[nota integrativa]:"...I nomadi ottomani stanziatisi in Anatolia vollero la loro prima capitale importante nella città di Prusa, in Bitinia, ai piedi dell’Olimpo di Misia, un vulcano spento di oltre 2300 metri che ancora oggi riversa nella pianura un reticolo di rivoli di acqua caldissima e solforosa. Quando vi arrivarono, nel XIV secolo, la trovarono ricca di terme, alcune delle quali ancora oggi in perfetta funzione. E nei secoli dello splendore ottomano ne costruirono altre, come buona azione di cui farsi credito al cospetto del misericordioso Dio di Abramo (Ibrahim) che chiamano Allah.
L’antica Prusa, divenuta Bursa, è la vera capitale mondiale del bagno turco. Chissà quanti sono, tutti riforniti di acqua calda termale attraverso i cunicoli che scendono a precipizio dall’Olimpo di Misia, oggi detto Ulu Dagh, Monte Grande-Alto. D’estate vi si può trovare straordinario sollievo allo stress del viaggio. In inverno ve lo si può cercare dopo avere sciato sulla vetta dell’Ulu Dagh. Meritano una visita in qualsiasi stagione: chi sia stato in Turchia e non abbia visitato Bursa, non sa niente dei veri bagni turchi.
Non sa, probabilmente, che si dividono in due grandi categorie: quelli al cui centro domina una grande piscina di acqua termale calda (anche bollente), detti kaplica (kapligia), e quelli - detti hamam - dove la piscina non c’è ed è sostituita da una specie di grande tamburo in marmo riscaldato da sotto con il fuoco, come riscaldata dal fuoco è l’acqua per lavarsi, normalissima e niente affatto termale. Nei kaplica si nuota beatamente in acqua capace di curare tutti i malanni, negli hamam ci si stende a sudare sul tamburone di marmo. C’è una bella differenza. Uguale per entrambe le varianti è però la labirintica congerie di sale, salette, passaggi e nicchie per il vapore, il caldo e il freddo, per il lavaggio, il massaggio e il relax. Pare, anche, per altre attività meno canoniche, di cui però il turista comune non si accorge. E ci mancherebbe altro. Omnia munda mundis.
Come andare in Turchia e non passare due ore nello Yeni Kaplica (il Bagno Nuovo) di Bursa? Se ne viene fuori rinnovati. È l’ultimo grande bagno antico della città rimasto pubblico e frequentato dall’industrioso popolo dell’ex Bitinia romano-bizantina. Lo ha fatto edificare nel 1533 per il pubblico bene Rüstem Pascià, Gran visir di Solimano il Magnifico. È ancora lì in tutta la sua eleganza delabré, mangiucchiato e sforacchiato dall’acqua solforosa, illuminato da arcani fasci di luce che spiovono dalla cupola e si mescolano con i vapori sboffati dalla piscina o spifferati dai fori nelle pareti. Una tappa obbligatoria per il viaggiatore che sa il fatto suo. E il massaggio, preceduto dal più corroborante dei lavaggi! (Ricordandosi, per avere il servizio migliore, di dare prima una spontanea mancia al massaggiatore.) Se ne esce davvero nuovi, dopo la mezz’oretta di relax nelle salviette comprese nel prezzo. Poi c’è tutta la città da visitare, con le sue bellezze proto-ottomane e il bazar (e le botteghe di economicissimi accappatoi e asciugamani fatti con il cotone più robusto del mondo, in particolare la fornitissima Özdilek).
Quelle di Yeni Kaplica sono le terme popolari più interessanti di Turchia, anche se sarà opportuno non perdere l’occasione di visitare le altre di Bursa, in particolare Eski Kaplica (le Terme Vecchie: nel 1333, tra la sua cerchia di colonne ellenistiche fece il bagno il grande viaggiatore Ibn Battuta). Purtroppo non è più un bagno totalmente pubblico, ma racchiuso nella struttura del charterizzato Hotel Kervansaray. Come chiuso nel palazzone dell’Hotel Celik Palas è un altro splendido bagno di epoca ottomana. Quest’ultimo è l’unico “bisessuale”, dove, cioè, i turisti dei due sessi possono godere assieme i vantaggi delle acque. A una settantina di chilometri da Bursa, infine, nelle pendici dell’Ulu Dagh, tra fresche pinete e pascoli bucolici, c’è la piccola meraviglia dei bagni di Oylat. Meritano la deviazione. Ma tutta l’Anatolia è una costellazione di kaplica, da Küthaya a Erzurum, attraverso Eskisehir, Konya, Kangal e Bitlis: basta osservare le frecce stradali e ricordarsi che il terminale “ica” nei toponimi indica sempre la presenza di acque termali. Spesso poverissime, certo, ma quasi sempre di grande interesse e civiltà. Da quei luoghi, il culto del “bagno turco” si è diffuso in tutto il Medio Oriente e il Nord Africa. Ma anche in Europa.
