INFORMATIZZAZ. DI B. E. DURANTE

Alemán, Mateo
(Siviglia1547 - Cittŕ di Messico?dopo il 1615)
"La sua ascendenza familiare (il padre era un medico carcerario, di razza ebraica, la madre di origine fiorentina) spiega la relativa estraneitŕ che Alemán [autore molto caro ad Aprosio che esplicitamente lo loda a piů riprese: vedi comunque qui questa sarcina dallo Scudo di Rinaldo II] provň verso la societŕ del suo tempo, anche se in alcuni periodi parve integrarsi perfettamente e mai gli vennero a mancare le buone amicizie. Compě seri studi umanistici; poi iniziň quelli di medicina che non portň a termine (proprio come il protagonista del suo romanzo). Ottenne un discreto impiego nella tesoreria centrale dello stato, a Madrid, e svolse anche funzioni di giudice nelle province, e in tal veste ebbe una parte importante in episodi ora romanzeschi ora di un certo rilievo politico (gli fu affidata un'inchiesta, mai potuta condurre a termine, sulle scandalose condizioni del lavoro in una miniera regia gestita dai Fugger). Ma verso il 1597, forse a causa di un ammanco di denaro, perse il posto e la sua vita si fece piů difficile. Nacque in questo periodo il suo impegno letterario: la prima parte dell'opera cui č legata la sua fama, il Guzmán de Alfarache, risulta infatti terminata nell'ottobre dello stesso 1597, anche se le trafile burocratiche ne ritardarono la pubblicazione fino al 1599. Il romanzo (Primera parte de la vida del pícaro Guzmán de Alfarache) ebbe un successo travolgente, come attestano le molte edizioni clandestine, le numerose ristampe autorizzate (nel 1604 se ne contavano 26) e la seconda parte apocrifa che uscě nel 1602 a firma di Matheo Luján de Sayavedra, forse pseudonimo di un tale Juan Martí. Intanto, fra il 1601 e il 1602, Alemán era ritornato a Siviglia; separato da tempo dalla moglie, che aveva sposato per convenienza, convisse a lungo con Francisca Calderón, ma ebbe figli anche da altre donne. Implicato in varie cause giudiziarie, fině in carcere per debiti; le ristrettezze economiche lo obbligarono a completare in fretta la Vida de San Antonio (1604). Nello stesso anno uscě a Lisbona la seconda parte, autentica, del Guzmán (Segunda parte de la vida de Guzmán de Alfarache, atalaya de la vida humana, por Mateo Alemán su verdadero autor). Nel 1608 Alemán si trasferě a Cittŕ di Messico, ove pubblicň (1609) un curioso manuale sulla riforma dell'Ortografía castellana e compose i Sucesos de fray García Guerra, arzobispo de México, la biografia cioč del suo protettore del momento (pubblicata nel 1613). Dopo il 1615 si perdono le sue tracce.
Col Guzmán de Alfarache giunge all'apogeo il genere picaresco che aveva preso le mosse, 50 anni prima, col Lazarillo de Tormes. La complessitŕ strutturale dell'opera, in cui la vicenda principale – la vita avventurosa di Guzmán e le sue peregrinazioni attraverso la Spagna e l'Italia – appare inserita in una fitta trama di riflessioni morali, di aneddoti, di exempla e a intervalli regolari si interrompe del tutto per dare luogo a lunghe novelle affatto indipendenti (secondo un modello che riprenderŕ Cervantes), ha da sempre offerto materia di discussione a interpreti e critici. Su un punto solo l'accordo č stato unanime, sul riconoscimento cioč dell'impostazione fondamentalmente retoricista del libro, sia che questa riscuotesse l'adesione e l'approvazione incondizionate come avveniva nel sec. XVII (si vedano le censure e i prologhi delle edizioni dell'epoca che, in obbedienza alla poetica contemporanea, sottolineano elogiativamente il carattere raffinatamente composito, miscellaneo, del Guzmán), sia che da essa si intendessero prendere piů o meno chiaramente le distanze, come č avvenuto in genere a partire dal sec. XVIII. Erede di quella illuministica, la critica idealistica e storicistica si č preoccupata a lungo (da Castro a Del Monte) di contrapporre alla immediatezza delle parti narrative la pesantezza di quelle moraleggianti; solo piů recentemente si č cercato di ricuperare l'unitŕ dell'opera in prospettiva ideologica (Moreno Báez, in parte Rico) o, piů persuasivamente, genetico-strutturale (Cros). Entro questa tonalitŕ retoricista di fondo, dunque, trova la sua collocazione e il suo coerente sviluppo l'istanza piů profondamente sentita da Alemán, quella costante attenzione alla multiforme fenomenologia della mendicitŕ contemporanea – nella sua dialettica di sofferenza e aggressivitŕ, «corte dei miracoli» e delinquenza, appello alla misericordia ed esigenza di giustizia – che dŕ al libro il suo segno inconfondibile, quasi di «danza universale della povera gente». Questo mondo pullulante č dominato dalla polimorfica figura di Guzmán, che in parte č proiezione autobiografica dell'autore, in parte ne ingigantisce ed enfatizza – in quanto discendente piů maturo dello smaliziato Lazarillo de Tormes – la capacitŕ di visione e di critica; critica tanto piů amara e, a tratti, radicale, in quanto il protagonista appare sdoppiato nel giovane eroe del racconto, da un lato, e, dall'altro, nel personaggio-narratore, ormai vecchio, disilluso, castigato dal tempo. Non si puň tralasciare di ricordare, ancora, almeno un tratto compositivo del Guzmán, assai ricco di avvenire anche perché artifici analoghi a questo saranno consacrati da Cervantes: cioč l'incorporazione nella Seconda parte autentica del protagonista della continuazione apocrifa il quale, col nome di Sayavedra – l'allusione non potrebb'esser piů trasparente –, diviene servo di Guzmán ed č sottoposto da questo ad umiliazioni e sevizie prima di finire annegato in mare in seguito ad un accesso di pazzia: Alemán consuma cosě la sua vendetta, insinuando l'origine psicopatica del plagio subito". [testo da ALESSANDRO MARTINENGO sotto voce in "NOVA 2006 - UTET"]