Se queste cose havesse saputo quel nobilissimo Cavallier non haverebbe giudicato, che fosse degno un tal'huomo vano d'haver statua presso quei grandi huomini, che già produsse quella gloriosa Città di Verona (benche) io credo che lo burlasse, più tosto lo haverebbe ripreso come sofista, che con tali sciocherie havesse ardire d'occupar un personaggio tale quale intendo lui essere.
Cum quis semel verecundiae fines transiliverit, oportet gnavi et impudentem esse
Questo è quel gran Medico che vuole insegnar a tutto il mondo,& a tutti i secoli, anco ad Hippocrate,& Galeno.
Si Dijs placet
Costui vuole sapere più de i suoi Maestri dico quelli Indiani, che prima ne havevano mandato il Gallico, poi ne mandorno il remedio,& il modo di usarlo,& prepararlo, si come essi sempre hanno fatto,& per lunga prova,& isperienza confermato esser vcero, e buono.
ma non vediamo anche noi l'esperienza quotidiano?
Io son giovine non posso allegar l'opera mia: mà ho ben dimandato a questi miei padri vecchi,& tutti mi hanno affirmato, che la decottione del Guaiaco libera da tal male,& ciascuno di loro giura haverne liberati,& liberar ogni giorno.
Il che s'intende servatis servandis, cioè che il legno sia buono, cotto secondo l'arte, hora in vino, hora in acqua commune, hora in acqua destillata, per il giusto tempo, in stagione,& loco conveniente, con la debita dietra,& governo, secondo l'età, il sesso, il mal novo,ò vecchio, con accidenti,ò senza, più,ò men maligno variando secondo la ragione.
Ma dice il nostro Dottore, che niun guarisce, con questo modo,& se alcun guarisce, da se stesso guarisce, come molti di altri mali, per beneficio di Natura.
Nel che mostra quanto habbia macchiata la conscienza a dir'una simil bugia, quando ha egli, nè alcun altro mai veduto, senza rimedio alcuno esser guarito di tal male?
Gratie si debbon havere a Dio se si libera co' rimedij, mà senza rimedio questo non è stato mai veduto.
Ditemi un poco caro Messere (io ragiono volentieri con voi, perche essendo'huomo saputo, non posso, se non imparar sempre qualche bella cosa,ò misterio) quando'l cuoco cuoce la la carne, una capon, gallina, pernice, starna, fasano, pipion, vitello, cingiale, capriolo,ò cervo:& le donne cuocono la minestra, verze, spianazze, farro, orzo, riso, nella bollitura esce quel vapore,ò spirito che voi dite esser la parte nobile della cosa che si cuoce,ò pur non.
Il senso mostra ch'esce, adunque porta fuori il meglio de' cibi,& i poveri Prencipi, Imperatori, Rè, Signori,& Popoli magnano la fecia & lo escremento,& la parte terrestre,& grossa,& quella ch'è l'anima sua n'esce, error grande, grandissimo;& sono assassinati i Principi da' suoi cuochi,& i popoli dalle loro donne che fanno mangiar il peggio,& lasciano andar via il meglio.
E tutto'l mondo, e tutti i secoli da Adamo in quà sono stati in questo errore.
E pur gran cosa che tutti gl'huomini siano stati in questo inganno, tutti ciechi,& solo questo huomo ha avuto occhi.
E meraviglia che havendo tal'opinione,& altramente reggendosi per lo suo spirito, che non viva anco di spirito:& che'n loco d'andar a tavola, non vada sopra la pignata che bolle,& sorba in loco di cibo quel vaapore: et forse lo farebbe, ma teme cosi facendo, di confirmar la commune opinione, che di lui è in Verona.
Se così è, com'egli dice, che nella decottion del legno, salsa,& china esce il spirito che sono legni, scorzo,& radici dure,& dense,& che diremo che sca dalla carne,& altri cibi,& herbe, cose tenere, vegetabili,& molli, ne uscirà non solo'l spirito, mà la sostanza ancora. E pure egli stesso nelle sue historie recita che dava a quel capitano,& altri non solo il capone, mà anco il suo brodo pe ristorarlo,& gli huomini si nutriscono benissimo di questi cibi decotti, ancorche sia svaporata quella sua anima,& spirito.
Sarebbe pur maraviglia, che in sei miglia d'anni che dura il mondo la bontà di Dio non havesse mai rivelato questo cosi grande secreto al mondo, se non hora a questo gran Dottore.
Ascoltate di grazia con quanta arroganza questo valent'huomo, come uno canta in banchi, vende solennemente questo suo sogno.
Queste sono sue parole al foglio 33, nella seconda pagina[?].
"Io vi vi ho detto,& hor vi replico, ch'erano i Medici nel dar le decottioni longhe, con l'essalatione della parte più nobile delli spiriti svanniti, però nell'acqua del legno, salsa,& qualunque altro vegetabile, fanno peccati grandissimi, facendone essalar la parte più nobile,& dando la più grossa per Medicina.
Et se il Monardes Dottor,& Medico honestamente dotto,& altri Spagnuoli, con tutti gli antichi,& moderni,& tutto'l mondo insieme ha detto, scritto, insegnato altrimenti tutti in particolare,& generale si sono abusati, abusano,& abuseranno.
Io per me l'ho detto, dico,& dirò sempre che questo è un error detestabile,& perche l'ho conosciuto ho voluto publicarlo al mondo contra l'opinione di molti, che volevano persuadermi a tenerlo secreto, come cosa preciosa".
IIn uno altro loco dice cosi nel medesimo proposito parlando a fogli 8 pag.2 [?].
"Hora voglio scoprirvi un'altro,& importantissimo secreto,& è questo.
Che non è Medico in Verona, nè forsi in tutta Italia, nè in Europa, nè in tuto il mondo, che sappia fare,ò ordinare la decottione del legno Santo, salsa,& china.
Et di più tutti i siropi,& usuali bevande di speciaria, sono una barraria, una corruttione,& contaminatione delle virtù Medicinali, e non parlo sol di quei che hora vivono, mà di quelli ancora che son morti,& ne hanno lasciate le dottrine a questi miseri erranti, che si chiamano,& intitolano Medici rationali & c.
Fertur aequiis auriga, neque audit currus habenas.
Mà quando pur anco per la decottione svanisse qualche poco di virtù, che è di niuno o poco momento, è da saper che le cose del mondo sono tali, che'l bene, co'l male sono talmente attaccati insieme, che no si possono separar in tutto. Loda Galeno nell'undecimo Methodo grandemente l'ossimele, nondimeno dice che chi troppo lo usa, rade gli intestini,& dice che niun rimedio è tanto buono, che seco non porti qualche danno.
Dice anco, che i medicamenti purgatorij, giovano nelle febri,& morbi acuti, nondimeno che per la calidità,& siccità fanno danno alle febri.
Si usano nondimeno, perche più giovano evacuando l'humore causa del male che non noceno co'l riscaldare, e diseccare; cosi in proposito la decottione cava la virtù delle cose decotte,& la ripone nel liquor della decottione, al che seguita il vapore che pur porta fuora qualche poco di virtù, che non rileva molto, perche la virtù maggiore nell'acqua si resta: come di sopra è dechiarato.
Non è ancora regola generale,nè sempre nelle preparationi di medicamenti fatte con fuoco, nelle quali intraviene la essalatione, che sempre sia bene usar il capello,& recipiente: perche quel vapore, ch'esce, non è sempre buono,& egli stesso lo dichiara, perche nella preparation dell'Hercole svapora molte volte i materiali,& dice quèl fumo esser la parte peggiore.
Sappiamo ancora'esser gran differenza tra le decottioni di herbe calide,& frigide, secche,ò verdi,& fresche, perche le calide si coceno secche per esser nelle verdi la virtù oppressa,& come suffocata dalla soverchia humidità, onde si nodriscono: e cocendole verdi,& nel liquore,& nel vapore, non darebbono se non quella humidità superflua non ancor convertita nella sostanza dell'herba:& tal vapore sarebbe di virtù nulla,ò debolissima, si come anco nella destillatione, si vede l'acqua lambicata esser debile, nè portar seco la virtù del suo semplice. Il contrario avviene nella decottione dell'herbe frigide,& humide, le quali si cuoceno verdi, e fresche,& in decottione danno più virtù per esser tenere, nè perdono la virtù per vapore, perche presto si coceno.
Ma perche la destillatione dura più tempo, l'acqua lambicata d'herbe frigide viene ad essere virtuosa,& haver non solo l'humidità onde si nutrisce l'herba, mà anco la virtù, & sostanza della febre.
Si vede poi che nella decottione di cose dure, e dense come del Guaiaco, quanto più dura la decottione,& è longa, il decotto è più gagliardo. Dove se'l vapore portasse fuora la virtù, quanto fosse più longa, tanto minor virtù haverebbe. Et pure il contrario si vede manifestatamente.
In vero stava male il mondo, se non veniva questo gran Profeta, come un'altro Macometto a supplir quello, che mancava al testamento novo, e vecchio.
Mi meraviglio che sia stato tanto tardo a rivelar questo gran secreto per salute del mondo, o beata Verona hai pur trovato un Profeta,& un Dottor del mondo.
Questo è quello che non vuole, che a lui sia allegato Hippocrate nè Galeno,nè Avicenna: la cui autorità sprezza, nè gli crede, perche ne sà più di loro.
Questo è quello che nella sua supplica al nostro Collegio dice che non è Dottore, nè vuol'esser Dottore, perchè ne sà più de i Dottori,& che quello che non approbaranno il suo modo di medicar contra il commune uso, sarà ignorante, pazzo,& maligno.
Questo è quello che si gloria che Iddio a lui ha rivelato questo secreto, e pure di sopra ho certificato, che lo ha imparato da un Chirurgo. Certamente doverebbe quel gran Consiglio di Verona farlo suo Caporione,& dargli il supremo magistrato, essendo tanto sapiente risanerebbe la Città, riformeria le leggi,& statuti,& faria venire il secol'aureo.
Questo è quel grande huomo che crede che il Collegio di Padova, Bologna, & Pavia, Ferrara debbano accettar'il suo dogma, come che fosse un Pitagora.
Dice egli in un loco, ch'a gl'idioti se errano si può perdonare, mà che huomini dottissimi facciano errori, non è comportabile,& meritano castighi. Mà egli che non solo si sà dottissimo, mà Dottor del mondo tutto,& di tutti i secoli,& inganna il mondo, o per ignoranza, ò per malitia, ò per pazzia che castigo meriterebbe egli?
Qual'huomo si trovò mai tanto superbo, come costui, che ha ardir di preporsi a tutti i Savij del mondo? Quello che dall'oracolo d'Apolline fù giudicato sapientissimo faceva profettione di saper nulla,ò questo solo che nulla sapeva.
Et questo che sà nulla vuole saper più di tutti?
Tutti gli huomini veramente dotti sono humanissimi,& cortesissimi: il cui contrario essendo costui, dichiara ch'è stupidissimo,& indottissimo, il che però non è meraviglia, perche tale lo fà quel spirito che lo regge. Razza di quel che disse: Ascendam in Coelum,& super astra,& super montes altissimos in Aquilone ponam sedem meo,& ero similis altissimo.