Che delusione devono avere provato i rudi cavalleggeri delle avanguardie turche, quando finalmente conquistarono Costantinopoli. Vi trovarono bagni meravigliosi, costruiti dai loro predecessori greco-latini, ma senza acqua calda naturale. Si adeguarono, affollando i bagni bizantini di Cagaloglu (giallolu) e Cemberlitas e costruendo quello di Galatasaray, oltre a decine di altri in ogni quartiere della città. Ma rimasero di sicuro con un po’ di amaro in bocca. Tra l’altro, forse, già allora la mancia al lavatore-massaggiatore non era un fatto di spontanea cortesia ma di fastidiosa e pressante imposizione. Che nervi.
Fu forse per questo che, un secolo più tardi, i turchi mostrarono tanta ostinazione nel voler conquistare l’ungherese Buda. Certo, era abitata da loro lontani cugini del ceppo ugro-finnico, arrivati molti secoli prima dalle steppe siberiane, ma - cristianizzata -, non voleva proprio lasciarsi prendere. Tuttavia non era forse la lontana parentela con i magiari il motivo principale per affrontare una così larga deviazione sul percorso che avrebbe dovuto portare gli ottomani a conquistare la Mela Rossa - Roma -, loro mitica meta di sempre. Una deviazione che probabilmente li rallentò e fiaccò senza rimedio, impedendo loro di proseguire oltre Vienna. Ma a Buda c’era l’acqua! Due tipi di acqua, altrettanto vitali. Quella fredda del Danubio, la più grande via naturale di comunicazione tra l’Europa centrale e l’Asia Minore. E quella caldissima, che nella città sul Danubio sgorga da decine di polle naturali.
A Buda, dove finalmente entrarono alla metà del ’500, i turchi costruirono forse i loro bagni più belli. Sono lì ancora adesso, perfettamente conservati e funzionanti, con il medesimo labirinto di ambienti (ma con in più una straordinaria molteplicità di vasche di diverse temperature). Il viaggiatore che arriva a Budapest non può non visitare i bagni pubblici costruiti dai turchi. Il Király (il più bello di tutti, 1566), il Rudas (stesso anno), il Rácz (il più antico). Funzionano a date alterne per uomini e donne, e non bisognerà essere troppo moraleggianti di fronte agli “sport acquatici” che vi vengono praticati con un’ostentazione al di là della sfrontatezza, ma tant’è… li si deve visitare, magari chiudendo più di un occhio e tenendosi alla larga dalle vasche più piccole e affollate. Al Rácz e al Rudas non è assolutamente consentito mettersi il costume da bagno portato da casa e bisogna aggirarsi natiche al vento, con lo stretto perizoma ricevuto dagli inservienti. Ma il massaggio è di prima qualità (se si riesce a spiegarsi con le streghe ungarofone che presidiano l’ingresso).
Molto più tranquillizzante è il Lucáks, in quanto aperto contemporaneamente ai due sessi. Autentica gioia, infine, non può non dare una pacifica visita alle terme Széchenyi, in mezzo al parco più bello e animato di Pest. È quasi impossibile dire quante siano le vasche, e di quante temperature. Ce n’è un immenso parterre, all’aperto, con colonnine acquatiche sormontate da scacchiere, dove il popolo budapestino si dedica a interminabili partite a scacchi in stato di lieve sobbollimento (come facciano a uscirne crudi, è un mistero). Poi, attraverso una porticina e una scaletta a chiocciola, si entra in un labirinto di salette, sale e saloni, in un delirio di colonne e decori rococò, dove l’acqua impera, caldissima, calda, tiepida, fredda. Ma, a Budapest, in mezzo all’acqua calda si può anche risiedere: nel tripudio liberty dell’elegante Hotel Gellért, che agli ambienti termali affianca addirittura un salone in forma di piscina.
Era inevitabile che, arrivati a Buda, i già rudi soldati ottomani si sfiancassero e non ce la facessero più a proseguire oltre. Anzi, per colpa delle mollezze dei bagni termali vennero ricacciati a casa, e la Storia cambiò corso".