Viene poi questo huomo all'uso della stuffa, che si usa nel Gallico, per far sudare, il quale egli chiama una sceleratezza. Nel quale riprende due cose. Una che dice l'infermo stando tutto chiuso in loco che non ha essalatione, venir per la bocca a ricever tutta quella infettione, che egli è uscita del corpo per la pelle con sudore,& vapore.:& dice che quel veneno che gl'è uscito della carne,& altre parti, per la repsiratione tirando l'aere infetto, và al cuore, per la canna del polmone,& al cervello per lo naso.
L'altra cosa che riprende, è che dice i Medici far profumo con cinaprio, ch'è veneno composto d'argento vivo,& solfo.
Onde il fumo di questo cinaprio tirato per la respiratione, viene a intossicar il misero patiente.
Socrate, e Platone hebbero ferma oppinione, che l'ignoranza sia cagione d'ogni male:& che tale è la faccia dell'honesta, verità, & del bene, che se l'huomo la conosce non può dir contra la verita, nè operar male.
Questo fonte di ogni male sè congionto con la superbia: e poi cosa diabolica, come hora vedremo trovarsi in costui.
Prima dice che l'infettion Gallica, uscita dal corpo nell'aria si muore,& poi ne ragiona come come che sia viva,& penetri al cervello,& al cuore, e di nuovo ammorbi l'huomo, chi toleraria questa sì grande stupidità?
Mà egli appresso non sà, che gl'accidenti non hanno gambe, nè piedi da caminar,& che l'infettion Gallica non ha altro soggetto, che'l corpo humano vivente, l'aere, o vapore non patono il mal Francese: il quale è accidente, e non sostanza: però non camina egli del corpo nell'aria, si che si possa poi sorbire col fiato.
Et se il sudor,& vapor del corpo hà alcuna mala qualità, che non è però infettion Gallica: sparisce,& si perde, come struggendosi la neve al sole si perde anco la sua bianchezza. Mà questi termini non sono noti a questo huomo: & se dicesse che la peste li prende per lo fiato, ch'è contagio, come è il gallico.
Rispondo che la peste è di più sorti,& quella che per la respiratione si prende, hà i seminarij nell'aria,& come scrive Galeno và per l'aria come una fiera furiosa,& entra per l'anelito.
Ma il Gallico non entra per mezo dell'aria; mà solo per contagio de' corpi,& per communication d'humori, ch'entra dall'impuro nel puro, che non si sà, se non per meato aperto: nè la pelle intera lo riceve, se non è ulcerata, ò scoperta dell'epidermide.
Sopra che fondamento horà fabricato quelle sue esclamationi, o Dio buono, Dio grande, Dio immortale, che scelerità, che beccaria, che ribalderia inaudità? & c.
Più tosto io potrei dire a lui, ò testa senza sale & c.
Mà per venir all'altra querela tua, quando tu dici che'l cinaprio usato nella stuffa intossica,& avelena l'huomo, con che verità puoi tu dir che Medici rationali, usino nelle sue stuffe tal cosa?
Il cinaprio con altri minerali,& metalli sono istromenti da empirici,& pari tuoi, da ceretani, alchimisti, e falsi filosofi, ch'in vano cercano il suo beato lapis.
I Medici rationali non mai si servono di tai veneni nelle sue stuffe, mà di polvere odorifere, che si spargon sopra le bragie, over di herbe virtuose,& aromatiche bollite in liquor conveniente, che fà vapor soave,& grato.
Perche dunque si oppone a rationali, quello che conviene a empirici?
Et perche i rationali ne i suoi libri dove curano il Gallico fanno mentione del suffumigio, di cinaprio: potrebbe egli dir che sia rimedio de i rationali.
Descrivono veramente molti rationali tai suffumigi, per esser diligenti ne i suoi trattati, per non lasciar rimedio alcuno intatto.
Mà gli riprendono, nè consigliano ad usargli, perche dunque tribuirli quello, ch'essi riprendono?
Vorrei pure anco saper con che ragion riprende quelli che fanno i profumi nelle stuffe co'l cinaprio, poiche egli dà per bocca mille diavoli, precipitato, latiris, gratiola, antimonio,& altre simil cose:& pure egli stesso dice che l'antimonio è composto d'argento vivo, e solfo, si come il cinaprio è da lui chiamato veneno, perche è composto delle dette due cose.
Se egli da per bocca queste cose venenose, ch'è peggio, perche riprende quest'altro, ch'è men male.
Risponde egli,& dice che sono corretti.
I diavoli, & diabolichi huomini,& scelerati sono corretti,& castigati,& tormentati,& pure restano quel che sono, nè si emendano, ma tornano a rubbar, ammazzar,& far ogni misfatto.
Vulpes pilos mutat, mores non mutat
Questa sua correttione non leva però, che non siano veleni,& come egli sà, fanno brutti atti,& che spesso hanno messo la vita sua in pericolo.
Egli è acuto in vederi fatti altrui,& non conosce i suoi errori maggiori: vede la festuca nell'occhio altrui, non vede il suo travo.
Dice poi anco, che vi è un'altra setta di Medici rationali che usano quelli unguenti mercuriali, tra quali numera anche il Fracastoro, senza rispetto della patria,& valor suo, poco tribuendogli nell'arte della Medicina.
Volendo il suo giuditio esser superiore a quello suo sacro concilio di Trento, che l'elesse per suo Medico: a quello della patria, ch'egli ha posto sù la piazza una statua sempiterna: il quale in molti suoi dottissimi libri si ha dimostrato,& Filosofo, e Medico nobilissimo.
Ma che maraviglia è, che come habbiam detto di sopra egli sprezzi Arnaldo, che gl'hà insegnata l'alchimia,& lui solo tra Medici adora, che nulla stimi,& maledica il Fracastoro suo patriota.
Quando anco non si degna di Hippocrate, Galeno,& Avicenna,& suoi seguaci, nè acceta la loro auttorità,e testimonio.
Hippocrate fù'l primo che ridusse la Medicina in arte: fù molto stimato da tutti gl'antichi, e tanto era magnanimo, ch'essendo chiamato da Artaxerse, Rè di Persia, per medicar il suo essercito, ricusò dicendo esser cosa indegna, che i Greci servissero a Barbari.
A questo posero gl'Ateniesi una statua nell'Ariopago, per haver liberata la Grecia, con brusar'una gran selva da una peste acerbissima.
Questo ha lasciato libri assai, pieni di ottima dottrina, che tuttavia sono in grande veneratione nel mondo,& pure costui non ne fà conto alcuno, eccetto di uno che dice d'haver'egli solo, perche ragiona d'Astrologia, che si conforma co'l suo humore.
Galeno poi nacque per providenza di Dio al mondo, come si conosce, per la rivelatione fatta in sogno al padre suo, che l'ammoniva, che lo applicasse non a' quell'arte, che haveva designata, mà alla Medicina: nella quale fu tanto grande, che gl'Imperatori Romani lo chiamorno a Roma,& lo honororno in molte maniere,& lo stimorno assai.
Questo ha levata l'oscurità da' libri di Hippocrate,& con molti suoi libri ha talmente illustrata,& insegnata questa arte, che tutti i posteriori Greci, Arabi, Latini, antichi, & moderni lo hanno seguito, come suo Maestro,& fattosi volentieri suoi discepoli.
Questo ha estirpate quelle sette che havevano corrotta la Medicina, Methodici, Empirici, Thessalici, Erasi stratei, Diatritarij,& molti altri.
Et è questo scrittore tanto vago, eloquente, pieno d'infinita dottrina, ch'ogn'uno che fà professione di buone lettere, si diletta della sua lettione: nè si reputa saper nulla se non ha letto Galeno.
Del quale nondimeno il nostro caro si burla.
Avicenna ancora fù Principe nobilissimo,& in Filosofia, Theologia, Metafisica,& Medicina dottissimo, ci ha lasciato uno tal canone di Medicina, che per anni quattrocento, con la sua sola dottrina si ha medicato il mondo.
Se costui dunque è venuto a tanta cecità di mente, a tanto stupore che non vuole dall'auttorità loro essere convinto, può il Fracastoro, può la Città di Verona comportare, se tanto lo sprezza,& lo maledisse.
Dice egli ch'insegna cosa perniciosa alla natura humana,& loda la cura del gallico fatta con unquenti mercuriali, che porta tanti danni,& ruine,& mali accidenti a' miseri mortali: quasi che a suoi medicamenti non siano infinitamente maggiori.
Altrove egli dice, che egli biasma,& detesta la dottrina,& setta de' Medici rationali,& se potesse che gli distruggerebbe.
Quì dice che se fusse Papa gli scommunicherebbe, se fusse Prencipe seculare gli castigarebbe aspramente.
Et se fusse Giudice, che gl'impiccarebbe per la gola, come carnefici, peggiori di mille assassini da strada,& che uccidono chi si fida in loro,& si getta nelle loro mani.
Et perche questo? perche usano nella cura del gallico gli unguenti mercuriali fatti con argento vivo.
Primieramente costui non stà in proposito, oppone a rationali gli unguenti mercuriali fatti con la songia di porco, ch'è rimedio esteriore, e poco dopò ragiona, come che sia perfumo che co'l fiato vada al cuore,& cervello; però falsamente conclude che non sia rimedio esteriore.
Ma se è unguento non è profumo, e così non può andar'entro come egli dice.
Questo sia detto quanto all'incogruo parlar suo,& confuso, che prima lo fà unguento,& poi lo riprende come suffumigio.
Altramente è vero che anche esteriormente si metta come unguento, nondimeno penetra per tutto il corpo, come poco di sotto diremmo.
Questo rimedio è empirico, imperoche dice Galeno, gli empirici han un'istrumento, che chiamano transitum ad simile che si fa in tre modi.
Ab effectu ad effectum, a loco ad locum, ab auxilio ad auxilium.
Et lo usano in mali incogniti,& ne' quali non hanno portato rimedio.
Nel principio che'l gallico venne in Europa faceva pustule,& ulcere più che hora,& haveva una similitudine di scabie, profonda, come è la lepra [lebbra] de' Greci.
Però il Carpi primo cheera Chirurgo Eccellentissimo fece questo transito ad simile:& perche nella scabie si usava l'unguento con argento vivo,& deliberava di tal infettione, fece il transito dalla scabie al gallico, come simile,& gli riuscì facilmente.
Talche ne fece gran guadagno.
Ma in quei principij faceva strani accidenti, perche non era anco trovato il modo di prepararl,& correggerlo.
Veggendo i rationali tanti effetti prodursi dall'argento vivo, investigarono la causa, e trovorno la natura di esso argento vivo esser penetrantissima, di modo, che penetra tutti gli altri metalli, come dice San Tomaso nel libro de esse, & essentia.
Molto più facilmente dunque penetrerà a corpi umani,& per impeto del suo transito, e penetratione potrà mover tutti gli humori,& le parti ancor solide, di modo che faccia quella, che Galeno chiama metasyntrisi, cioè transelementatione, e transmutatione di tutto'l corpo, la quale per conseguente leva l'infetion gallica con mali humori, che la fomentano.
Dunque vedendo il grande effetto, che faceva in curar tal male, che per altri rimedij non haveva potuto curarsi attesero alla preparation,& corretion sua, perche induceva molti cattivi accidenti.
Nel che talmente hanno proveduto, che la Francia, la Germania,& la Polonia usano tali unguenti, e curano tal malattia con molta destrezza, havendogli ridotti a tal moderatione alche non più fanno tanti danni, come prima: l'isperienza dunque hà trovato questo rimedio, la ragione l'hà confermato,& la diligenza,& l'arte totalmente corretto, che quella sorte di gallico, che con altri rimedij non hà potuto curarsi, con questo si cura: nè cosa verisimile è, che le provincie sopra nominate, piene di huomini dotti,& scientiati, usassero di continuo tal rimedio, se fosse tanto pernicioso, come costui dice.
In Italia per esser tal rimedio in man de i Barbieri [Chirurghi] & empirici, che non sanno corregger l'argento vivo nè prepararlo fanno molti danni: contra di questi si debbe volger costui, non contra rationali, che biasman l'abuso,& essortano anco chi non hà la giusta preparatione ad astenersi dall'uso di tal rimedio: usando gli altri più mansueti, e proprij alla natura.
Vorrà dunque costui dannar la Francia, Alemagna,& Polonia tutta come ignoranti,& carnefici, trovando che sia vero rimedio,& senza tante rovine come egli scrisse? Questo non si può chiamar commun'errore, essendo antidoto salutare: nè que' medici, che lo mettono in opera, perseverarebbono, se trovassero tanti nocumenti.
Ma hora mi aveggo inavedutamente esser incorso in uno grand'errore.
Io ho difeso i Medici rationali nell'uso del Guaiaco, della china, della salsa periglia, delle stuffe, de' suffumigi,& de gli unguenti mercuriali.
Mà meschino me, mi trovo haver difeso il mio inimico capitale, il quale è puro empirico,& queste tutte cose sono empirice,& tutta la cura del Guaiaco è empirica, talche ho difeso la setta dell'inimico.
Molti hanno disputato della natura del gallico, volendo altri che sia caldo, altri frigido, altri humido,& secco.
Et finalmente è stato deciso, che in queste qualità non sia la sua natura.
Et che sia dispositione a tanta substantia chiamata da Galeno, qualità innominata,& occulta.
Et i suoi antidoti ancora non curino per qualità manifesta, ma incognita,& a noi nascosta.
Talche,& la infettion gallica,& i rimedij, non per ragione, ma per sola isperienza sono conosciuti.
Nè quì hanno loco le indicationi,& scopi curativi della natura, causa del male, che è a noi incognito: ma tutta è mera empirica,& noi cosi curiamo il gallico co' rimedij, perche habbiam veduto molti curarsi con tai medicamenti.
& noi habbiamo fatt' il medesimo, & da' particolari esperimentati si ha fatto precetto generale, che appartiene all'arte.
Hora se tutta questa cura, e remedij sono empirici, non doveva costui intitolar il suo libro Flagello de i rationali, ma di empirici,& per conseguente flagello di lui stesso, havendo consumato la maggior parte del libro in contradir a queste cose empiriche.
Verrebbe adunque haversi bastonato lui stesso,& percosso, lacerato, scommunicato, castigato, impiccato, squartato, non come lui dice i rationali.
Hà anco un'altra gran querela contra Medici rationali il nostro campione.
Dice egli che non conoscono le herbe,& i semplici: cosa pur tanto necessaria al Medico, come istrumento, e materia senza la quale non può curar'le malattie.
Et perche è huomo iperbolico, narra haver veduto in Brescia sù la piazza un Medico, che non conosceva, nè distingueva i cardoni dell'indivia.
Hor qui io son ben forzato cagliar,& ceder al valent'huomo, perche hà gran ragione.
Certamente doverebbon i Medici rationali lasciar i suoi libri, il suo studio, i suoi ammalati, la moglie, i figliuoli, le Città, & starsi nelle selve, monti,& boschi,& imparar a conoscere le piante,& fanno error grande a non attender à questa parte tanto necessaria.
Et se per lo passato in questo hanno mancato, debbon hora ubidir'il suo Maestro,& imprarar la vera cognitione de' semplici.
E ben vero, che tutti non sono così fortunati, come egli è, che ha un certo poderetto, come hò inteso sotto Montebaldo
, luogo pieno d'ogni sorte di virtuose piante:& a suo bell'agio ha potuto dalla sua fanciullezza andar'à diporto per detto monte,& imparar questa cognition de i semplici dal suo vicino Montebaldo: nel che anco'l sito ha giovato molto, essendo che quando'l vento spira da tramontana passando per quel monte porta tutte le virtù di quei semplici, al luogo suo, e gl'empie il cervello di quelle tante virtù singolari; ond'egli fà tanti miracoli di guarir d'ogni male, non uno,ò due,ò diece, ma migliara, e milioni d'huomini.
Veramente si converria, che i Medici havessero perfetta cognitione, di tutta la materia medica, tanto delle piante, quanto delle parti de gli animali, che vengono in uso della Medicina,& anco di pietre, metalli, e minerali, si come hebbe Dioscoride Galeno, il quale fece tanti viaggi, e navigò in Lenno, Candia, Cipro, Egitto per tal causa.
Ma ars longa,& vita brevis
Tante sono le parti di questa arte,& tanto ampla la cognition sua, che la vita di un'huomo non basta a farsi perfetto in tutte.
Però è stato necessario non solo a' tempi nostri, mà anco anticamente, che diversi artefici trattassero,& essequissero diverse parti: come si vede in Cornelio Celso,& Galeno che nominano Medico Chirurgo Itralipa, unguentario, Pharmacopola,& herbario, come diversi artefici de' quali però il Prencipe, è il Medico,& gl'altri ministri,& vuole Galeno tra loro esser quella proportione, ch'è tra l'Imperator d'essercito,& soldati, tra l'Architetto,& le arti subservienti,& tra il nocchiero,& remiganti,& si come il supremo non s'intromette a far le cose del suo inferiore, cioè l'Imperatore non fà l'officio del soldato, ma a lui commanda, che faccia quello, che già sà appartenersi all'arte militare, come soldato, cosi il Medico non debbe far le cose pertinenti al compositor di medicine, che presso di noi è lo spiciale,& lo herbario.
Vero è che alle volte occorre che'l Capitano, si ben come soldato,& l'Architetto mette mano alla fabrica; ma come ministro,& il nocchiero piglia il tèmone,ò remo, ma non come nocchiero, ma ministrante.
Sono però parti distinte, secondo che Galeno dimostra.
Si dice per comun proverbio che seria bene, che lo Speciale fosse Medico,& il Medico Speciale.
Et che'l Medico fosse perito di tutta la materia medica.
Ma perche la vita humana non può tanto, non è necessaria, che lasci la parte che a lui appartiene propriamente,& attenda a quelle che appartengono a' suoi ministri.
Et se bene non consideriamo i Medici grandi della nostra età non sono stati herbarj.
Et quelli che sono stati grandi herbarij non hanno saputo medicare.
Come si dice del Ruellis in Francia, del Fuchsio in Germania, & Mathiolo i Italia: i quali nell'essercitio del medicar'è publica fama, che fossero inettissimi.
Essendo dunque la historià delle piante,& materia medicinale, quasi infinita, nè si potendo tutta apprender dal Medico senza tralasciar le cose più necessarie, a lui bastera il sapere,& conoscer que' semplici alterativi,& solutivi, che sono in uso quotidiano; di quelli che non sono in uso, non è gran peccato se il Medico non li conosce; mà lo Speciale doverebbe esserne di tutte peritissimo quanto all'historia, che le virtù appartengono al Medico.
Non era dunque da far tanta querela contra Medici per questa causa, poi che Galeno gli libera da tal diligenza, attribuendola a' suoi ministri:& ben ch'egli vi habbia atteso tutti non ponno esser simili a Galeno.
Aggiunge poi una, che vorrebbe che fosse tenuta historia: mà per non esser ne vera, nè verisimile, non merita che gli sia creduta, massime che dalla sua bocca rare volte si ode verità. A lui basta che quel che dice sia in dishonor de' Medici rationalij.
Sono (dic'egli) ne' libri de' Medici antichi,& moderni tante belle,& buone medicine le quali ivi stanno otiose,& questi Medici non si mettono in uso; ma si stanno in certe poche,& con quelle medican tutte le malattie, e tutte le nature, benche diverse.
Questa è bugia,& dice il falso, e non sà egli, che cosa sia medicina ordinaria, secondo l'uso degli antidotarij communi:& medicina magistrale, secondo la particolar'intentione del Medico, ò cavata da' libri buoni, ò inventata da lui.
Che quando egli ciò sapesse, ogni giorno ode nominar nelle speciarie medicina magistrale,& ordination magistrale: cioè che non si trova fatta dà speciali, mà si fà di nuovo: e questo è tanto frequente, e quotidiano, ch'appare lui dir bugia, poiche ogn'hora s'ordinano da' Medici cose nove,& per loro inventate.
E vero che si come nell'uso del viver humano sono certe poche cose in uso continuo, per haversi conosciuto per isperienza, che sono attissime a nutrir la natura humana.
Queste sono pane, vino, carne, ova, pesce, e latticinij, e minestre.
Le quai cose si usano da tutti i tempi, ogni giorno, e notte, e state, e verno, e da tante varietà di nationi, paesi, genti, huomini, donne, giovani, vecchi, grandi, piccoli,& a tutti fanno bene, debitamente usate.
Sono anco in Medicina, alquante cose, che per lungo uso convengono a molti mali, e diverse nature,& variata la dose,& con diverse cose mescolate, giovano grandemente, e per giovar al sicuro, sono in uso frequente.
Chi riprende questo in Medicina, debbe anco riprender l'usanza di tutto'l mondo, che quotidianamente mangiano,& bevono il medesimo cibo.
Et tamen questo huomo galante mette per cosa enorme quello, che è lodevole.
Et questo fà solo, perche non hà cose di valore, che dir con le sue dicerie.
Si crede offender' altri, ma si manifesta per huomo poco saputo.
Hà anco ardir'il nostro Petronas d'entrar'in messem alienam, e ragionar della dieta egli che è empirico, e questa è tutta farina de' rationali, i quali conoscono le nature de gl'huomini de' cibi, de' tempi, delle malattie, e le distinguono in principio, aumento stato, e declinatione: e nella dieta grossa che conviene alla sanità, per non andar subito da un'estremo all'altro,passano nello stato, nel qual conviene la sottile, per mezo del principio,& aumento ne' quali la dieta debbe esser più sottile, che in sanità, e più grossa, che nello stato.
ma il nostro Diatritario, e ne' primi trè giorni fà digiunar, e poi empie di carne, ova, vino, come faceva Petronas al tempo di Galeno.
Tutto'l contrario de' rationali, e della ragione; passando d'un'estremo all'altro senza mezo,& poi con la dieta grossa impedendo la natura della concottione de gli humori morbifici, tirandola alla digestione, di carne, caponi, galline, ova, brodi pieni di marzapani, califoni, pistachea, pignoccata,& simili cibi, che sviano il calor del combatter co'l male.
Del vino poi, se egli fosse Todesco più non lo darebbe in tutte le malatie, bestemiando l'acqua, dove ch'insino le donne, e fachini sanno alla maggior parte esser veneno, e l'acqua convenientissima: ma però ò semplice, ò alterata secondo la ragione,e bisogno.
Biasma egli i rationali, che fan morire di fame gli ammalati, dove egli li suffoca, e ammazza, e annega co'l troppo cibo.
Riprende anco i Medici rationali,& Speciali insieme, perche usano le medicine,& droghe venute d'Egitto, d'India, & Mondonovo: dicendo che'l grande Iddio hà donato a ciascun paese tutte le cose necessarie, senza ch'esponga la vita a pericolo, navigando,& portando il suo oro,& argento in altri paesi.
Tanta è l'audacia di questo huomo, che non si cura il dir favole, pur che dica cosa nuova,& dica mal d'altri.
Chymistis, atque Poetis quidlibet audiendi sempre fuit aequa postestus[lib.24, cap. I]
Si ha voluto mostrar Pliniano, qual prima di lui disse sciocheria con queste parole.
haec sola natura placuerat esse remedia parata vulgo, inventu facilia, ac sine impendio ex quibus vivimus. Postea fraudes hominum,& ingeniorum capturae officinas invenere istas, in quibus sua cuique venalis vita promittitur. Statim mixtura,& compositiones inexplicabiles decantantur, Arabia, atque India in medio aestimantur, ulcerique parvo medicina à rubro mari comportatur. Cum remedia vera, quotidie pauperrimus quisque cenet. Nam si ex horto petantur, aut herba, aut frutex queretur, nulla artium vilior [Lib.22, cap. 24].
Et altrove, non fecit cerata malagmata, emplastra, antidota, collyria parens illa, ac divina rerum artifex natura, officinarum haec immo verius avaritia comenta sunt. Natura enim opera absoluta atque perfecta gignuntur. Scrupulatim quidem miscere vires, non coniectura humana opus, sed impudentia est. Hos nec Arabicarum, nec Indicarum mercium aut ex terni arbis attingimus medicinas. Non placent remedia tàm longè nascentia. Non nobis gignuntur, immo neque illis quidem alioqui non venderent, odorum causa unguentorumque,& deliciarum si placet, etiam superstitionis gratia emantur. Quoniam thura supplicamus,& costo. Salutem quidem sine his posse constare, vel ob id probabimus, ut sui tanto magis delicias pudeat.
Iddio ha voluto, che i paesi del mondo habbiano cose a loro peculiari, che non hanno gl'altri,& che uno non havesse tutte le cose a se necessarie è bisognose, acciò fossero gl'huomini forzati a dar'altri il suo,& da altri ricever'il loro,& così communicassero,& conservassero insieme co'l commercio de' loro bisogni.
Il che quando non fosse, tutti si starebbon a casa sua nè comminicherebbono con gl'altri.
Ma la providenza di Dio volendo tal unione,& commercio, ha partite le sue gratie,& dato occasion alla communicanza,& società humana.
Nel che la specie humana viene ad esser simile al corpo humano, che una parte ha bisogno dell'altra, ne una sola può far senza l'altre, non la bocca senza mani, non le mani senza piedi, non i piedi senza gl'occhi, non gl'occhi senza il cervello, non questo senza il cuore, non questo senza il fegato, non questo senza lo stomaco & caet.
Questo dipinse il gran Carmenlitano in questi versi:
Deus omnia non dat
Omnibus, ut nemo sibi sit satis, indigeatque
Alter ope alterius quae res coniungit in unum
Omne genus, Gallos, Mauros,Italos,& Iberos

Stando la cosa in questo modo, non appar chiaramente il nostro maestro non saper ciò che si creda della providenza di Dio,& che sia dell'istessa opinione che fù il suo Plinio?
Non si vede tutta la natura prestarsi mutuo officio,& servitio (il Cielo serve alla terra, gl'elementi a' composti, gl'inferiori a' superiori,& tutti all'huomo),& vorremo che la natura humana sola sia sbandita,& disunita, il che sarebbe certamente senza il comercio.
Quì sarebbe lungo campo di ragionar'a un oratore, in dimostrar quanta communicanza sia tra le parti del mondo intrà di loro.
Ma basta haverlo detto.
Mà il nostro Veronese hà diversa opinione,& vuole che nel Montebaldo
sian tutti i semplici che bisognano a' Veronesi, e così della Puglia, Calabria, Sicilia, Francia,Alemagna & c.
Il che contradice alla providenza di Dio sapientissimo.
Ma se così fosse come anderebbe la tua chimera, il tuo Hercole?
Come componeresti questo da te celebrato medicamento?
Se non havesti le perle, i coralli, legno, aloè, rubini, crisoliti, topatij, giacinti, smeraldi, mosco, ambra, zuccaro.
Una sola risposta vi è per te, che tu dica, che veramente tu non metti nel tuo Hercule dette gemme per servar'il tuo dogma.
Ma che così hai descritto il medicamento per farlo pretioso, darli credito,& acciò ne possi cavar più denari,& in tal caso più ti lodo, che stati in cervello,& sei accorto.
Questo a me sia molto verisimile, perche così fan'anco gl'altri Empirici al vil guadagno intenti.
E' tempo hormai che venga alla quarta parte di questo ragionamento secondo la divisione da principio fatta, che comprendeva la sustanza delle baccantarìe sue.
Resta il veder quanto siano Eccellenti i suoi medicamenti, de' quali tanto si gloria,& ne và tanto altiero,& superbo.
Ma prima vorrei che egli mi solvesse una manifesta contraditione che trovo ne' suoi detti.
Dice egli che sua usanza è quando medica (ch'occorre però raro) d'ordinar le sue medicine,& alle specierie,& rigorosamente commandare,& voler che gli Specilai non travijno ponto dal volere,& ordine suo.
Et nondimeno si vede nel suo libro, ch'altro studio par che non habbia che'l descriver le sue medicine proprie, benche come egli stesso dice non vere, ma false, perche non vuole rivelar'al mondo ingrato i suoi secreti,& dice apertamente che le sà far meglio di quello che fà,& scrive; ma che gl'huomini non vogliono pagarle per quanto vagliono.
E questo è poi quello che dice gl'altri Medici, medicar per avaritia, ma lui per carità; ritener presso di se il meglio, e dar'il peggio? perche non gli vien pagato: ritener il vero,& dar'il falso, sofistico,& imperfetto.
Benche credo che sia volonta di Dio che egli cosi faccia, perche senza dubio quel che ritiene per misterio secreto, debbe esser'il peggio.
Se dunque si stende con tante sue dicerie in descriver'i suoi medicamenti proprij ch'egli fà a casa sua, perche altrove dir ch'egli sempre ordina a speciali in publico volendo dir che non fà cosa, che non sia ragionevole,& che ne possa render la ragione,& però le scrive alle Specierie, che posino esser'vedute.
Voglio veder se sò indovinar la sua risposta a questa contradittione.
Dirà egli che ha due sorti di medicine, una secreta,& l'altra palese,& commune. Con questa seconda medica gli huomini.
Ma la prima si riserva per usar'in Cielo quando ser Giove lo chiamerà a medicar il Concilio de' Dei,& Dee.
Non sono degni i mortali a chi siano rivelati i misterij riservati al Concistoro de gli Dei.
In questa risposta io mi quieto, perche inventio veritatis est solutio dubietatis, sà egli santamente a distinguer'il Cielo dalla terra,& i mortali da i Deì immortali.
Intorno à suoi medicamenti, sei ne numera co' quali dice egli che fà miracoli Hercole, antimonio, latiris, gratiola, elleboro, acqua di vite composita, delli dui ultimi non mi voglio impedire; perche non sono cose a lui proprie: ma communi a molti Medici, che gli sanno preparare,& gli usano quotidianamente meglio di lui.
E se lo nega, dice il falso perche sò certo esser còsi. & forse egli lo nega perche non lo sa.
Mà non conviene che alcun ragioni di quello, che non sà.
Se' primi quattro parlarò prima in generale di quello in che convengono tra di loro,& poi in particolare di ciascuno.
E' presso di Medici una regola verissima,& proposition massima, che dice melior est medicina experta, non experta. Non è la vita humana cosa vile,& di poco momento, che si debba con suo pericolo far nuove esperienze.
Hanno i Medici, medicine, semplici,& composite,& queste di tre sorti, ad ogni sorte d'humore che si bisogni vacuar. Gagliarde, potenti & forti, Mediocri,& nobili,& benedette: trovate, & composte per lunga successione di tempo, dà Medici singolari,& che havevano tutte quelle parti, che si ricercano a giudicar,& componer con arte, dosar,& dechiarar le virtù di ciascuna, le quali io non numero, nè nomino per esser notissime.
Hanno anco corrette quelle che havevano qualche malignità,& ridotte a stato tale, che senza molto offender il corpo humano, lo modificano da ogni escremento.
Se dunque la medicina è ridotta à sua perfettione anco in questa parte, perche per nuove isperienze, perche innovar dove non è bisogno? massime ciò facendosi con pericolo di cosa tanto cara, come è la vita.
Et se diranno che non si hà hora esperienza di tai medicine, ma che già sono esprimentate, consultate,& trovate buone: ma questo nego io,& quì sta il punto.
Et allego in mio favore tutti quelli che quotidianamente da cotesti persuasi le usano,& maledicono con i Medici,& le medicine insieme.
Sà il nostro Maestro quante vergogne hà avuto, per tali suoi medicamenti, benche si gloria d'haver fatto miracoli infiniti.
Queste medicine sono trovato di huomini, che con tal modo vorrebbon farsi fama per esser adoperati, nè curano il dishonor che gli nasca, purche segua utilità.
Non si curano, dice egli, i mali con la manna, cassia, vi voglion forti medicine: Hercoli, Antei, Achilli, e Giganti.
Et io rispondo che con la cassia,& manna non si ammazzano, non si struppiano, non si assassinano gl'huomini, ma se bene con gl'Hercoli, Orlandi,& Rodomonti.
Se la cassia,& manna non basta, vi è il rhabarbaro, agarico, sena, mirabolani, siropo rosato solutivo, elettuario, lenitivo &c.
Se questi non sono a bastanza potenti, non vi è il turbiti, la scamonea, la coloquintida, elleboro, hermodattili, elettuario di sugo di rose, rosato, diaphenicon, diaseme, Indo, de sebesten, confettion, Hamech, cose composte con arte, correttissime,& probatissime.
Ringratia Iddio la nostra età,& la precedente che ci habbia dato medicine clementi, gioconde,& benedette, delle quali furono privi gli antichi, che usano solamente in loco di quelle elaterij, peplij, ellebori, scammonij,& coloquintidi, & questo nostro maledice quello che gl'altri benedicono,& si vuole di nuovo tirar alla Barbarie, dal frumento alle ghiande, più tosto dal pane,& vino al tossico,& veneno.
Ma dice egli,& lo dice con tanta riputatione, che pare un Dottor che legge in Cathedra queste parole seguenti.
Havete a sapere che la maggior parte delle infirmità nascono da indigestioni,& crudità di humori, che si ristringono,& giacciono nel ventricolo, questi trovandosi annessi,& fortemente collegati la entro, non si possono cacciare con cassia,nè con manna, nè con simil, ma han bisogno di medicina più gagliarda,& più vehemente,& però dice egli vi vuole il mio Hercole, Antimonio, Latiris,& Gratiola, ò infelici i secoli passati, che non hanno havuto medico tanto dotto,& valente come è questo, nè medicamenti tanto nobili, come sono i suoi hornominati.
Dicono i Medici, che facil cosa è il mondificar lo stomaco da' cattivi humori, perche le medicine subito con le sue virtù intere, entrano nel stomaco, & operano senza perder la sua virtù il che avviene à quelle che hanno ad operar in parti lontane dallo stomaco.
Et però per due ragioni non si da forte medicina per lo stomaco, prima per non lo debilitar,& assassinar, poi perche la virtù intera anco di medicina debile, opera il bisogno.
Ma costui fà uno Iteron proteron.
Et se a i membri lontani vi voglion medicine gagliarde, havendo dato allo stomaco il suo Hercole, che darà egli la malattia de calcagni.
Certamente bisognerà inventar qualche novo heroe, ò Gigante, di quelli che volevano imponere pelio ossa, scilicet atque ossae frondosum involvere olympum.
Galeno nel 7 del Methodo dice che la hiera [iera = gera - geraprica] purga lo stomaco da gl'humori colerici, e flemmatici, non solo quelli, che nuotano nella capacità del ventricolo, ma anco quelli che sono attaccati,& invischiati alle pietre,& più oltra anco quelli che sono imbibiti nella sostanza,& corpo di esso ventricolo.
Et questo è quel Galeno, al quale il suo inimico Averrois tanto grande huomo, da testimonio, che fosse grandissimo esperimentatore.
Io non dirò già che la hiera data una volta sola, faccia quella operatione che farà l'Hercole.
Ma quello che farà questo in una volta con danno allo stomaco,& molestia, lo farà la hiera in più volte replicata, senza molestia,& danno.
Disse Galeno,& Cornelio Celso che la cura felice vuole haver tre conditioni, tuta, cita, gioconda.
Il nostro si contenta che sia cita, ma non si cura, che sia tuta,& sine dolore.
Ma dove si tratta della vita humana non si vuole huomini precipitosi, si ben destri, prudenti,& amici della natura.
Il mondo è vecchio, i corpi più deboli del solito,& delicati, abhorriscono le medicine, però è meglio usar medicamenti miti, repetiti, che i gagliardi una volta sola.
Oltra di ciò hanno i quattro medicamenti peculiari suoi una conditione molto perniciosa a i mortali che sono i vomitorij: nè cosa è dalla quale più abhorrisca la nostra età, che'l vomito, si pensano d'esser velenati,& piglian odio a' medici,& medicine.
A quelli poi che non hanno inclination al vomito, porta egli gran pericoli,& danni, empie la testa, a chi è stretto di petto rompe la vena nel polmone: fà lo stomaco lacuna d'escrementi di tutto il corpo: debilita lo stomaco, commuove tutte le viscere, fegato, spienza, reni, matrice, budella, la leva de' suoi luochi,& agita tutto il corpo,& leva in tutto l'appetito,& fà moto contrario alla natura, che hà ordinato lo stomaco, perche riceva di sopra,& si voti di sotto:& il vomito di sopra,& riceve di sotto.
In somma il vomito conviene a' cani,& porci, non a huomini rationali:& nondimeno i detti medicamenti sono vomitorij,& gagliardi, tal che conturbano l'huomo grandemente, che poi maledice la Medicina,& il Medico insieme:& se non havessero altro che questo, basterebbe a fargli bandire.
Ma hanno molti altri difetti.
Venendo hor'al latiris,& gratiola, perche dice che nascon nel suo horto in villa, gli concedo, che a' villani, dove non è Specieria, gli dia.
Si come si usano certi altri simili medicamenti da loro conosciuti, cioè il peplio, l'ebulo,& simili che non convengono a' Cittadini,& così vengono a purgarsi co' rimedij a loro confacevoli,& senza spesa.
Ma a persone civili, ne questi, nè quelli che si debbono, nè possono dar senza gran nocumento, ne in Città, nè in villa.
La gratiola è purgatorio vehemente.
Il latiris è specie di titimalo herba lattaria,& venenosa: però dentro le mura delle Città non hanno loco.
Della correttione loro diremo nel progresso.
Contra'l suo Hercole vorrebbe un'altro Hercole,ò Antheo.
Ma io che son un vermicello, doveri quì cedere,& darmi vinto, nè mi arrischiar tanto contro sì potente nemico.
Io farò quanto potrò con speranza di vincerlo.
Ma quando anco fosse inferiore (che non lo credo) sarà pur degno di lode l'ardire, iuxta illud in magnis sat est voluisse.
Primieramente dico, che, turpe est non fateri, per quem profecerit, costui lo fà sua inventione,& a me è stato certificato da chi dice saperlo di fermo, ch'egli l'ha imparato dal Paracelso: perche dunque si gloria tanto di cosa che non è sua, salvo se non lo vuole far suo per havergli posto il nome.
Ma in tal modo il compadre si farebbe madre, quando egli mette'l nome.
Ma concediamogli hora che sia sua inventione, che laude merita egli in haver trovato cosa tanto perniciosa alla natura humana?
Come hora farò veder ad ogn'uno tanto chiaro, che non serà più certo che dieci, e dieci sono vinti.
Hercole non è altro che precipitato; precipitato non è altro ch'argento vivo alterato.
Argento vivo all'huomo è veneno.
Dunque Hercole è veneno.
La prima propositione da lui è concessa,& nella sua compositione si vede che'l precipitato è la base,& le altre cose sono circostanze,& fiori intorno la palla.
La seconda proposition'ancora è notissima,& egli stesso fà il precipitato d'argento vivo.
La terza proposition'che lo argento vivo sia veneno, concederà egli forsi, intendendo del simplice, ma del composto,& corretto, dirà esser salsa.
Ma io voglio provar che l'uno,& l'altro è veneno.
Ho detto esser dura cosa il combatter con Hercole, che suol vincere con forza,& vigore: ma non è men difficile il disputare con Mercurio, simile a Proteo, a un camaleonte, astuto, versipelle, fraudolente, ingannator,& barro.
La natura sua è tanto oscura, recondita, nascosta,& difficile al conoscer, che ha travagliata la mente di molti profondissimi scrutatori della natura:& di lui non solamente hanno detto cose diverse, ma contrarie.
Il Faloppia con molti altri dottissimi huomini confessa non saper la sua natura,& virtù, se non quanto ne mostra l'esperienza.
Dice che sia un misto divino,& che sotto'l Sole non vede cosa che più lo faccia admirativo, che la calamita,& l'argento vivo:& gli chiama due miracoli.
Dioscoride dice, Argentum vivum letale est, poti interanea derumpens.
Galeno dice, Argentum vivum est deleterium,& perniciosum, nec unquam homini prodest.
Plinio dice, Odor ex argenti fodinis, inimicus omnibus animalibus: est & lapis in his venis, cuius vomica liquoeis aeterni argentum vivum appellatur. Venenum rerum omnium, ex est ac perrumpit vasa, permeans tabe dira.
Paolo Egineta dice est laetiferum venenum.
Georgio Agricola scrisse, che argenti vivi fossores, quadriennio vix vivunt: questo fù espertissimo de' Metalli.
Il medesimo dice anco'l Mathioli.
Le historie de' Romani narrano, che gli scelerati,& ribaldi erano al argenti fodinas,& metalica damnati, come hoggi si mandano in galea, perche ivi si muoiano.
Tutti quelli ch'essercitano arti, nel cui lavoro entra argento vivo, se non sono bene accorti,& avveduti, restano apopletici, paralitici, tremolanti, offesi nell'udito, nel veder', di color di piombo,& paiono corpi cavati di sepoltura, o simili, a' vecchi, e capucini, a' quadragesimati.
Tali son quei che fan acque forti, ch'indorano vasi di rame,ò d'argento, che opera il piombo,& più de gl'altri gl'Alchimisti.
Questi effetti dimostrano quanto gran pernicie, e veleno della natura humana sia l'argento vivo, solamente il suo fumo, odore,& vapore; pensisi hora ch'effetto gli faccia entro i corpi humani.
Vogliono gl'Alchimisti che questo sia il fonte, l'origine, madre,& materia di tutti i metalli,& che tutti dilegui, disfaccia, destrugga,& mangi, tutti penetrandoli, rompendo ogni vaso in che sia posto, eccetto di vetro,ò vetriato; facilmente anco si attacca ad ogn'altro,& lo ritiene: fugge per sua natura il fuoco,& il caldo,& facilmente si dissolve in vapore,& in polvere,& poi quando trova ostacolo si raccoglie, e unisce alla pristina sua sostanza.
Onde alcuni hanno detto che fà argomento della divina nostra resurretione; però meritatamente si chiama Mercurio. Vario, versatile, versipelle,& simile a Proteo, del qual dicendo Vergilio i seguenti versi, pare che ci volesse dipinger questo nostro Mercurio:
Ille contra non immemor artis.
Omnia transformas se se in miracula rerum.
Ignemque, horribilemque feram, fluviumque, liquentem
Verum ubi nulla fugam reperis fallacia: victus
In se redis.

Di qui anco nasce che la natura,& virtù sua, onde nascono tante diverse,& contrarie operationi, sia nascosta,& da diversi huomini dottissimi variamente intesa.
Dioscoride vuol che offenda il corpo humano per lo suo peso: il che non può essere, perche in poca quantità, è poco peso:& nondimeno offende.
Galeno,& Plinio,& molti altri dicono che corrode: ma le cose corrosive sono aeree,& calide: il che non si scorge nel mercurio, imperoche nè al tatto, nè al gusto, nè nel corpo causa calidità alcuna.
Oltre che la gravità sua dimostra che non sia calido: nascendo da predominio di elementi frigidi, acqua,& terra; più ragionevolmente pare che habbia parlato Avicenna, dicendo che sia frigido,& humido:& però come quello ch'estingua il calor naturale, esser contrario all'huomo.
Et benche molte cose tanto frigide,& più devorate non offendono tanto, come'l papaver, sugo di lattuga,& di sempreviva: questo nasce, perche sono sustanze che vi si vincono dal calor nostro, essendo sostanze animate,& a noi simili.
Ma il mercurio è insuperabile,& inanimato; però offende grandemente.
La gravità mostra anco, che sia tale, qual lo fà Avicenna, al che par contrario l'esser tanto mobile,& sottile di sustanza, che penetra, fonde, dilegua ogni metallo facendolo molle quanto egli è, penetra anco tanto il corpo humano, che smuove tutti gli humori,& liquefa le gome galliche.
Et si recita di uno che prima che havesse il gallico haveva perso un'occhio o per causa di cataratta, preso poi tal male,& curandosi con l'unguento mercuriale, per la gran penetratione restò libero dal mal gallico,& dalla cataratta.
Nelle ossa,& nelle vene de' morti onti, si hà trovato'l mercurio, si come anco i vivi lo vedono uscir dalle viscere,& alzando il braccio,& ribassandolo, lo sentono per le vene far moto.
Di che dicono esser rimedio il tener in bocca palle d'oro, che l'argento vivo subito per sua natura corre all'oro, come si vede le palle farsi bianche.
Per questa sua adunque tanta mobilità,& penetratione, pare che non possa esser frigido: facendo tal qualità grossezza, e densità delle parti, stabilità.e fermezza.
Non si lascia prender questo Proteo, và fuggendo, talche ci sforzaa far come fecero sempre i gran Filosofi,& Medici ricorrer, cioè alle nature,& proprietà occulte, delle quali è pieno il mondo,& seguono le forme delle cose, con le quali sono date alle nature dell'anima del mondo.
A queste spesso ricorre Galeno & dice che non si conoscono per ragione, nè per le sue cause, ma solamente per isperienza,& però che non hanno methodo:& dice Galeno haver di tali proprietà scritto un libro, nel 6 dell'Epid. com.6.
Il Falopia espertissimo di minerali,& metalli chiamò il mercurio, miracolo di natura.
Et perche l'admiratione nasce dal non sapere, confessò egli ingenuamente di non conoscer la sua natura.
Dunque poiche la ragione non ci suffraga al prender questo Proteo, ci resta l'altro giudicatorio nostro, ch'è il senso, insieme con l'auttorità di grandi huomini, che'l grande Iddio hà dato al mondo per instrumenti a rivelarci i misterij della natura, secondo i quali, appare il mercurio esser veleno.
Dunque la basa dell'Hercole, è veleno, per difendersi dice il maestro, che questo fa con essempio de' suoi nemici, i quali pongono nella teriaca la carne della vipera, che secondo lui è venerata.
Quì ci bisogneria far esclamationi,& non tre volte, come egli fà, ma cento, chiamar Dio in testimonio dell'ignoranza sua.
Non sà egli che'l veleno della vipera stà nel dente solo, e la carne si mangia come si fà le anguille,& è rimedio della lepra, chiamata da' Greci elefantiasi.
Et Galeno recita una historia di uno che bevve vino, nel quale era stata una vipera, fù liberato dalla lepra. Et noi quotidianamente diamo i trochisci di vipera ch'è la carne a i leprosi,& senza nocumento guariscono.
Non danno veleno per bocca i rationali, si ben gl'Empirici,& Ceretani. Questo è quel Protomedico del mondo, che non sà gl'elementi di Medicina.
Questo è quello che non si degna di Galeno, Hippocrate,& Avicenna, perche ne sà più di loro.
Ma dice egli il mio veleno non è semplice: ma composto,& corretto in modo ch'è fatto medicina. Benissimo si corregge il veleno con altro veleno.
Che cosa è quell'acqua forte fatta con diavoli di salnitro,& vitriolo?
Ma vi mette anco l'oro.
Iddio lo sà.
Ma che oro gli mette egli di gratia?
Del suo sofistico fatto per alchimia, prohibito da Theologi,& in particolare da S. Tomaso, che non vuole che per conscienza si spenda,& meno si metta nelle medicine per esser fatto d'argento vivo, metalli,& minerali, tutti tossichi della natura humana.
Ma posto anco che fosse oro legitimo, e naturale: questo è fatto dalla natura per far dinari, e per vendere,& comprar merci,& cose necessarie al viver humano. Come ci insegna Aristotile nel quinto della Ethica,& nel primo della Politica.
Dicono huomini dottissimi, che tale è la mistura dell'oro, che pare cosa immortale,& non sente danno alcuno dal foco, cosa sopra ogn'altra efficace, che potrà il calor nostro sopra di lui?
Ma se il nostro calor non può vincere,& superare, nè dissolverlo: che può egli far dato per bocca: poi che niente opera, se prima non è attuato dal nostro calore?
E' ragionevole che tale esca, quale entra,& più tosto, che come Metallo faccia danno, che utile.
Dicono gl' Arabi è cordiale, allegra il core, conforta tutte le virtù, non lascia invecchiar.
Tutto questo è vero, fà egli tutte queste cose: ma nella cassa,& nella borsa.
Mà per bocca: è sogno di Geber,& Alchimisti.
Và egli anco in Oriente,& al mondo nuovo a trovar perle,& gemme, per corregger il suo veleno.
Delle perle non dico, che non habbiano virtù dentro del corpo: perche essendo cavate da conchilij che sono animali, hanno con la natura nostra conformità,& convenienza.
Ma que' safili, topacij, giacinti, che ne volete far in corpo? Sono fatti dalla natura per ornamento esterno, non per medicina interna.
Confesso che hanno virtù singolari; ma interi,& sodi.
Rotti,& pesti che sono, si corrompe la sua forma,& insieme la loro proprietà.
Il iaspis attaccato al collo pendente si che tocchi lo stomaco, dice Galeno che giova alla digestione per la sua proprietà, come la magneta tira il ferro,& il rhabarbaro la colera.
Ma chi lo pesta,& lo daà per bocca è veneno, perche non è più quello ch'era,& ha persa la virtù con la forma.
Et quella materia offende lo stomaco.
Questi sono i correttivi del del veleno trovato dal protomastro del mondo.
Ma io giurerei che non vi mette nè oro, nè argento, nè perle, nè gioie altre.
Et cosi facendo fà anco meglio, perche fugge la spesa, lo vende nondimeno con credito che sia cosa pretiosa,&men nuoce a' corpi humani.
Sin qui habbiamo ragionato a bastanza dell'argento vivo,& de' suoi correttivi, che concorrono alla preparatione del precipitato, fabrica dell'Hercole.
Ragionamo hora di questo composto già fatto.
Si vede pure che fà gran cose, dunque bisogna che habbia gran virtù.
Hor quale è questa,& come si chiama?
Non non possiamo dir che questo sia un composto, è cumulo de grani di diverse sori come orzo, riso, miglio, frumento,& che si dimandi frumento, perche vi sia di questo più che d'altri: perche in tal fattura intravenendo il fuoco più volte,& facendosi alterationi, e tramutationi grandi,& molte non è possibile che vi restino le forme intere,& salde di tutti i suoi componenti, come sono nel detto cumulo de' grani.
Dunque è necessario che vi sia vera mistione,& generatione, che non stà senza una nuova forma.
Si come si dice anco della theriaca.
Ma tutte le forme escono in opera per mozo d'instrumenti, accidenti,& qualità, che sono di sue sorti,ò manifeste a noi, over incognite.
Queste seconde, s'adimandano sympathie,& antipathie: secondo le forme sono contrarie,ò simili intra di loro.
Se l'hercole opera per qualità occulta, essendo evacuativo fa bisogno che habbia similitudine con l'humore, che vacua, si come ha la coloquintida con la flemma, la scamonea con la colera.
Ma il nostro dice che'l suo Hercole evacua tutti gl'humori: i quali sono solo dissimili, ma contrarij.
Sarà dunque necessario, che habbia in se tante proprietà, quanti sono gl'humori che tira.
Et perche le proprietà seguon le forme sostantiali haverà l'Hercole molte forme,& contrarie, ne serà una cosa, se non come era il caval Troiano.
Se vorrà dire che opera per qualità manifeste, essendo nato di cose per lo più calide, e tanto fuoco, forza serà che sia calida, secca, caustica, corrosiva; la quale altramente evacuar non può, che fundendo, liquando, assottigliando, aprendo.
Et perche opera senza cognitione, naturalmente,& per proprietà, ne segue che evacuerà tutti gl'humori, tanto buoni, quanto cattivi: & per conseguente che serà pernicioso a tutti che lo usaranno, poiche evacua anche il buono.
Dica ciò che si voglia, vede egli a che fine si riduce il suo Gigante.
Ma perche egli opera, e con tanta efficacia, voglio dir'il modo, con che si fa tal opera: si come avviene, ne' tumulti, e sedittioni delle Città, che quando si scopre un publico traditor della patria, tutti i cittadini si uniscono insieme, anco quelli, che prima erano inimici a commun bene di tutti, per il scacciar fuori il traditore:& ben spesso si caccian come complici anco quelli8 che non sono colpevoli.
Cosiavviene nel corpo humano per mala sorte sua capitato nella mani di questi empirici: mentre che'l corpo ha dentro l'Hercole il traditore, il veleno, la peste, il tossico, tutte le parti del corpo, tutte le virtù eccitate del gran pericolo, si unscono a danni dell'inimico,& acramente irritate tutte le virtù espulsive, per cacciarlo insieme, cacciano anco'l buono, cioè spiriti,& sangue dileguando anco la carne,& parti sode.
Il che non può avvenir senza gran tumulto,e moto,& agitatione del corpo, privandosi di parti buone,& necessarie alla vita.
Da qui nascono i sudori frigidi, vertigni, sincope, batticuore, svenimenti, vomiti,& corsi infiniti d'humori,& anco sangue.
Et se l'huomo non è di feroce,& robustissima natura vi lascia anco lavita.
Non hà adunque l'Hercole virtù attrattiva, ne per sua virtù vacua: ma la virtù de' membri espulsiva, dall'hercole eccitata, la qual sù opinion del puteano Medico moderno, che così credette operar tutti i purgatorij veri,& si sforza a provar che questa sia opinion di Galeno.
Da qui nasce che il maestro della dieta da molto ben a mangiare,& bere, perche veramente quei poveri infermi ne hanno bisogno. In questo egli è Hippocratico. Havendo detto Hippocrate che la medicina è adiectio,& subtractio.
Mà il medesimo hà anco detto omne nimium inimicum naturae,& evacuationes quae ad extremum deducunt periculosae.
Mà il nostro vota per empire di subito,& empie per votare. Certamente quando è finito il tumulto dal corpo ha loco la sua dieta patronesca.
Et perche gl'huomini di mala natura, più che gl'huomini da bene, trovano sempre chi gli difenda, dirà alcuno, sono pur molte cose calide, secche, caustiche,& adurenti,& corrosive quanto è il precipitato, non di meno tolte dentro del corpo non fanno tanto male.
Onde nasce questo? Dico che tutte quelle cose tanto calide,& sino al quarto grado, non fanno tali effetti perche sono cose animate,& vegetabili, come aglio, porri, cipolle, senape, pepe nasturzio,& chelidonio,& altri simili, che hanno similitudine con la natura nostra, ma il precipitato dal primo all'ultimo si fà di cose minerali,& inanimate, metallice,& venenate, in tutto,& per tutto distruttive della natura nostra.
Resta che'l detto precipitato chiamato hercole per raddolcir il nome, sia buono solo per chirurghi,& empirici,& barbieri che medicano le ulcere chironie, e telosie, e galliche, per levar la parte corrotta, e marcia; la qual leva valentemente.
Dal che si conosce, se in tai ulcere,& parti esterne opera come il fuoco di sant'Antonio che cosa sarà nel corpo humano.
Mescgini stomachi,& budelle.
Vorrei pur anco che alcuno mi dicesse, come sta egli in proposito.
havendo prima detto co'l suo Plinio, che non si debbe andar'in India nè in Egitto, nè al Perù, nè America per medicine: poichè la bontà di Dio ha dotate tutte le provincie di cose a loro necessarie.
Perchè dunque va egli alle Indie Orientali,& Occidentali a trovar l'oro,& le gemme,& perle, in Ispagna,& Polonia, Transilvania, e Lituania a trovar l'argento vivo?
Se nel suo Veronese nasce le cose bisognose a' Veronesi perche di germania,& Hidria fa portar il Mercurio?
Perche compone egli il suo Hercole poiche non sol il Veronese, ma anco l'Italia dona i suoi componenti?
Se si dovesse far come egli dice, non si componerebbe il suo hercole,& esso non potrebbe essercitar la sua arte, poi che senza hercole egli non sà medicar infermità alcuna.
Dice anco che non si debbe andar oltra i Mari, nè in viaggi lunghi, per condur medicine in Italia, perche questo è con pericolo della vita.
Ma molto maggiori sono i pericoli di quelli che cavano metalli nelle montagne,& caverne sotterranee.
Non habbiamo noi detto di sopra le male qualità delle fodine di metallo?
Non dice Plinio, Odis ex argenti fodinis inimicus animalibus omnibus. Argentum vivum venenosum est rerum omnium:& che, argenti vivi fossores, vix quadriennio vivunt, come dice Agricola,& Mathioli?
Non è nelle fodine lasoli fuga animal venenoso, & che ammazza i poveri operarij?
Non sono nelle fodine,& ivi habitano i Demoni inimici nostri,& che in varij modi, procurano a ruina de' monti,& morte di huomini? però guardi bene egli nel cavar del suo monte di oro, che non gl'incontri qualche diavolo.
Dalle Indie,& novi paesi tornano per lo più i mercanti vivi, e ricchi, ma nelle miniere ogni dì ne muoiono, si che meraviglia sia, che si trovino operarij.
Dunque a più pericoli di vita vanno quelli che cavano la materia dell'Hercole, che quelli che di paesi lontani portano straniere medicine: lasci dunque costui di far il suo Hercole, lasci di preparar il suo antimonio, che non si trova nel Veronese, per non metter la vita de gl'huomini a tanti pericoli. Ma si come nelle altre cose è ignorante, cosi anco in questo si è mostrato ignorantissimo.
Resta delle quattro sue regal medicine essaminar l'antimonio, robba famosa, degna d'ogni lode.
Questo è un medicamento mirabile, al quale ben che gl'antichi attribuiscono solo virtù di refrigerar, diseccar, & stringer, nondimeno i moderni Alchimisti, e spagirici, gli danno virtù purgatoria,& in fatti riesce mirabilmente, e benche non habbia nome di Heroe come l'Hercole, hà forze poco meno grandi, si che chi lo piglia vien purgato di sotto,& di sopra, con sudori, sincope, svenimenti, spasmi, vertigini, dolori di stomaco, ansietà di spirito, torsioni di budella, tremor di membra, esce alle volte sangue,& poco meno che l'anima.
E che meraviglia è se fà tali effetti, essendo composto come dicono gl'Alchimisti d'argento vivo,& solfo.
Dell'argento vivo si è detto a bastanza di sopra.
Del solfo basterà quel che nè dice Galeno nel suo catagoni, nel libro 6, capitolo 11: Sulphur tanto calore praeditum est, ut ubi diutius inhserens proculdubio exulceret.
Dice egli stesso il Veronese, parlando de' profumi fatti con il cinaprio.
Che si usa il Cinaprio, per far profumo che intossica gl'infermi:& poi eslama: Ah scelerati, ribelli di Dio, che altro è il Cinaprio, che argento vivo e solfo?
& lo chiama tossico, per l'istessa ragione anco l'antimonio è tossico, essendo composto dall'istesse cose,& pure lo da per bocca, confessando che sia tossico: se l'antimonio è composto d'argento vivo,& solfo, le cui virtù sono già palesi, lascio considerar ad ogn'uno se questo è medicamento, da metter in corpo humano.
Massime vi sono tante preparationi di detto antimonio, che si può dir, che sia un'altro mercurio, un'altro Proteo.
Io non lo hò mai usato, nè lo userei, nè consiglierei che lo usase alcuno: se non in certi casi disperati, di frenetichimelanconici, che a patti, nè modo alcuno non si possono persuader di pigliar medicina purgativa con tutto che nè habbiano bisogno grandissimo.
A questi tali si corre all'antimonio, come a sacra ancora, perche non hà sapore,& in poca quantità fà grande operatione, nè opera altramente che fà l'Hercole, non per virtù attrattiva, ma per via d'eccitar la virtù espulsiva del corpo, a cacciar il suo nemico, come ne' tumulti, e sedittioni della Citta: sà horamai il mondo quanti affetti fà questo vetro, rubino, ò cristallo, e che hà cervello non lo piglia mai la seconda volta.
Et nondimeno questi sono que' medicamenti tanto famosi, tanto decantati,& celebrati dal nostro gran Maestro, senza i quali sarebbe una campana senza battocchio,& chi glie li levasse potrebbe dir come disse quello Spagnolo losco, al quale in steccato combattendo, essendo dal suo contrario con la ponta della spada cavato l'altro occhio, disse bonas nocchies.
Ma dice il nostro Filosofo, ch'egli hà honestamente lambicato,& conosce la virtù de' metalli di far,& rifar,& mutar, e tramutar, cosa che gl'altri non sanno, però che corregge in modo questi medicamenti, che non fanno come gli altri preparati da chi non sà quanto egli.
Ma meschino ch'egli è, non si vede allo effetto se è corrotto? quanti pericoli hà egli scorsi per la furia di tai medicamenti? quante volte ha fuggito il mal'anno? quante villanie,& ignominie sostenuto?
Non è egli stato detto di sopra, che i ladri fuggiti alla forca, tornano a rubar più che mai? gli homicidi dopò tanti bandi prigioni, castighi,& correttioni sono più homicidi che mai? gli adulteri con tutto che habbino havuto ferite, bastonate,& mille scorni, sono però adulteri più che mai,& perseverano nell'istesso peccato?
Ho io veduto lupi domestichi, & de' fanciulli cicurati, far il medesimo che silvatichi.
Vulpes pilos mutat, mores non mutat
Il cino che patisce tante mutationi, prima che nutrisca lo animale, non perde però la sua virtù: ma sà che il mele delle Api hà virtù di salvia, thimo, rosmarino: le capre se si nutriscano di titimali fanno il latte purgativo: molte pesti sono fatte per le carestie, essendo gl'homini costretti a mangiar cibi cattivi, nè le molte digestioni fatte dal calor naturale, che hà virtù solare,& celeste hà potuto levar la malitia de' cibi.
Et certe sofisticherie di Alchimisti potranno far che'l veleno non sia veleno: potrà più l'arte che la natura?
Ma che diremo poi che queste sue correttioni sono fatte con altri veleni.
Di che essendo detto a bastanza, non ne dirò più oltra.
Parrà forse ad alcuno, ch'io non habbia servate le regole del disputar, havendo allegato Hippocrate, Galeno, Aetio, Egineta, Plinio, Celso, Agricola, Mathioli, Dioscoride a confermatione de miei detti: la cui auttorità vien sprezzata dal nostro Maestro.
Basterebbe dire, che signum incipientis est, a sapientibus dissentire.
Ma in questa mia risposta, e difesa lo scopo mio non è di convincere quell'huomo ostinatissimo, che hà detto queste parole.
Io non mi credo che Hippocrate, Galeno, Esculapio, nè Apolline istesso inventor della medicina sapessino dedurmi mai tante ragioni, che potessero quietarmi a questi loro ordini.
Pazzia sarebbe a combatter con pazzi; però io non ragiono con opinione di estinguer la falsità nell'animo di questo huomo. Ma per difender la verità nelle menti di quelli, ch'essendo capaci di ragione, credono a dotti,& sapienti Scrittori Greci, Latini, Arabi, Antichi, & moderni, come quelli che hanno acceso il lume,& portata la lampada in mano a liberar gli huomini dalle tenebre dell'ignoranza: da' quali partendosi costui si mostra il contrario di Savio.
Sono molte altre cose nel libro di costui, che si potrebbono facilmente riprendere. Basta haver mostrato lui esser'uno di quelli che dice l'Aristotile esser vecchio di anni, ma giovine di senno, e di costumi.
Dipende dopò Dio, da questa arte sacrosanta, la vita,& la salute del mondo,& egli si fà lecito di infamarla,& se potesse anco distruggerla? tanto vuol dire, come distrugger la natura humana.
Sono in Verona,& in Venetia due Collegij de i Medici de i primi del mondo: in quelli ha conosciuto tanti valent'huomini,& dottissimi,& degni d'ogni honore: nondimeno,& in generale,& in particolar molti tratta come gli pare indegnamente: io non conobbi mai il Dottor Valdagno di faccia, ma si ben per suoi libri stampati in Filosofia,& medicina, e mi pare esser stato un'huomo singolare.
Et quanto odio mostra questo huomo co'l detto dottissimo Dottore?
Ho anco conosciuto quel gran Medico Fumanello, per tanti bellissimi libri da lui scritti in medicina, pieni d'infiniti,& nobilissimi rimedij: in questo lo chiama suo caro amico,& nondimeno di lui dice cose indegne.
Dunque serà verisimile che uno tanto gran Medico, che hà insegnato a gl'altri debba ceder una sua cura, un suo infermo a questo empirico, con speranza che meglio lo medichi di lui? anzi dica che i suoi rimedij hanno nociuto all'infermo,& quelli di costui giovato?
Tali soono le sue historie, tutte false.
Intendo il medico Giuliano esser degno di medicar Roma, non che Verona, nondimeno se ne burla, come fosse suo ragazzo.
Ma perche in Verona è tenuto per un fantastico questi huomini singolari, non più lo stimano di quello che stimasse Socrate quello, che havendogli dato un schiaffo, ne facendo di ciò risentimento: interrogato perche non si vendicasse. Rispose se un'asino ti havesse tratto un calcio, vorresti tu renderglielo? Tanta stima fanno Signori Medici di questo huomo.
Si fa anco amico di molti nobilissimi, e virtuosissimi gentilhuomini di Verona,& in particolare di uno che ha nome di esser letteratissimo e santissimo: il Signor Conte Marco Antonio Giusto, del Conte Francesco Nogarola, del Signor Alberto Lavezola,& molti altri.
Et si fà anco molto familiare del virtuoso Calzolari tanto celebrato dal Mathioli.
Volendo servirsi di quella regola di Terentio pares cum paribus, facile congregantur. Et simile gaudet suo simile.
Si fà poi domestico della nobilissima,& splendidissima casa Boldera; nè pure da tutti questi vien tenuto per altro, che per un passa tempo. Talche per mio parer farebbe meglio,& di più honor a lui farebbe, se andasse a starsi in villa,& che da Montebaldo
nè rimbombasse madonna Echo.
Bellerophon solus campis errabat aeleis
Ipse suum cor edens hominum vestigia vitans

Ma sarebbe meglio andar a servire quei gran Principi,e Imperatori, ch'egli dice che lo chiaman nelle sue corti.
Arrivato a questo loco, innanzi che mettesse il fine a questa mia risposta, mi sono state narrate molte particolarità di questo gran Filosofo da certi suoi familiari amici, a' quali le ha in secreto rivelate.
Et certamente se io havessi saputo tai cose havrei di uno tal soggetto ragionato con gran riverenza, poi che hà parlato con Dio tre volte, nel suo giardino è stato rapito,& portato nel Ciel de' Beati, nel qual ha veduto tutti gli santi in un splendor tanto acuto (sono sue parole) che vista humana non lo può sofferire:& dire ch'è simile al fuoco di legne dolci, ma che non bruccia:& hà sentita un'armonia d'infinita dolcezza.
Et quando ritornò in terra gli restò un'odor addosso tanto soave, che gl'aromatarij non ne hanno mai sentito un tale,& gli durò addosso per tre mesi.
Appresso dice egli, che pratica familiarmente con gl'Angeli.
Se prima havessi saputo queste cose certamente haverei tacciuto qualche parola.
Ma hora non voglio già haver gettate le hore, la carta,& l'inchiostro quod scripsi scripsi.
Et perche intendo ch'egli dice, ch'è chiamato alle Corte di Rè,& Principi grandi, vorrei supplicar sua Eccellenza ch'innanzi parta di queste parti,& paesi voglia esser contenta di scriver i suoi dogmati, & ordini di medicar,& essequir il compimento del negoti, mettendo l'ultima perfettione all'arte,& dechiarando i ponti principali, sopra i quali Dio, e la natura l'han fabricata: si come promette di far nel fine della sua opera.
Et fargli stampar in cosi bella stampa, come è stata questa prima: se io posso veder quell'hora, mi contento poi di morire; ò Beato, ò felice giorno che sarà quello degno d'esser segnato col bianco lapillo.
Aprirà pur la gran bontà di Dio i suoi Thesori dando di novo al mondo un altro Apolline,& Esculapio.
Quel giorno serà più chiaro, e più bello che non è la stella di Venere, chiamata Diana, perche porta il dì, nè quella di Casiopea.
Quel libro apporterà più luce,& più consolatione al mondo, che non fà il chiaro splendor di Sant'Hermo, di Castore e Polluce a' miseri naviganti, quando dalle fortune di Mare sono nelle tenebre oppressi:serà finalmente quel libro simile alla Stella miracolosa de' Magi, che ci guiderà come quella al Salvatore, cosi questo alla salute corporale. Il che piaccia Dio conceder a i miseri corporali.
IL FINE















[INDICE MODERNO]
TITOLO DELL'OPERA, CON PIAZZA E LUOGO DI STAMPA: (SEGUONO) PAROLE DI GALENO NEL PRINCIPIO DEL SUO LIBRO CHE TRATTA DELLE VIRTU' DELLE MEDICINE PURGANTI
LETTERA DI CLAUDIO GELLI AI LETTORI: VI SI SPIEGANO I MOTIVI DEL RITARDO DELLA STAMPA
INCIPIT DELL'OPERA: RISPOSTA DELL'ECCELLENTE DOTTOR CLAUDIO GELLI AD UN CERTO LIBRO CONTRA MEDICI RATIONALI
PRIMA INDAGINE SUL BOVIO CONDOTTA SU ALCUNI ASPETTI DELLA SUA ESISTENZA
LA FIGURA FISICA E PSICOLOGICA DEL BOVIO NELLA RICOSTRUZIONE DI CLAUDIO GELLI
INCONTRO DI ZEFIRIELE TOMASO BOVIO CON L'ALCHIMIA: DALL'ALCHIMIA ALLA MEDICINA E SUPPOSTI FALLIMENTI QUAL MEDICO IN VERONA
"EMIGRAZIONE" DEL BOVIO IN GENOVA ALLA RICERCA DI FORTUNA QUALE MEDICO
"RITORNO" DEL BOVIO A VERONA: SUO TENTATIVO DI AFFERMARSI NELLA MEDICINA
SECONDO "FALLIMENTO VERONESE" DEL BOVIO SECONDO CLAUDIO GELLI: SUA EMIGRAZIONE PROFESSIONALE A VENEZIA
SUPPOSTE INCOMPRENSIONI DEL BOVIO COI VENEZIANI "SIGNORI SOPRA LA SANITA'": SUA VENDETTA TRAMITE LA PUBBLICAZIONE DEL LIBELLO CHE CLAUDIO GELLI INTENDE ORA CONFUTARE
SUPPOSTE VIRTU' E CONOSCENZE DEL BOVIO SU CUI CLAUDIO GELLI INTENDE SOFFERMARSI
ARTI PROIBITE E DEMONIACHE CHE IL BOVIO PRATICHEREBBE PER REALIZZARE LE SUE ESPERIENZE
LA COMPOSIZIONE DEL FLAGELLO DI L. T. BOVIO E LE PARTI IN CUI E' DISTINTO
ANALISI DELLA PRIMA PARTE
ANALISI DELLA SECONDA PARTE
ANALISI DELLA TERZA PARTE
COME E DA CHI IL BOVIO ABBIA APPRESO VARI SEGRETI PROIBITI DI ORDINE ALCHEMICO
INGANNI DEL BOVIO SU VARI PROCESSI ALCHEMICI: DALLA TRASMUTAZIONE ALLA PIROTECNIA ECC.
PROCESSI BASE DI MEDICINA RAZIONALE E SPAGIRICA: "DECOTTIONE, SEPARATIONE E DISTILLATIONE
TALI PROCESSI NELLA LAVORAZIONE DEL "LEGNO SANTO" O GUAIACO, SPECIE PER LA CURA DELLA SIFILIDE CONTRATTA DA BAMBINI DA MADRI E/O NUTRICI
STRAORDINARIA PRESUNZIONE DI Z.T.BOVIO A GIUDIZIO DEL GELLI
CONTRO L'ASSERZIONE DEL BOVIO CHE L'ESSENZA D'OGNI COSA STIA NEL VAPORE DELLA BOLLITURA E CHE OGNI GUARIGIONE SOVVENGA PER EFFETTO DI NATURA
ARROGANTE FANTASIA DEL BOVIO RELATIVAMENTE A SIFFATTO PROCESSO
IRONIA DEL GELLI: IL BOVIO PARAGONATO A NOVELLO MAOMETTO DELL'ARTE MEDICA
DILEGGIATA DAL GELLI LA RIPULSA CHE IL BOVIO FA DELL'ARTE MEDICA IPPOCRATICO-GALENICA TRAMANDATA DA AVICENNA
CONFUTAZIONE DELLE TEORIE DEL BOVIO SULL'USO DI "STUFFE" E SAUNE NELLA CURA DELLA SIFILIDE
ALTRE CRITICHE IN MERITO ALL'USO DEL CINABRO, DURANTE LE "STUFFE" PER LE SUDORAZIONI, DI CUI IL BOVIO ACCUSEREBBE I MEDICI RAZIONALI
IL BOVIO CHE BIASIMA I MEDICI RAZIONALI SOMMINISTRA MEDICAMENTI CONSIMILI, TRA CUI L'ANTIMONIO, AVVALENDOSI FORSE DI ARTI DIABOLICHE
DISCUTIBILI CRITICHE DEL BOVIO AI MEDICI RAZIONALI CHE USANO UNGUENTI MERCURIALI, COMPRESO IL CELEBRE FRACASTORO
IL BOVIO DISPREGIA L'OPERA DI IPPOCRATE, CREATORE DELL'ARTE MEDICA
IL BOVIO DISPREGIA ANCHE L'OPERA DI GALENO CONTINUATORE DI IPPOCRATE
ANCHE L'ARABO AVICENNA NON SFUGGE ALLE ILLAZIONI CRITICHE DEL BOVIO
CLAUDIO GELLI DEMOTIVA LE QUALITA' DEL BOVIO ATTESO CHE RIFUGGE DAL PRINCIPIO DI AUTORITA': ALTRO RIGETTO DEL MAGISTERO DEL FRACASTORO
IL BOVIO TRASCORRE DAL RIGETTO DEL PRINCIPIO DI AUTORITA' ALL'APERTA CRITICA DEI MEDICI RAZIONALI
IL BOVIO QUALE MEDICO EMPIRICO: IL TRANSITUM AD SIMILE E I SUOI TRE MODI DI REALIZZAZIONE AB EFFECTU AD EFFECTUM, A LOCO AD LOCUM, AB AUXILIO AD AUXILIUM
INTERVENTO DEI MEDICI RAZIONALI PER RIDURRE GLI EFFETTI COLLATERALI DELL'UNGUENTO MERCURIALE: I TEOREMI DI TRANSELEMENTAZIONE E TRANSMUTAZIONE
LIMITI REALI IN ITALIA NELLA RIDUZIONE DI TALI EFFETTI COLLATERALI PER L'INTERVENTO IMPROPRIO NEI CORRETTIVI ANCHE DI BARBIERI E MEDICI EMPIRICI
NUOVE RIFLESSIONI SULLA CURA DEL MORBO GALLICO: EMPIRICA O RAZIONALE?
ALTRA RIFLESSIONE SULLE CRITICHE DEL BOVIO AI MEDICI RAZIONALI, GIUDICATI INCOMPETENTI IN FITOTERAPIA
ALTRA CONFUTAZIONE AVVERSO IL BOVIO IN MERITO AL FATTO CHE I MEDICI RAZIONALI DI MOLTE MEDICINE IN DOTAZIONE ALLE FARMACIE O SPECIARIE NON HANNO ALCUNA CONOSCENZA
IMPROPRIE DISQUISIZIONI DEL BOVIO SULLA VALIDITA' O MENO DELLE DIETE ALIMENTARI PRESCRIITE DAI MEDICI RAZIONALI
ALTRE DISCUTIBILI OSSERVAZIONI DEL BOVIO SULL'USO DI MEDICAMENTI ESOTICI A SCAPITO DI QUELLI LOCALI
CONTRADDIZIONI DEL BOVIO CHE NELLA CONFEZIONE DEL SUO MEDICAMENTO DETTO HERCULE SI VALE DI DROGHEDI TERRE LONTANE
INVESTIGAZIONE DELLA QUARTA E ULTIMA PARTE DEL FLAGELLO DEL BOVIO: L'INGIUSTIFICATA ESALTAZIONE DELLE MEDICINE DA LUI ELABORATE
DIBATTITO SOSTANZIALE TRA MEDICINA RAZIONE E MEDICINA EMPIRICA: CONTRAPPOSIZIONE TRA "MEDICAMENTI COMUNI" E "MEDICAMENTI GAGLIARDI"
POSTULAZIONI DEL BOVIO SECONDO CUI SAREBBERO DA USARE SEMPRE "MEDICAMENTI GAGLIARDI"
POSTULAZIONI DEI RAZIONALI NELL' USARE "MEDICAMENTI COMUNI" NELLA CURA DELLO STOMACO: CONTESTAZIONI DEL BOVIO
ALTRE CONTESTAZIONI A MEDICAMENTI DEL BOVIO: IL RISCHIO IMPLICITO NEI SUOI "VOMITIVI"
ALTRE CONTESTAZIONI MEDICAMENTI DEL BOVIO: SUPPOSTI LIMITI DEL LATIRIS E DELLA GRATIOLAA>
DISSERTAZIONE DI C. GELLI SULL' HERCOLE, FARMACO A BASE D'ARGENTO VIVO (MERCURIO) REPUTATISSIMO ED ELABORATO DA Z. T. BOVIO
IL MERCURIO REPUTATO DAGLI ALCHIMISTI -TRA CUI IL BOVIO- FONTE DELLA VITA: CONTESTAZIONE DEI MEDICI RAZIONALI
DISSERTAZIONE SU VELENI E TOSSICI IN TERAPIA: COME FARNE USO PERCHE' CURINO ANZICHE' CAGIONARE NOCUMENTO IRREPARABILE?
SCONTRO IDEOLOGICO TRA RAZIONALI ED EMPIRISTI IN MERITO ALL'ASSUNZIONE DELL'ORO PER VIA ORALE E NON TOPICA
ALTRO SCONTRO IDEOLOGICO TRA RAZIONALI ED EMPIRISTI IN MERITO ALL'ASSUNZIONE DI ALTRI MINERALI PER VIA ORALE E NON TOPICA
MA COSA E' RELAMENTE L'HERCOLE E QUALI SONO LE SUE QUALITA' IN RELAZIONE AI COMPONENTI VARI: INTERROGATIVI VARI DI C. GELLI
INVESTIGAZIONI VARIE DI C. GELLI SULL'USO DELL'ULTIMA, CELEBRATA MEDICNA DEL BOVIO: L'ANTIMONIO
OSSERVAZIONI FINALI DI C. GELLI SULLA FIGURA, UMANA E PROFESSIONELE, DI Z. T. BOVIO